Furbetti delle assicurazioni: finti sinistri e polizze false, così incassavano i risarcimenti

Reggio Calabria Cronaca
Foto: BAsta Vittime della 106

Oltre 200 persone, tutte residenti nella Locride, denunciate a vario titolo per falsa testimonianza, falsità ideologica, fraudolento danneggiamento di beni assicurati, sostituzione di persona, riciclaggio di autovetture ed altro. L’accusa è di aver truffato le compagnie assicurative per più di 800 mila euro, denunciando 70 incidenti in realtà inesistenti e utilizzando più di 100 polizze risultate false.


Si è conclusa oggi l’indagine “Car crash”, un impegno investigativo che è durato oltre tre anni che - svolto dai Carabinieri della Compagnia di Bianco, in particolare dalla Stazione di San Luca, nel reggino, con la collaborazione delle Unità Antifrode di diverse compagnie assicurative - ha portato alle duecento denunce, in stato di libertà, alle Procure di Locri, Roma, Milano, Torino, Bologna e Trieste.

Le investigazioni sono partite da alcune intercettazioni ambientali registrate durante un’altra operazione, la “Colombiani d’Aspromonte”, in cui alcuni indagati discutevano tranquillamente sulle strategie da adottare per frodare assicurazioni e farsi pagare dei risarcimenti “ingiusti”.

Durante le conversazioni, gli intercettati parlavano di svariati argomenti che gli inquirenti ritennero utili a comprenderne il loro modus operandi. Il meccanismo prevedeva difatti di procurarsi delle targhe tedesche da montare sui veicoli da coinvolgere, poi, nei sinistri artefatti; venivano così coinvolte persone residenti in Germania da far risultare scambievolmente come testimoni o sinistrati; si stabilivano quali parti dei veicoli dovevano essere danneggiate per far cadere in errore i periti assicurativi; e, poi, si concertavano tutte le accortezze da adottare per far risultare veritieri i sinistri denunciati prevedendo la partecipazione alle frodi di alcuni professionisti della Locride, tra cui avvocati, medici e periti.

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Alcuni mezzi inoltre, già coinvolti in sinistri, venivano “riciclati” dalla Germania, paese nel quale era previsto il reimpiego in attività commerciali dei proventi ottenuti illecitamente.

Gli investigatori spiegano che i presunti responsabili adottavano tutte le cautele necessarie per rendere veritieri i falsi incidenti, non sottovalutando alcun dettaglio: si discutevano e stabilivano, ad esempio, le dichiarazioni che altri soggetti da coinvolgere avrebbero dovuto rendere in caso di testimonianza, così come le aree da evitare perché si presumeva vi fossero installate delle telecamere di sicurezza, ma anche della simulazione di danni fisici da dichiarare durante le visite mediche effettuate nel pronto soccorso dell’Ospedale di Locri.

Le indagini sono state effettuate anche col supporto dell’Interpol, grazie alla quale è stato possibile eseguire numerosi accertamenti in Germania e nella vicina Austria che avrebbero consentito di appurare che, alcuni dei coinvolti, proprio in Germania avevano addirittura rilevato delle attività commerciali (dei ristoranti) e che gli stessi, già negli anni ‘80, risultavano indagati dall’Autorità tedesca per reati simili.

Al termine è stato possibile far luce su oltre 70 sinistri artefatti e circa 100 polizze assicurative contraffatte nelle quali gli intestatari, falsificando i loro documenti di identità, attestavano di essere residenti nella provincia di Alessandria, pagando così un premio assicurativo ridotto rispetto a quello praticato, invece, ai residenti nel Reggino.

Le dinamiche degli incidenti per i quali venivano avanzate le richieste risarcitorie erano le più svariate, e a volte particolarmente sospette. In particolare, gli indagati dichiaravano di essere rimasti coinvolti in tamponamenti o in investimenti di pedoni; coinvolgevano poi dei loro congiunti e veicoli con targhe estere o doganali; denunciavano di essere stati coinvolti in incidenti avvenuti in epoca passata, fino a due anni prima della presentazione delle richieste di risarcimento; poi danneggiavano personalmente le loro autovetture o ne sostituivano parti integre con pezzi rotti in modo da far apparire compatibili i danni denunciati durante le perizie alle quali venivano sottoposti; dichiaravano falsamente di aver subito delle lesioni; costruivano precedentemente le dichiarazioni mendaci da rendere all’Autorità Giudiziaria; ideavano più sinistri con la stessa autovettura effettuando vari passaggi di proprietà ed immatricolazioni - utilizzando nella maggior parte dei casi documentazione contraffatta o alterata - il tutto prima che i veicoli fossero periziati dalle società assicurative.

Come detto, per i loro scopi gli indagati si avvalevano anche della compiacenza di legali e medici oltre che di periti specializzati così da pre-costituire della documentazione da produrre alle compagnie insieme alle richieste di risarcimento. Alcuni avvocati inoltre, anche all’insaputa di malcapitati all’oscuro di tutto, producevano delle false procure speciali e altrettanto false dichiarazioni testimoniali, incassando direttamente i risarcimenti.

LA BIMBA INVESTITA DAI GENITORI E L’AZIENDA DA 240 SINISTRI

Nel corso delle investigazioni sono state effettuate intercettazioni telefoniche su circa 50 utenze, oltre che captazioni ambientali, è stata analizzata la documentazione di oltre 70 sinistri e sono state sentite come testimoni 280 persone.

Numerose sono le incongruenze emerse durante le indagini. Gli investigatori hanno analizzato risarcimenti ottenuti per circostanze inverosimili nelle quali i richiedenti attestavano che avrebbero comunicato le generalità dei testimoni “all’occorrenza” o di aver investito dei loro congiunti.

In una circostanza una bambina di 5 anni è risultata investita dai genitori in ben due differenti occasioni in un solo anno, cosa che ha consentito di incassare somme cospicue a titolo risarcitorio; due coniugi, poi, hanno dichiarato di essersi investiti a vicenda in due diverse occasioni, richiedendo successivamente 30 mila euro per i danni causati dalla moglie al marito e 20 mila per quelli cagionati dal coniuge a quest’ultima.

Altri due casi “eclatanti” riguardano un soggetto di origini marocchine che risulta coinvolto, come responsabile, in circa 94 incidenti ed una società proprietaria di alcuni autoveicoli che a sua volta avrebbe maturato, in due anni, 240 sinistri.

Il danno complessivo accertato ai danni delle compagnie assicurative - che venute a conoscenza dei fatti hanno presentato oltre 30 querele sospendendo anche l’erogazione di somme di denaro a titolo risarcitorio - ammonta a circa 800mila euro.