Reati fiscali. Tegola sull’ex presidente del Catanzaro, sequestrati a Cosentino altri 2,5 milioni
Un’altra tegola sull’ex presidente del Catanzaro Calcio. Stamani la Guardia di Finanza di Reggio Calabria, coordinata dalla Procura di Palmi, ha fatto scattare i sigilli a beni dell’imprenditore Giuseppe Cosentino, ma anche della figlia Ambria e di un promotore finanziario milanese, Stefano Noschese.
Si tratta di conti correnti, cassette di sicurezza, polizze assicurative e titoli detenuti in istituti di credito e società finanziarie, per un valore complessivo di oltre 2,5 milioni di euro.
Il provvedimento fa seguito ad un altro sequestro da 3,5 milioni di euro (composto rapporti finanziari, quote riferibili a tre società, 12 immobili e tre autovetture) e all’esecuzione di 8 provvedimenti restrittivi personali, eseguiti nel maggio scorso nell’ambito dell’Operazione “Money Gate”, in relazione a presunti reati di riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, appropriazione indebita, associazione per delinquere aggravata dalla transnazionalità e frode fiscale.
Secondo gli investigatori, Cosentino, come rappresentante legale della “Gicos Import-Export”, avrebbe utilizzato una serie di articolati sistemi commettendo dei reati di natura fiscale - come l’utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, la frode ed altro - e così facendo appropriarsi indebitamente, ai danni della Gigos e dei suoi creditori, di oltre 8,8 milioni di euro.
IL GIRO DI SOLDI TRA USA E PARADISI FISCALI
Un importo che - sostengono sempre gli inquirenti - si sarebbe accumulato negli anni attraverso l’utilizzo di fatture false per quasi due milioni di euro, la maggior parte delle quali emesse da una società con sede negli Stati Uniti.
A questo riguardo, gli accertamenti finanziari svolti su scala internazionale evidenzierebbero come l’azienda di Cosentino avesse utilizzato tra il 2006 e il 2008 questi documenti come scusa per trasferire negli Usa delle somme di pari importo e come, pochi giorni dopo l’avvenuto accredito delle stesse negli Stati Uniti, sarebbero state poi bonificate (dopo averne trattenuto il 5%) su una serie di conti correnti in Svizzera, intestati a società con sede in paradisi fiscali (Isole Vergini Britanniche, Panama, Belize, ecc.) ma che di fatto sarebbero sempre riconducibili all’ex presidente giallorosso. Da qui, nuovamente trasferite su altri conti correnti svizzeri di società estere sempre riferibili a Cosentino, ovvero spastate su suoi conti correnti cifrati.
LE VENDITE EFFETTUATE “IN NERO”
La tesi è poi che l’imprenditore abbia effettuato delle vendite in nero. A tal proposito le indagini dei finanzieri avrebbero scoperto che la Gicos avesse fatto confluire i corrispondenti fondi “neri” su dei conti correnti intestati ai propri dipendenti.
Quest’ultimo, poi, avrebbero emesso degli assegni a favore di altri impiegati che, a loro volta, li avrebbero incassati in contanti, prevalentemente con banconote da 500 euro, per poi versarli infine sui conti personali di Cosentino e dei suoi familiari o depositarli in cassette di sicurezza da cui erano stati da ultimo prelevati e trasferiti in Svizzera sugli ulteriori conti sempre dell’imprenditore.
Dunque, e per gli inquirenti, la Gicos per gli anni d’imposta dal 2006 al 2011 non avrebbe dichiarato ricavi per oltre 7,3 milioni di euro.
Il tutto – sostengono ancora i militari – “per far perdere le tracce dei flussi finanziari che, originati in Italia, erano confluiti, previ successivi vorticosi passaggi e trasferimenti anche oltre oceano, in Svizzera”.
LA FIGLIA, IL CONTO “CIOCCOLATO” E LE BAHAMAS
Grazie alla collaborazione delle autorità elvetiche, attivate con una Rogatoria internazionale dalla Procura di Palmi, è si sarebbe anche accertato che in quel Paese erano stati effettuati, nel periodo 2006/2011, dei versamenti di contanti per oltre 4 milioni di euro, uno dei quali su un conto corrente cifrato denominato “cioccolato” che sarebbe riconducibile alla figlia di Cosentino, Ambra.
Le stesse somme, nel gennaio 2012, sarebbero state trasferite su un conto corrente svizzero di un’altra società estera, quindi convertite in franchi svizzeri e bonificate su un ulteriore rapporto bancario nel gennaio 2013; infine accreditate su un c/c alle Bahamas.
I MILIONI RIENTRATI CON LO SCUDO FISCALE
Una parte dei fondi svizzeri - un totale di 5,6 milioni – successivamente sarebbe stata fatta rientrare in Italia su dei conti intestati ad un’altra azienda riconducibile sempre a Giuseppe Cosentino: una procedura effettuata utilizzando il cosiddetto “scudo fiscale”.
La somma sarebbe stato poi utilizzata per investimenti finanziari (come l’acquisto e vendita di titoli), e a garanzia di un’apertura di credito da 3 milioni di euro su un conto dell’imprenditore, a sua volta utilizzato per acquistare merci e per finanziare, sotto forma di “anticipo socio” il “Catanzaro Calcio” tramite la stessa Gicos.
Oltre a questo denaro Cosentino avrebbe rimpatriato – con il cosiddetto “scudo ter” – altri 2,3 milioni provenienti da un rapporto finanziario acceso in un Istituto di credito di Hong Kong.
Al termine delle indagini, e sulla base di nuovi elementi emersi, il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Palmi ha ora disposto il sequestro preventivo di altre somme di denaro pari a circa 2,5 milioni di euro: oltre 1,4 milioni nei confronti dell’ex presidente del Catanzaro; circa 642 mila euro alla figlia Ambra e a Stefano Noschese e 493 mila euro nei confronti della Gicos.
In definitiva, i due provvedimenti del Gip, del 17 maggio scorso e del successivo 7 di novembre, ed eseguiti dai militari della Tributaria, hanno portato al sequestro complessivo di circa 6 milioni di euro.