La ‘ndrangheta all’ombra delle Alpi, scoperta la “locale” di Aosta: tra droga e politica “amica”
Nessuna regione pare proprio essere immune al virus della ‘ndrangheta. Anche la verde Valle d’Aosta, splendida e lussureggiante e che anch’essa, suo malgrado, ha dovuto scoprire di dover fare i conti con la criminalità organizzata calabrese: pervasiva, invasiva, soprattutto in aree prospere.
Una vera e propria locale di ’ndrangheta dunque, quella insediatasi ad Aosta appunto e facente capo alla cosca reggina dei Nirta-Scalzone di San Luca, che oltre a continuare nei suoi lucrosi traffici di droga tra Spagna e Italia non disdegnava certo di far sentire il suo alito infiltrandosi nel tessuto economico, imprenditoriale e politico regionale.
A questa conclusione sono giunti stamani i carabinieri del capoluogo valdostano e del Ros, che hanno fatto scattare l’operazione “Geenna” (LEGGI).
Su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Torino ben 16 le persone indagate e accusate a vario titolo di una sfilza di reati: associazione mafiosa, concorso esterno, tentato scambio elettorale politico-mafioso, estorsione tentata e consumata, traffico di stupefacenti, detenzione e ricettazione di armi e favoreggiamento personale.
I provvedimenti arrivano al termine di un’indagine partita quattro anni fa, nel 2014, condotta dal Nucleo Investigativo di Aosta e dal Ros e che aveva come soggetti di interesse diversi presunti esponenti della ‘ndrangheta calabrese presenti nel capoluogo Valdostano. Da qui si è arrivati alla conclusione che nella città alle pendici delle Alpi esistesse appunto una vera propria “locale”.
L’INFILTRAZIONE NEL TESSUTO POLITICO
In questa “appendice” della mafia calabrese, emergono così i ruoli di alcuni degli indagati di oggi: Marco Fabrizio Di Donato, ritenuto il capo locale, e Bruno Nirta e Antonio Raso, considerati invece come i relativi promotori ed organizzatori.
Gli investigatori, poi, contestano a tre persone - coinvolte nell’inchiesta - il concorso esterno in associazione mafiosa. Si tratta in questo caso di due amministratori attualmente in carica come consigliere regionale e all’epoca dei fatti consigliere comunale ad Aosta e consigliere comunale e assessore a Saint Pierre; oltre che di un noto avvocato del foro di Torino.
Insomma, la ‘ndrangheta sarebbe stata capace - tramite questi amministratori - di interferire così nella politica locale, tanto da sostenere candidature, far eleggere al Consiglio comunale di Aosta uno dei presunti associati, supportarne l’azione politica e ricevere ovviamente dei vantaggi dagli stessi proprio in virtù dei ruoli ricoperti.
Un chiaro tentativo di scambio elettorale politico-mafioso viene contestato difatti a Antonio Raso nei confronti di un referente regionale di partito.
Diverse condotte, chiaramente che esulerebbero dall’attività professionale di difensore, vengono invece contestate all’avvocato Carlo Maria Romeo sia a vantaggio di un esponente della locale di Aosta, ritenuto un concorrente esterno, sia a vantaggio proprio che di altri: come il favoreggiamento personale, il concorso in estorsione e in falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale.
La 'ndrangheta sarebbe dunque riuscita a infiltrarsi nella politica locale, come provato dalla partecipazione al sodalizio, nelle vesti di concorrenti esterni, di amministratori attualmente in carica: il consigliere regionale della Regione Valle d'Aosta Marco Sorbara (all'epoca dei fatti consigliere comunale del comune di Aosta ) e Monica Carcea, consigliere comunale nonché assessore al Bilancio di Saint Pierre.
Avrebbe partecipato, invece, in modo diretto all'associazione il consigliere comunale di Aosta Nicola Prettico, eletto con l'appoggio del gruppo criminale.
L'inchiesta ha coinvolto - come dicevamo - un noto avvocato del foro di Torino, Carlo Maria Romeo, presente in molti dei processi contro la 'ndrangheta tenutisi a Torino negli anni passati.
L'organizzazione avrebbe, inoltre, tentato un approccio, nella tornata elettorale del 2015, con l'attuale sindaco Fulvio Centoz, che ha rifiutato l'appoggio.
IL NARCOTRAFFICO TRA SPAGNA E ITALIA
Quanto al settore del “narcotraffico”, poi, le indagini di oggi avrebbero consentito di scoprire l’esistenza di un’associazione a delinquere finalizzata al traffico, anche internazionale, di stupefacenti (in particolare la cocaina) e che vedrebbe al vertice i fratelli Bruno e Giuseppe Nirta (quest’ultimo deceduto), che a loro volta si sarebbe avvalsi di numerosi contatti internazionali.
Si è anche arrivati all’arresto di uno dei custodi della droga: Ludovico Lucarini, che è stato trovato con 1,2 kg di cocaina oltre che con due pistole e diverse munizioni.
Nel “settore” della droga si ipotizza anche un coinvolgimento dell’avvocato Romeo, in particolare per la cessione di mezzo chilo di cocaina, e si è scoperta l’esistenza di rapporti - certificati attraverso dei servizi di osservazione in Spagna - tra i fratelli Nirta ed importanti esponenti di altre cosche, come Giuseppe Romeo e il già latitante Vincenzo Macrì.
Inoltre, i Carabinieri hanno supportato la Guardia Civìl iberica nell’identificazione di uno degli autori materiali dell’omicidio di Giuseppe Nirta, avvenuto, in Spagna nell’estate del 2017 (LEGGI).