Aupi: “vittime incendio Cosenza ennesimo caso di malasanità”
Fare una riflessione sulla tragedia avvenuta a Cosenza qualche giorno fa è “molto più complesso di quello che sembra e va ben oltre il fatto di cronaca, ovvero l’incendio nell’appartamento in cui sono morte tre persone. Un incidente in cui le vittime sono tre ‘poveri disgraziati’ i quali, sembra, occupavano abusivamente l’appartamento. I giornali hanno scritto che i tre “poveri disgraziati” erano noti ai Servizi Sociali e ai Servizi Sanitari Eppure nessuno, ma proprio nessuno, ha dato a questo episodio la giusta definizione, ovvero Malasanità”.
Ad affermarlo in una nota è l’Aupi, Associazione unitaria psicologi italiani, per la quale l’incendio avvenuto venerdì scorso nel centro storico bruzio sarebbe un “ennesimo caso di abbandono delle fasce più deboli della popolazione”.
“È chiarissimo che queste vittime, perché tali sono, sono state lasciate sole. Sono state abbandonate dalle Strutture Sanitarie predisposte alla tutela della salute, anche mentale, dei cittadini”, prosegue l’associazione chiedendosi poi “cosa vuol dire ‘erano note’ (le vittime, ndr) ai Servizi sociali? Se poi questi ultimi non sono messi nelle condizioni di prendersene cura?”.
“Stiamo parlando della sanità della Regione Calabria – prosegue la nota - ben ultima in tutte le graduatorie relative alla qualità dell’assistenza, e quando le graduatorie riguardano l’assistenza alla Salute Mentale e l’Assistenza Psicologica, il posto occupato è, se possibile, ancora più infimo. E questo nonostante ci siano operatori che si dedicano con spirito di abnegazione assolutamente encomiabile”.
Per Aupi si sarebbe dunque in presenza di un tipico caso di malasanità “la cui responsabilità – afferma - ricade, completamente, sull’organizzazione e sulla gestione. Nessuna responsabilità è addebitabile agli operatori. È il livello “gestionale” e l’assoluta carenza di programmazione sanitaria, regionale aziendale, la causa prima ed unica di questi drammi. L’unica ‘programmazione’ che si riesce a fare in Calabria è quella relativa alla spartizione dei posti, all’assegnazione dei primariati e dei dipartimenti. Tutto il resto non interessa. Ciò che conta è assegnare le apicalità. Se poi i servizi di Salute Mentale restano scoperti perché il personale va in pensione, non interessa nessuno”.
L’Associazione degli psicologi si chiede ancora: “dove sono le strutture territoriali che devono articolare la rete di tutela della salute psicologica? Come viene utilizzato il finanziamento destinato a questi servizi? C’è qualcuno che chiede conto alla Regione Calabria se e come vengono spesi i 180 milioni di euro destinati alla Salute Mentale? Quante case famiglia, quanti gruppi appartamento, quante comunità, protette o meno, residenziali e semiresidenziali sono attivate”?
Questo, sottolinea ancora, “non accade solo a Cosenza, dove sono morti questi “poveri disgraziati”. Succede in tutte le Aziende Sanitarie della regione. La prova evidente che in Calabria, la Salute Mentale e quella psicologica non sono una priorità, la ritroviamo nell’ultimo decreto che, a livello regionale, autorizza alcune centinaia di assunzioni. Non è prevista una sola assunzione di psicologi, nonostante molti stiano andando in pensione ed i servizi risultino sempre più sguarniti. Nelle nuove assunzioni – conclude la note - non c’è posto per gli psicologi né per le altre figure necessarie a garantire la necessaria assistenza alla Salute Mentale”.