“Mala depurazione” nel reggino, ecco gli impianti sequestrati. Indagati anche sindaci

Reggio Calabria Cronaca
Il depuratore di Gallico

Sei a Reggio Calabria, 4 tra Scilla e Motta San Giovanni e altri a Villa, Bagnara, San Lorenzo e Cardeto per un totale di 14 impianti di depurazione di acque reflue comunali sequestrati oggi dalla Capitaneria di Porto-Guardia Costiera del capoluogo dello stretto nell’ambito dell’operazione “Mala Depurazione” (LEGGI).

A conclusione di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Reggio, diretta da Giovanni Bombardieri, sono stati apposti i sigilli ai seguenti depuratori: nel comune di Reggio Calabria in località Gallico, Pellaro, Paterriti, Armo, Oliveto e l’impianto consortile di Concessa; a Villa San Giovanni in Località Femia; a Scilla in Località Favazzina e Oliveto; a Bagnara Calabra in Località Cacilì; a Motta San Giovanni in Località Oliveto e Castelli; a Marina di San Lorenzo in Località Agrifa ed a Cardeto in Località Calvario.

Custode giudiziale, con facoltà d’uso, di tutti gli impianti sequestrati, è stato nominato il Dirigente del Dipartimento 11 Ambiente della Regione Calabria, Orsola Reillo, con obblighi di conformare urgentemente lo stato di fatto e di diritto degli impianti alle prescrizioni di legge e di regolamento applicabili in ragione delle violazioni contestate nei provvedimenti di sequestro, il tutto comunque entro e non oltre 45 giorni dalla notifica del provvedimento cautelare.

LE INDAGINI

Disposte e coordinate dall’aggiunto Gerardo Dominijanni e dal Sostituto Angelo Roberto Gaglioti, le indagini hanno visto impiegati sul territorio della provincia reggina gli uomini dell’unità organizzativa di Polizia Giudiziaria della Capitaneria di Porto di Reggio Calabria.

Nel corso delle attività, sono stati nominati due consulenti tecnici del Pubblico Ministero, che hanno effettuato sopralluoghi ed ispezioni all’interno di tutti e quattordici gli impianti, rilevando numerosissime infrazioni, legate principalmente ad una cattiva gestione.

I REATI CONTESTATI

Risultano, nel complesso, indagate 53 persone, tra cui i dirigenti e funzionari delle società che nel tempo hanno gestito gli impianti, i sindaci pro-tempore dei Comuni dove sono ubicati gli impianti o quelli capofila per quelli consortili, i dirigenti pro-tempore degli uffici tecnici e lavori pubblici, per le seguenti ipotesi di reato: inadempimento di contratti di pubbliche forniture, omissioni d’atti d’ufficio, disastro ambientale, getto pericoloso di cose, attività di gestione non autorizzata di rifiuti con smaltimento illecito degli stessi.

Tra le maggiori criticità riscontrate dai consulenti e dagli uomini della Guardia Costiera, vi sono i malfunzionamenti degli impianti, la mancanza o la sostituzione di compressori, elettropompe e misuratori di portata, la presenza di by-pass non autorizzati all’interno degli impianti, oltre allo smaltimento illecito dei rifiuti (fanghi e vaglio di grigliatura prodotti).

Tra le parti offese, destinatarie della notifica del provvedimento cautelare, vi sono, oltre ai Comuni proprietari degli impianti, anche il Ministero dell’Ambiente, la Regione Calabria, la Città Metropolitana.

I DUE FILONI D’INCHIESTA

I fatti per cui si procede in relazione ai quattordici depuratori possono distinguersi in due filoni principali.

Per un verso, sono stati accertati e contestati una serie di reati in materia di Pubblica Amministrazione, tra i quali, principalmente, inadempimenti in pubbliche forniture (con contestazioni a titolo di concorso di persone tra gli esponenti politici e gestionali delle Amministrazioni locali coinvolte e gli esponenti rappresentativi e direzionali delle ditte che hanno pro tempore assunto impegni convenzionali di gestione, manutenzione e conduzione degli impianti in esame); ed omissioni e/o rifiuti in atti di ufficio (con contestazioni a titolo di concorso di persone tra i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio coinvolti nella gestione, manutenzione e conduzione degli impianti in esame).

Per altro verso, sono stati accertati e contestati una serie di illeciti di natura più specificamente ambientale, tra i quali alcuni reati previsti e sanzionati dal codice penale: danneggiamenti aggravati, ad esempio, dei corpi recettori degli scarichi illegittimi provenienti dagli impianti in oggetto; getti pericolosi di cose, in relazione alle emissioni provenienti illegittimamente dagli impianti in esame), ovvero dalla legislazione penale complementare in materia di ambiente (in primis il testo unico ambientale), soprattutto in relazione a rilevati depositi temporanei irregolari di prodotti inquinanti degli impianti di depurazione in esame; di attività illecite di smaltimento di prodotti inquinanti di tali impianti, e di by-pass del tutto illegittimi, in quanto in violazione della legislazione nazionale e regionale ovvero anche della normativa secondaria in tema di requisiti di legittimità dei by-pass negli impianti di depurazione.

LE ATTIVITÀ DEI CONSULENTI TECNICI

Le contestazioni formulate si sono basate su attività di indagine delegate alla Capitaneria di Reggio, e sugli esiti di consulenze tecniche disposte dalla Procura della Repubblica.

I consulenti hanno condotto specifici e meticolosi sopralluoghi ed ispezioni su ciascun impianto in questione, ed hanno anche acquisito della copiosa documentazione amministrativa presso i gestori degli impianti in esame e gli Enti locali coinvolti, nonché, ed inoltre, in relazione alla istituzione alla tenuta dei registri di carico e scarico e dei formulari previsti dalla legislazione e dalla regolamentazione in materia ambientale.

Questi accertamenti hanno permesso di individuare, per ciascun impianto, una serie variegata, reiterata e protratta nel tempo, di illiceità penali.

I PESANTI IMPATTI INQUINANTI

Le violazioni riscontrate hanno prodotto, nel corso del tempo, e stanno producendo tuttora, pesanti impatti inquinanti e di deterioramento, con la sostanziale compromissione dell’ambiente.

A tal fine il GIP, su esplicita richiesta della Procura della Repubblica, ha disposto l’affidamento in custodia, con facoltà d’uso, dei quattordici depuratori al Dirigente Generale del Dipartimento competente della Regione Calabria, con prescrizione di un termine stringente per conformare lo stato di fatto e di diritto degli impianti alla normativa primaria e secondaria applicabile.

Questo affidamento, nell’ottica perseguita dall'Ufficio requirente, e conformemente alla propria missione costituzionale di legalità, condurrà ad una risoluzione sinergica delle problematiche che si sono evidenziate.

Accanto alla necessaria attività di repressione dei fatti penalmente rilevanti riscontrati, in uno spirito di leale collaborazione istituzionale, anche l’attività dell’apparato amministrativo, seppure, in tale caso, in funzione ausiliaria dell’Autorità Giudiziaria (cioè, nell’ambito dell’ufficio di custodia giudiziaria degli impianti in sequestro), gli inquirenti auspicano possa portare a significativi e tempestivi miglioramenti nella gestione degli impianti, sulla cui effettività la procura non smetterà di vigilare e indagare, “nell’ambito delle proprie attribuzioni istituzionali e nel rispetto imprescindibile delle norme di legge applicabili ai fatti in esame”, in ordine ai quali si sta apportando una dovuta chiarezza di accertamento e necessario rigore di applicazione.