Operazione Via col vento. Così la ‘ndrangheta si spartiva in Calabria il mercato dell’eolico

Calabria Cronaca

Il nome che si è voluto dare all’operazione, “Via col vento”, evoca un classico della cinematografia ma - sebbene renda chiaramente l’idea - qui non si parla certo di un film quanto di una cruda realtà: quella delle infiltrazioni mafiose sul territorio, in questo caso in un settore fortemente redditizio, ovvero delle energie rinnovabili, l’eolico in particolare.

Se ne dicono certi gli inquirenti della Dda di Reggio Calabria, che stamani hanno fatto scattare le manette ai polsi di tredici persone, sette finite in carcere e le altre ai domiciliari (LEGGI)

Gli arresti arrivano dopo un’articolata indagine avviata nel 2012 dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri dello Stretto, coordinati dal Procuratore Aggiunto Giuseppe Lombardo e dai Sostituti Antonio De Bernardo (oggi alla Dda di Catanzaro), Giovanni Calamita e Antonella Crisafulli.

Gli investigatori parlano di una sistematica infiltrazioneda parte di alcune delle blasonate cosche della ‘ndrangheta nel complesso delle opere necessarie alla realizzazione dei parchi eolici in Calabria, in particolare nel reggino, catanzarese, crotonese e vibonese.

Dalle indagini emergerebbe come i clan abbiano “condizionato in modo invasivo” il settore con una serie di attività illecite spregiudicate, prevalentemente estorsioni, perseguite in ogni fase della realizzazione dei parchi eolici.

Un controllo esercitato da cosche “importanti, dicevamo, come quelle dei Paviglianiti di San Lorenzo e Bagaladi (Reggino), dei Mancuso di Limbadi (Vibonese), i Trapasso di Cutro (Crotonese) e gli Anello di Filadelfia (Vibonese).

L’IMPREDITORE “CERNIERA”

Dagli approfondimenti emergerebbe, in particolare, il ruolo Giuseppe Evalto, imprenditore di Pizzo Calabro nel settore trasporti che viene ritenuto affiliato ai Mancuso: per gli inquirenti sarebbe stato “contemporaneamente” imprenditore e collettore degli interessi delle cosche”, rappresentando una figura di “cerniera in grado di relazionarsi con le due realtà - quella criminale e quella imprenditoriale appunto - e di riuscire ad imporre alle società impegnate nella realizzazione dei parchi l’affidamento dei lavori collegati alle opere a ditte considerate colluse o compiacenti,.

Si sarebbe così fatta luce su numerosi episodi estorsivi, sia a società multinazionali (come la Gamesa, Vestas, Nordex), costrette a pagare il pizzo liquidando alle aziende segnalate da Evalto dei compensi per prestazioni sovrafatturate o mai eseguite.

Così si danneggiavano però le imprese appaltatrici, non colluse, che dovevano corrispondere alle cosche una percentuale sull’importo delle opere da eseguire e, talvolta, anche si garantiva l’esecuzione di lavori commissionati alle ditte mafiose, alle quali le imprese appaltanti versavano il corrispettivo economico.

LE SFERE DI INFLUENZA E LA SUDDIVISIONE DELLE COMPETENZE

Gli impianti su cui si sono focalizzate le attenzioni degli investigatori sono quelli di Piani di Lopa-Campi di Sant’Antonio, nella provincia di Reggio; il parco di Amaroni, nel catanzarese; quello di San Biagio e di Cutro, nel crotonese.

Con riferimento al reggino, da cui sono partite le indagini, gli imprenditori interessati sarebbe stati costretti ad interfacciarsi con Antonino Paviglianiti, ritenuto elemento di spicco dell’omonima cosca che controlla i comuni di San Lorenzo e Bagaladi; mentre i parchi eolici catanzaresi e crotonesi ricadevano nella sfera di influenza di altre due famiglie, quella dei Mancuso di Limbadi e Trapasso di Cutro. Infine, per gli insediamenti delle alte serre calabresi, gli “interlocutori” erano gli Anello di Filadelfia.

Nel gestire l’affare eolico, i presunti sodalizi di ‘ndrangheta coinvolti nell’inchiesta, appartenenti a diversi contesti territoriali, si sarebbero dimostrati però tra loro fortemente coesi ed in grado di instaurare una “proficua collaborazione in nome del profitto comune” generato dal business delle energie alternative.

IL SINDACO E LA “VENDETTA” DELLA STRADA CHIUSA

Tra i destinatari dell’ordinanza di oggi vi è anche un amministratore pubblico, il Sindaco di Cortale tuttora in carica, Francesco Scalfaro.

Gli inquirenti sostengono che per un suo benestare alla realizzazione di alcuni interventi stradali avrebbe preteso l’assunzione di operai da lui indicati.

Una richiesta che non sarebbe stata accontentata, però, cosa che avrebbe fatto scattare la chiusura provvisoria di un nevralgico tratto viario, causando così costosi ritardi al cronoprogramma dei lavori. Allo stesso sindaco sono stati sequestrati 28mila euro in contanti, suddiviso in 5 mazette custodite in cassaforte.

Il primo cittadino di Cortale, che è accusato di induzione indebita a dare o promettere utilità, abusando della qualità e dei poteri, avrebbe indotto Giuseppe Evalto, definito dagli inquirenti un "facilitatore", quale referente di zona di una ditta del settore eolico, a promettergli indebitamente l'assunzione di tre operai, quale ricompensa per non creare problemi nell'iter amminitrativo di approvazione dei lavori di costruzione del "by pass di Cortale".

Si trattava di opere necessarie per consentire ai mezzi pesanti il trasporto degli aerogeneratori dal porto di Crotone al parco eolico di Amaroni. A seguito del ritardo nell'assunzione degli operai, sempre secondo l'accusa, il sindaco avrebbe chiuso al transito per 10 giorni una strada percorsa abitualmente dai camion della ditta, fuori dal centro abitato del Comune. Sono in corso approfondimenti per chiarire laprovenienza del denaro contante rinvenuto e sequestrato in casa del sindaco.

GLI ARRESTATI

In sette sono finiti in carcere: Giuseppe Evalto, cl. 63; Antonino Paviglianiti, cl. 65; Rocco Anello, cl. 61; Giuseppe Errico, cl. 54; Romeo Ielapi, cl. 72; Pantaleone Mancuso, cl. 61 e Giovanni Trapasso, cl. 48.

Ai domiciliari, invece: Domenico Fedele D’agostino, cl. 58; Francesco Scalfaro, cl. 59; Riccardo Di Palma, cl. 72; Mario Fuoco, cl. 51; Giovanni Giardino, cl.72 e Mario Scognamiglio, cl. 77,

LE AZIENDE SEQUESTRATE

Alla luce delle investigazioni oltre agli arresti è stato eseguito il sequestro preventivo di sei società con i relativi patrimoni aziendali, quote sociali e conti correnti e riconducibili agli indagati.

In particolare i sigilli sono stati apposti alla: Autotrasporti F.E. Srl di Pizzo (VV); La Molisana Trasporti Srl di Guardiaregia (CB); la Paviglianiti Srl di Reggio Calabria; la Ditta Ielapi Romeo, di Filadelfia (VV); la Hipponion Global Security Service, di Vibo Valentia (VV) e l’Hotel “Ulisse Ristorante Nausicaa dal 1972”, a Maida (CZ).

(ultimo aggiornamento 17:19)