L’Operazione Ciclope, il reticolo di società e le porte regalate al funzionario comunale
“Non può sussistere una meccanismo di frode, come questo, senza che vi sia la partecipazione di un gruppo di persone: un reticolo di società collegate fra di loro e facenti riferimento a soggetti messi a capo per riciclare i soldi; così come un reticolo è anche quello dei conti correnti utilizzati (e scoperti, ndr.) per metterla in atto e puntigliosamente analizzati”.
È chiaro e determinato nella sua descrizione Giuseppe Laterza, comandante Nucleo Pef della Guardia di Finanza di Crotone nel corso della conferenza stampa, tenutasi stamani, subito dopo l’operazione Ciclope, che ha portato all’arresto di oltre una quindicina di persone, cinque delle quali finite in carcere e altre dodici ai domiciliari (LEGGI).
L’accusa è che abbiano messo in piedi un “sistema” per frodare il Fisco, sottraendo, da quanto finora accertato, oltre 5,6 milioni di euro.
A dare una sferzata alle indagini sono state soprattutto le intercettazioni - telefoniche ed ambientali - eseguite dalle fiamme gialle e che hanno portato a scoprire come l’imprenditore mesorachese - ma trasferito nel veronese - Antonio Aversa De Fazio, grazie ai rapporti con il cutrese Alfredo Minervino, avrebbe organizzato - secondo gli inquirenti - delle aziende cosiddette “cartolari” “che - ha sottolineato alla stampa Laterza - duravano per poco più di un anno per lo scopo dell’organizzazione, emettendo diverse fatture false” e così facendo potendo contare su grossi risparmi in termini di imposte, per poi riciclarne i proventi.
GLI APPALTI “DOPATI”: MENO TASSE E PREZZI PIÙ COMPETITIVI
Un vantaggio, quello di “pagare meno tasse” - è stato ancora evidenziato dal comandante Laterza - “che avrebbe permesso alle aziende interessate anche di ottenere appalti al nord, proponendo offerte vantaggiose, ovvero concorrenziali rispetto a chi, invece, vi partecipasse con società che rispettassero le leggi”.
I finanzieri hanno ricostruito passaggio per passaggio tutto il giro di soldi che entravano ed uscivano dalle cosiddette aziende “cartiera” (quelle cioè che emettevano fattura false per giustificare le diverse operazioni oltre che per creare costi deducibili) finendo in società che avrebbero avuto il computo di far uscire il denaro scansando i controlli delle banche sulle operazioni definite “sospette”.
Un reticolo, come dicevamo, che avrebbe visto il passaggio di mezzi tra le diverse società, per poi ritornare alla base, intestati formalmente ad aziende che non avrebbero avuto nemmeno fisicamente un luogo dove custodire gli stessi beni.
Insomma delle società che sarebbero state create solo formalmente, fatte durare giusto il tempo necessario per metter in atto il meccanismo truffaldino: un anno, un anno e mezzo al massimo, poi il nulla.
UNA MOLE DI DENARO SOTTRATTA AI SERVIZI PUBBLICI
Aversa, inoltre, è un imprenditore che in passato ha avuto altri problemi sempre con la Guardia di Finanza, in particolare con quella di Verona.
Il comandante Laterza ha spiegato che proprio per questo l’imprenditore, per scansare la normativa sui sequestri, avrebbe fatto nascere dal nulla una società immobiliare, a cui sarebbero stati “passati” tutti i beni e che oggi, invece, risulta tra quelle per cui è scattato il sequestro.
Una mole importante di denaro sottratto allo Stato, dunque: come dicevamo 5,6 milioni di euro di imposte - tra Ires, Iva e Irap - “che - ha voluto far notare invece il comandante provinciale della Gdf, Emilio Fiora - avrebbero potuto essere utilizzati per i servizi pubblici”.
L’operazione di oggi, ha però ribadito soddisfatto lo stesso Fiora, evidenzia ancor più come la mission delle Fiamme Gialle sia maturata in questi anni divenendo il Corpo un baluardo “nella lotta all’economia illegale e nella difesa della crescita e sviluppo del nostro Paese. E oggi - ha sottolineato - ce ne è ancora più bisogno”.
“Un corpo - ha aggiunto il comandante provinciale - che dialoga in tempo reale con il resto d’Italia, che seleziona in maniera mirata gli obiettivi e usa tecniche moderne per limitare al massimo le possibilità di non cogliere nel segno”.
I LAVORI IN PIAZZA E I FUNZIONARI “CORROTTI”
Un ultimo elemento emerso poi dall’operazione Ciclope è il presunto coinvolgimento di due funzionari del Comune di Cutro, Giovanni Della Rovere e Domenico Renato, entrambi finiti ai domiciliari.
Alle loro posizioni, hanno spiegato gli investigatori, si è giunti “accidentalmente”, durante le intercettazioni. In pratica si è scoperto che l’appaltatore della piazza principale della cittadina crotonese, quella dove si disputa la famosa partita a scacchi vivente, non sapesse nulla del lavoro e che invece, a lavorarci, vi fosse un soggetto addirittura nemmeno titolare di una partita Iva.
“I funzionari - hanno ribadito i militari - erano consapevoli di ciò” e avrebbero fatto eseguire i pagamenti alla ditta andando contro la cosiddetta legge Rognoni-La Torre, ovvero sul Subappalto Illecito. In cambio avrebbero ricevuto delle “utilità” come, addirittura, delle porte per la casa di uno di loro (Della Rovere).
Alla conferenza di stamani era presente anche Federico Mattioni, Comandante della sezione Tutela Economica della Guardia di Finanza.