Spartizione droga: zingari uccisero il contabile che non aveva rispettato i patti, 5 arresti
Sono cinque le persone arrestate oggi dalla Dia di Catanzaro ed accusate del duplice omicidio di Benito Aldo Chiodo e Francesco Tucci e del ferimento di Mario Trinni, avvenuto a Cosenza il 9 novembre del 2000.
Si tratta di Antonio Abruzzese e Luigi Berlingieri, entrambi 48enni, Saverio Madio di 56 anni, Celestino Bevilacqua di 57 e Fiore Abbruzzese di 52, tutti ritenuti esponenti di rilievo della criminalità mafiosa cosentina di etnia nomade.
Gli arresti sono stati eseguiti con la collaborazione, nella fase esecutiva, di personale della Polizia di Stato e dei Carabinieri di Cosenza (LEGGI QUI).
Per l’assassinio risulta essere già stato condannato Francesco Bevilacqua, alias “Franchino di Mafalda”, all’epoca dei fatti capo degli zingari del capoluogo, e poi divenuto collaboratore di giustizia, che fin da subito aveva svelato tutti i retroscena del delitto, rivelando i nomi dei partecipanti all’azione, le modalità di esecuzione e anche il movente, da ricercare nel mancato rispetto, da parte di Chiodo, all’epoca “contabile” dell’allora gruppo confederato Cicero-Lanzino, dei patti stretti dai nomadi col gruppo sulla spartizione dei proventi di alcune attività illecite precluse agli zingari, le estorsioni, l’usura e il traffico della cocaina.
Successive dichiarazioni di altri collaboratori, raccolte di recente e riscontrate dettagliatamente dagli investigatori della Direzione Investigativa Antimafia di Catanzaro, hanno permesso di acquisire altri elementi di prova nei confronti degli arrestati, tali da consentire alla Dda di richiedere ed ottenere dal GIP il loro arresto.
LA RICOSTRUZIONE DELLA “STRAGE DI VIA POPILIA”
Per portare a termine l’omicidio, consumatosi a Cosenza in via Popilia, nel tardo pomeriggio del 9 novembre di 18 anni fa, venne utilizzato dai sicari, oltre ad una pistola Beretta, anche un fucile mitragliatore.
Dalla ricostruzione investigativa dell’episodio, si sarebbe accertato che sull’autovettura, una Lancia Thema, utilizzata per l’agguato, e poi ritrovata sepolta nel cantiere della De.MAR Costruzioni di Sergio Perri (rimasto ucciso in un agguato di stampo mafioso insieme alla moglie il successivo 17 novembre del 2000), oltre a Francesco Bevilacqua, vi sarebbero stati Luigi Berlingieri, detto “occhi di giaccio” o “il cinese”, armato di Kalashnikov; Fiore Abbruzzese detto “Ninuzzo”, con il compito di autista, e Gianfranco Iannuzzi “a‘ ntacca”, successivamente vittima di lupara bianca.
Abruzzese, invece, è ritenuto mandante, insieme a Francesco Bevilacqua, dell’azione di fuoco; Saverio Madio e Celestino Bevilacqua, si sarebbero occupati il primo del trasporto dei killers al luogo di partenza dell’azione, ed il secondo del loro recupero dal posto dove venne interrata l’auto utilizzata per l’agguato.
Con l’operazione di oggi la Dia ha aggiunto un ulteriore tassello per far luce ad un mosaico di omicidi verificatisi su Cosenza dal 1999 al 2004.
Le attività investigative condotte nel tempo hanno consentito di portare a termine varie fasi dell’operazione Terminator (1-2-3-4) (LEGGI) , con l’individuazione dei presunti responsabili di 12 episodi fra omicidi e tentati omicidi, fra i quali quello di Vittorio Marchio, nel novembre del 1999, e di Marcello Calvano ad agosto dello stesso anno (Operazione Terminator 2 del 2008); Antonio Sena, del maggio del 2000 e Francesco Bruni senjor, del luglio del 1999, (Operazione Terminator 3 – 2010).
GRATTERI, SBAGLIATO PENSARE CHE A COSENZA NON CI SIA
“C’è una criminalità che fa paura” a Cosenza per il procuratore capo della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, Nicola Gratteri che ha affermato che le attività della Dia si stanno concentrando “sulla provincia perché' in questo territorio c’è una criminalità organizzata mi ha un po' preoccupato”.
Per Gratteri si “continua ad avare nella testa - ha proseguito Gratteri - l'idea che a Cosenza e nel circondario di Cosenza non c’è la mafia”, ma per il procuratore “non è affatto così, per questo, con il collega della Procura distrettuale Camillo Falvo stiamo prestando molta attenzione a questo territorio”.
Grazie all’impostazione giuridica che ha portato Gallo come pm a Paola e Riello a Castrovillari, la Dda ha avviato indagini capaci di “rivisitare e rivedere anche il passato, e omicidi importanti ed eccellenti come quello Chiodo-Tucci, avvenuto 18 anni fa in pieno giorno, nel cuore di Cosenza, con armi da guerra”.
GRATTERI, DUPLICE OMICIDIO NON POTEVA RIMANE IMPUNITO
Gratteri ha poi proseguito affermando che l’omicidio in questione “non poteva restare impunito”, perché “si riverberano ancora oggi dando prestigio e fiato alle organizzazioni criminali”. Ha quindi parlato delle modalità che hanno portato all’arresto degli esecutori e ha ricostruito la storia. Quella delle “dichiarazioni di un collaboratore di giustizia”, i cui riscontri “non erano stati trovati per tanti motivi”, per Gratteri “magari non si era stati fortunati o non si era particolarmente accaniti”, ma questa volta qualcosa è cambiato. Perché Gratteri che si dice ostinato ha deciso di vederci chiaro.
All'incontro con i giornalisti è intervenuto il capo della Direzione investigativa antimafia di Catanzaro, Antonio Turi, che ha eseguito le ordinanze di custodia cautelare. Turi ha quindi ricostruito la dinamiche dell'agguato del 9 novembre 2000 e il contesto 'ndranghetistico nel quale è maturato. Si parla dunque di una Cosenza che “vedeva protagonista la confederazione dei clan Rua'-Lanzino e Perna-Cicero, clan autonomi che si erano alleati per spartirsi la droga e gli appalti dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria. A questa confederazione si salda il clan degli zingari, ai quali sono concesse furti e rapine”.
Poi qualcosa va male, perchè Benito Chiodo, reggente dei Lanzino-Cicero, decide di non rispettarlo “anche per altre vicende personali, perché' uno degli odierni arrestati aveva avviato una relazione con la moglie del fratello di Chiodo”.
Importante è stato il ruolo dei collaboratori di giustizia nell'inchiesta e in particolar modo “Francesco Bevilacqua, all'epoca dei fatti capo degli "zingari", già condannato in via definitiva per aver partecipato il duplice omicidio. Bevilacqua ha fornito alcuni spunti soprattutto sull'esecuzione mortale di Chiodo e Tucci, fatta nel cuore di Cosenza, nella centrale via Popilia, e fatta sparando all'impazzata con armi da guerra nell'intento di evitare che persone potessero affacciarsi e vedere chi fossero i killer. Successive dichiarazioni di altri pentiti - ha concluso il comandante della Dia - hanno permesso di acquisire ulteriori elementi di prova”.
(ultimo aggiornamento 13:39)