“Caporalato”. Nove ore nei campi per appena 20 euro, senz’acqua e senza diritti

Cosenza Cronaca

Turni di nove ore al giorno per una paga di 20 euro, senza alcun rispetto delle norme di sicurezza e soprattutto senza un contratto regolare. A farne le spese dei lavoratori extracomunitari, dei richiedenti asilo politico ospiti nel territorio di Roggiano Gravina.


È quanto hanno scoperto i carabinieri della stazione locale che hanno arrestato un imprenditore agricolo del posto, un 44enne, A.L., sottoposto ai domiciliari su ordine del Gip del Tribunale di Cosenza e che dovrà rispondere dei reati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

Le indagini, coordinate dalla Procura bruzia, sono state avviate dai militari dopo alcune segnalazioni su un presunto “caporale” che impiegava nel suo fondo agricolo degli stranieri, approfittando del loro stato di bisogno e sottoponendoli a condizioni di sfruttamento senza una regolare assunzione.

I carabinieri sono partiti da qui tenendo sotto osservazione dei terreni a San Marco Argentano che, in un arco temporale compreso tra il mese di settembre del 2017 ed agosto di quest’anno, hanno consentito di dare un nome ed un volto al responsabile.

Gli investigatori hanno scoperto che il “caporale” prelevava ogni giorno diversi extracomunitari da un Centro di Accoglienza Straordinaria di Roggiano Gravina portandoli nel fondo di San Marco Argentano; qui li impiegava sistematicamente come braccianti agricoli nella raccolta di ortaggi.

DALLE 6 ALLE 15 SOTTO IL CALDO E NESSUN RISPETTO

Attraverso delle riprese video si sono così documentate le pesanti giornate lavorative degli stranieri - provenienti dal Gambia, dal Bangladesh e dal Senegal - confermando quanto gli stessi avevano raccontato ai militari.

In pratica, i lavoratori venivano prelevati all’alba, intorno alle 5 del mattino, da un furgone condotto dall’imprenditore e portati sui terreni coltivati ad ortaggi dove vi lavoravano ininterrottamente fino a 9 ore, all’incirca dalle 6.30 alle 15.30, in un contesto definito “assolutamente degradante”.

Le condizioni di lavoro imposte dal “padrone” - ovviamente senza alcun rispetto delle regole minime previste dai contratti collettivi nazionali - prevedevano ad esempio solo una pausa di 30 minuti per chi volesse mangiare qualcosa, senza mettere a disposizione degli “sfruttati” acqua o luoghi per ripararsi dal caldo o per soddisfare le proprie esigenze fisiologiche.

Condizioni pesanti, dunque, per una paga giornaliera di appena 20 euro, del tutto sproporzionata rispetto alla quantità ed alla qualità del lavoro prestato, che proverebbero lo sfruttamento ai danni degli stranieri.

Durante le investigazioni, poi, i Carabinieri hanno anche ricostruito un tentativo di deviare il corso delle indagini da parte dell’arrestato, che in diversi approcci con gli extracomunitari avrebbe tentato di condizionarne i racconti così da “alleggerire” le sue responsabilità.

IL LUCRO SULLE SPALLE DEI PIÙ DEBOLI

Quest’ultimo fatto portato alla luce dimostra, ancora una volta, lo straordinario impegno e la particolare determinazione con cui i Carabinieri di Cosenza, coordinati dalla Procura, operano per contrastare il triste fenomeno del “caporalato”, effettuando un’intensa azione in difesa dei lavoratori coinvolti e di quelle aziende oneste che indirettamente vengono danneggiate da operatori economici che non esitano a lucrare e fare cassa sulle spalle delle persone più deboli.

Ne è tangibile prova l’arresto, lo scorso aprile, di un 52enne, titolare di un’azienda edile, che nelle campagne di Acri aveva vessato per oltre un anno con angherie e minacce tre giovani in stato di indigenza (LEGGI) - due cittadini afghani col permesso di soggiorno per motivi umanitari e un rumeno - costringendoli a lavorare quotidianamente per 14 ore consecutive in lavori edili, nella coltivazione dei campi e nella custodia di animali.

O, ancora, le 14 misure cautelari eseguite a carico di altrettanti soggetti nel 2017, a conclusione di un’articolata indagine sul fenomeno del caporalato sul territorio silano e, in particolare, sullo sfruttamento dei migranti nell’area di Camigliatello Silano (LEGGI).