Incendio tendopoli San Ferdinando: arrestata mandante, movente passionale
È stata arrestata ieri la presunta mandante del vasto incendio che il 27 gennaio scorso aveva distrutto oltre 200 baracche della vecchia tendopoli di San Ferdinando (LEGGI), nel reggino, in cui ha perso la vita una donna di origini nigeriane, Becky Moses, mentre altri due extracomunitari sono rimasti gravemente ustionati.
In manette è finita Lise Emike Potter, 47enne nigeriana, con precedenti di polizia, fermata dalla Polizia di Frontiera durante il controllo ai passeggeri di un pullman, proveniente dalla Francia, a Courmayeur (Aosta), presso il traforo del Monte Bianco.
La donna era ricercata dal 27 febbraio scorso, quando il Gip del Tribunale di Palmi aveva emesso nei suoi confronti un’ordinanza cautelare in carcere, perché ritenuta responsabile di concorso in strage con l’aggravante di aver agito per “motivi abietti e futili” ed aver “profittato delle circostanze di tempo e luogo tali da ostacolare la privata difesa”.
Il provvedimento è arrivato dopo una complessa e articolata attività d’indagine, condotta dai Carabinieri di Gioia Tauro sotto il coordinamento della Procura di Palmi, nel corso della quale i militari dell’Arma, col supporto del Ris, il Raggruppamento Investigazioni Scientifiche, sono riusciti a raccogliere dei gravi indizi di colpevolezza a carico della donna ritenuta responsabile, in qualità di mandante, dell’incendio.
Il rogo, hanno accertato le indagini degli inquirenti, è stato di origine dolosa, commesso materialmente da cittadini extracomunitari per ora sconosciuti e sul cui conto sono ancora in corso indagini e il movente sarebbe di origine passionale.
Secondo quanto ricostruito dai Carabinieri e dai magistrati, la Potter avrebbe commissionato ad alcuni connazionali, pagando una cospicua somma di denaro, l’incendio della baracca in cui viveva una giovane nigeriana, I.G., 25 anni, sospettata di aver avuto una relazione sentimentale con l’ex convivente dell’arrestata, un liberiano di 36 anni ospite della tendopoli.
La notte del 27 gennaio, secondo la ricostruzione degli investigatori, i malfattori hanno cosparso di benzina la baracca della rivale in amore della Potter e appiccato l’incendio dandosi subito alla fuga.
Imprevedibilmente, però, in pochissimo tempo le fiamme si sono estese all’intero accampamento, distruggendo oltre 200 baracche e causando gravi ustioni ai due cittadini extracomunitari e la morte di Becky Moses, che si trovava in una baracca a pochi metri dalla tenda abusiva da cui si era stato originato il rogo.
Nei confronti dell’indagata - che da subito aveva deciso di lasciare l’Italia, potendosi liberamente muovere in diverse parti del mondo perché in possesso di documenti validi per l’espatrio - era stato emesso un mandato di arresto europeo, valido in tutta l’area Shengen, con l’avvio di un’intensa attività di cooperazione internazionale tra l’Arma e gli organi di polizia esteri, così da arrivare alla sua cattura.
La donna è stata però rintracciata proprio mentre tentava, a bordo del un bus, rientrava dalla Francia in una località del Nord Italia, dove avrebbe potuto essere favorita da alcuni connazionali o da suoi familiari.
Al momento del controllo la Potter non ha opposto resistenza, mostrando ai poliziotti un permesso di soggiorno in corso di validità rilasciato dalla Questura di Ferrara, una carta d’identità rilasciata dal Comune di Ferrara e un passaporto rilasciato dalle Autorità nigeriane.
Al termine delle formalità è stata tradotta presso la Casa Circondariale di Torino in attesa di essere sottoposta all’interrogatorio di garanzia da parte dell’Autorità Giudiziaria.