Petrini (Slow food) al Salone del Gusto: “ricostruire le botteghe nei borghi disabitati”

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Non ci si può riferire al cibo parlando solo e sempre di prodotti. È, questa, la grande sfida della cultura e della politica in questo momento: vedere le connessioni. E se non esiste questa logica di connessione allora non avremo compreso le potenzialità del cibo. Occorre riprendere la legge sulla tutela dei suoli che da 4 anni giace in Parlamento. Il Made in Italy non è soltanto una questione di bravura dei produttori ma è anche la capacità di mantenere la nostra terra e non di violarla costantemente con una cementificazione che non ha pari in Europa”.

A condividere il messaggio del Fondatore di Slow Food Carlo Petrini, facendosene interprete sul territorio attraverso il rinnovato impegno della Condotta Pollino Sibaritide Arberia è il fiduciario Lenin Montesanto.

“Bisogna partire dalla riappropriazione quotidiana, soprattutto da parte delle nuove generazioni, dei grandi patrimoni dei centri storici e dei quartieri abbandonati delle città alte. Perché – va avanti Petrini – è qui che si respira ancora identità e storia. Perché è soltanto qui che, soprattutto per una regione così ricca di biodiversità come la Calabria, può essere ancora giocata e vinta, dai centri storici a tavola e nei campi, attraverso l’educazione alimentare e la preferenza delle produzioni autentiche e del cibo buono pulito e giusto l’ultima occasione di sviluppo endogeno, ecosostenibile e durevole”.

Intervenendo al Salone del Gusto di Torino si è chiesto ancora come sia “mai possibile che nei nostri borghi, di montagna o di pianura, non esistono più botteghe? Sono diventati borghi senza anima: luoghi dove non si riesce a comperare in maniera minuta i prodotti del territorio. È mai possibile che non riusciamo a mettere insieme un’idea di bottega multifunzionale? Dove c’è una para-farmacia, visto che questi luoghi sono ormai abitati quasi esclusivamente da anziani? Che non ci sia un punto di riferimento in cui i prodotti del Made in Italy si consumino?”

“Se il Made in Italy non siamo i primi noi a consumarlo ed a pagarlo al prezzo giusto, ma andiamo solo in giro a venderlo nel mondo senza consumarlo perdiamo credibilità. Credo sia arrivato il tempo – ha continuato – per una ricostruzione di piccole botteghe multifunzionali nei borghi, gestite da giovani, che diventino luoghi di incontro e che possano aiutare il turista. Perché se un turista arriva in un borgo dove non ci sono più i profumi caratteristici come ad esempio quello del pane e ci sono solo spazi dormitorio di cittadini che vanno e vengono, ciò è negativo”.

“Magari – ha concluso Petrini – in queste botteghe potrebbe esserci ad esempio la chiave per vedere la chiesa, per vedere un’opera d’arte; facciamo in modo che i nostri borghi non diventino deserto! Tutto ciò è connesso alla dimensione del cibo non ci si può riferire al cibo parlando solo e sempre di prodotti”.