Rifugiati sfruttati nei campi della Sila, i “caporali” li prelevavano nei centri d’accoglienza
Da centri d’accoglienza a centri di reclutamento di braccianti e pastori: rifugiati ospiti delle strutture finiti nelle mire di “caporali” senza scrupoli che li reclutavano direttamente nelle strutture per poi farli lavorare nei campi dell’altopiano della Sila a raccogliere patate e fragole o come pastori per badare agli animali al pascolo.
Un vero e proprio sfruttamento, a nero, degli immigrati, per lo più senegalesi, nigeriani e somali scoperto dai carabinieri del Comando provinciale di Cosenza che hanno eseguito stamani ben 14 misure cautelari - due in carcere, quattro ai domiciliari e otto obblighi di dimora - a carico di altrettante persone che sono accusate, a vario titolo, di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, abuso d'ufficio e tentata truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
LE INDAGINI sono iniziate oltre sei mesi fa, esattamente a settembre dell'anno scorso: dagli elementi raccolti dagli investigatori, i rifugiati impiegati in numerose aziende agricole sarebbero stati prelevati da due Centri di accoglienza straordinaria di Camigliatello Silano, sempre nel cosentino.
Il presidente e due responsabili della gestione di una di queste strutture sono accusati di avere reclutato illecitamente gli stranieri ospiti del Centro per poi farli lavorare in nero e per aver anche manipolato dei fogli di presenza degli stessi rifugiati per ottenere i finanziamenti previsti dalla legge a sostegno della struttura di accoglienza.
Nel “giro” illecito sarebbero stati coinvolti, nel complesso, una trentina di migranti: per le loro prestazioni venivano retribuiti con paghe che andavano dai 15 ai 20 euro per un’intera giornata lavorativa di ben 10 ore.
I provvedimenti di oggi sono stati disposti dal Gip di Cosenza, Salvatore Carpino, su richiesta della Procura. Le indagini, sono state dirette dal procuratore aggiunto Marisa Manzini e dal sostituto Giuseppe Cava, col coordinamento del Procuratore Capo Mario Spagnuolo.
15 EURO PER LAVORARE DALLE 6 ALLE 17
Le indagini sono partite grazie alla denuncia di uno degli extracomunitari in attesa del riconoscimento dello status di rifugiato, che ha raccontato agli investigatori che gli stranieri sarebbero stati costretti a lavorare per undici ore, dalle 6 del mattino alla 5 del pmeriggio, venendo pagati appena 15 euro.
Ma non solo. Nel corso della conferenza tenutasi stamani gli inquirenti hanno reso noti altri particolari come, ad esempio, la violenza subita da uno degli stranieri reo di essere troppo lento sul lavoro e per questo schiaffeggiato e minacciato da uno degli arrestati; o il fatto che chi si fermasse per riposare veniva anch’esso minacciato e colpito a calci.
TROPPO LENTO: MINACCIATO E PICCHIATO
La vittima, che era sbarcata nel porto di Reggio Calabria nell’aprile dell’anno scorso, ha poi raccontato di essere stata ingaggiata, da un uomo arrivato su un fuoristrada, in due diverse occasioni (ad agosto e settembre) insieme a altri stranieri, nella piazza di Camigliatello Silano. In un caso, accusato di essere anch’egli lento, si sarebbe visto dimezzare la paga e, chieste spiegazioni sul perché, sarebbe stato addirittura preso a schiaffi.
Le dichiarazioni rese dall’uomo sono state verificate dai carabinieri che hanno accertato la presenza di manodopera extracomunitaria nei campi di Camigliatello, di un’azienda agricola di Casole Bruzio, dove si raccoglievano a mano delle delle patate.
MAGISTRATO: RIFLETTERE SUL RUOLO DEI CDA
Lapidario, durante la conferenza, il procuratore aggiunto Manzini commnentando l’operazione “Accoglienza”: “Ora – ha sbottato - dobbiamo riflettere sul ruolo che devono avere i centri di accoglienza e su queste persone che sfruttano i lavoratori, al di là di chi sia la persona offesa. Ricordo che abbiamo contestato anche il reato di tentata truffa e di abuso d'ufficio."
(aggiornata alle 12:02)