Incastrati dalle loro “trappole”: beccati in 28. Srotolata la filiera calabrese della marijuana
In tredici sono finiti in carcere, in quattordici ai domiciliari e per uno solo è scattato l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
Il blitz, eseguito dai carabinieri reggini, è scattato non solo nel capoluogo dello Stretto ma anche a Roma, Latina e Eisenach (in Germania), al termine di una complessa indagine coordinata dalla Procura locale, diretta da Giovanni Bombardieri.
Agli arresti si è arrivati al termine di un’attività investigativa condotta dai militari di Bianco con il supporto operativo dello Squadrone “Cacciatori”, sotto il coordinamento dell’Aggiunto Lombardo e del Sostituto Tedesco, della Direzione Distrettuale Antimafia reggina.
Gli inquirenti ritengono di poter dimostrare l’esistenza e l’operatività di un gruppo criminale, composto da almeno 14 degli arrestati di oggi, molti dei quali originari di San Luca e legati da vincoli di parentela, che avrebbe gestito una filiera produttiva di marijuana, oltre che del relativo trasferimento e commercializzazione nelle piazze di spaccio della capitale e in quelle pontine.
Le indagini sono partite nel 2016 e sono state battezzate “Selfie” perché l’identificazione degli indagati è stata possibile, all’inizio, attraverso l’analisi delle immagini catturate dalle foto-trappole che proprio loro stessi avevano piazzato per presidiare le piantagioni.
LE OTTO COLTIVAZIONI
Durante l’attività, così, si è arrivati a scoprire, nel corso del tempo, numerose coltivazioni di cannabis sativa: due a Casignana, in località Marino, risalente al 21 settembre del 2016; altrettante a Bovalino, in località Bosco Sant’Ippolito, risalente al 18 maggio 2017.
Altre due erano invece a Siderno, in località Garino/Pezzillini, risalente al 2 giugno 2017; una a Bovalino, in località Serro Mortilli, risalente al 30 giugno 2017; un’altra ancora a Casignana, nei pressi dell’argine del torrente Bonamico, risalente al 18 luglio 2017.
Analizzando dunque, e come dicevamo, le foto-trappole ritrovate nel settembre del 2016 all’interno delle prime due piazzole scoperte a Casignana (effettuata anche con il supporto dei carabinieri specializzati del Racis di Roma) si è arrivati ad estrapolare - sebbene già cancellate dai supporti di registrazione - numerose immagini che ritraevano gli indagati mentre curavano la realizzazione e la conduzione delle piantagioni.
LA CURA DELLE “PIAZZOLE”
La progressione investigativa ha permesso così di identificare dapprima i complici dei coltivatori, delineando i contorni della presunta associazione criminale e definendone i ruoli all’interno del gruppo; infine, anche i destinatari dello stupefacente coltivato.
In pratica, il gruppo individuava, rasava e spietrava le piazzole, di rilevanti dimensioni, impiantandoci i piccoli steli di circa 10 cm, vi realizzava gli impianti professionali per l’irrigazione automatica, ne curava la raccolta delle infiorescenze e la successiva essiccazione, fino al trasporto, preferibilmente in auto con doppi fondi, nelle aree di destinazione e cessione.
Da qui si è poi giunti a delineare i contorni di una stabile rete di spaccio che, affondando le sue radici nella locride, interessava altre regioni d’Italia, in particolare il Lazio, che gli investigatori definiscono come un "punto fondamentale" di smercio dello stupefacente coltivato in Calabria.
L’UOMO DELLA “MAMMA”
Le indagini hanno portato a far emergere la figura di colui che è ritenuto il principale promotore delle attività, Michele Carabetta (41 anni), secondo i militari “elemento di elevata caratura criminale”, già condannato in via definitiva ad 8 anni di reclusione per associazione mafiosa (pena scontata), e ritenuto soggetto di spicco della cosca “Pelle-Vottari” di San Luca nella quale avrebbe avuto il compito di introdurre in Italia armi da guerra, armi clandestine e munizioni (LEGGI).
In particolare, dall’operazione “Fehida” sarebbe emerso proprio come il 41enne fosse uomo agli ordini del boss Antonio Pelle (57 anni), chiamato “La Mamma” (LEGGI).
Carabetta, sostengono ancora gli investigatori, nonostante fosse sottoposto (per tutta la durata delle indagini) alla sorveglianza speciale con l’obbligo di soggiorno a Roma, avrebbe avuto un ruolo direzionale e di cerniera tra la filiera produttiva e di stoccaggio dello stupefacente in Calabria e quella che si occupava del suo trasferimento ad una estesa platea di acquirenti all’ingrosso del Lazio.
Tutto ciò attraverso due articolazioni dell’organizzazione, una stanziata nella capitale, che sarebbe stata assicurata da Daniele D'ambrosi e da Alessandro Romagnoli, l’altra sulla piazza di Latina, curata da Alfredo Celani, Arianna Ramiccia e Massimiliano Tartaglia.
Per raggiungere i suoi scopi Carabetta avrebbe anche contato sulla stretta collaborazione di due suoi cugini, entrambi 27enni, Michele Carabetta e Marco Pizzata.
La tesi è che entrambi si siano dedicati materialmente alla coltivazione di marijuana ma avrebbero anche svolto il ruolo di intermediari dal luogo individuato per la produzione al territorio laziale, preparando e stoccando lo stupefacente in Calabria nei luoghi di deposito e negoziando direttamente con i corrieri.
I MESSAGGI CRIPTICI TRA “CAVALLI”, “CD” E “GOLF”
Quanto al trasferimento della droga fuori dalla Calabria, i carabinieri hanno effettuato numerosi riscontri, sebbene gli indagati utilizzassero abitualmente un linguaggio elusivo e dal contenuto criptico, spesso riferendosi allo stupefacente chiamandolo “cavalli”, “magliette”, “cd” o anche con riferimenti a diversi e noti modelli di auto e scooter, come “Panda” “Golf” o “T-max”.
Per evitare i controlli, in una circostanza, una donna in avanzato stato di gravidanza avrebbe preso parte, insieme ad altri tre complici, proprio al trasferimento a Roma di oltre 6 kg di marijuana provenienti dalle piantagioni della locride.
I SEQUESTRI
Al termine delle indagini, nel complesso sono state dunque localizzate 8 piazzole per la coltivazione di marijuana, sequestrando contestualmente circa undicimila piante, dal valore economico di svariati milioni di euro.
Inoltre, tra Roma, Latina, Savona e Bologna, sono stati arrestati in flagranza 10 indagati, sequestrando contestualmente oltre 30 chili di marijuana. Sequestrati, infine, 6 fucili da caccia di vario calibro e marca, senza matricola o abrasa, 3 dei quali risultati rubati.
INOMI DEGLI INDAGATI
In carcere sono finiti: Bruno Cara, nato a Bovalino (RC) il 4.1.1961, residente a San Luca; Giuseppe Cara, nato a Bovalino in data 27.4.1963, residente a San Luca; Michele Carabetta, nato a Locri (RC) l’1.4.1978, residente a Casignana; Michele Carabetta, nato a Locri il 20.2.1992, residente a Casignana (rintracciato in Germania); Alfredo Celami nato a in Germania l’8.5.1970, residente a Latina; Daniele D’Ambrosi, nato a Roma l’8.6.1982, ivi residente; Giovanni De Marte, nato a Palmi (RC) il 22.11.1990, residente a Diano Marina (IM);
Alberto Masci, nato a Roma il 18.12.1990, ivi residente; Saverio Mediati, nato a Benestare (RC) il 24.9.1965, residente a Bovalino; Marco Pizzata, nato a Locri il 30.1.1992, residente a San Luca; Alessandro Romagnoli, nato a Roma il 10.1.1980, ivi residente; Massimiliano Tartaglia, nato a Latina il 2.11.1983, ivi residente; Gianluca Antonio Vitale, nato a Locri il 3.6.1978, residente a Siderno (RC);
Ai domiciliari, invece: Angelo Arduini, nato a Roma il 21.2.1983, ivi residente; Marco Domenico Artuso, nato a Seminara (RC) il 7.10.1966, ivi residente; Federico Maria Benedetti, nato a Roma il 18.7.1994, ivi residente; Andrea Cara, nato a Melito di Porto Salvo (RC) il 3.7.1994, residente a San Luca; Francesco Cara, nato a Melito di Porto Salvo, il 3.8.1990, residente a San Luca; Gabriele Antonio Cara, nato a Melito di Porto Salvo il 4.6.1996, residente a San Luca; Paolo Cara, nato a Melito di Porto Salvo il 25.5.1989, residente a San Luca;
Adamo Fiasco, nato a Latina il 16.8.1973, residente a Sermoneta (LT); Dante Massimino, nato a Siderno il 9.2.1967, ivi residente; Antonino Mediati, nato a Melito di Porto Salvo l’11.7.1996, residente a Bovalino; Antonio Mediati, nato a Melito di Porto Salvo il 29.11.1991, residente a Bovalino; Arianna RAMICCIA, nata a Latina il 16.8.1992, ivi residente; Khalil Smaali, detto Claudio, nato in Marocco il 23.2.1990, residente a Roma; Daniele Vottari, nato a Magenta (MI) il 30.11.1984, residente a Marcallo Con Casone (MI).
Francesco Mammoliti, nato a Locri (RC) il 6.11.1992, residente a San Luca (RC), è stato invece sottoposto all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
L’operazione è stata condotta dai Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria e dai militari dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Calabria”, con il contributo dei colleghi tedeschi del BundesKriminalAmt (BKA).
L’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale del capoluogo dello Stretto su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia locale.