Luciano Violante a Rende per il Master sull’intelligence

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“C’è bisogno di soft intelligence per affrontare i nuovi problemi della sicurezza determinati dal cambiamento d’epoca”.

È questa la sintesi della lezione tenuta al Master in Intelligence dell’Universita di Rende da Luciano Violante, Presidente della Camera dei Deputati dal 1996 al 2001 e Presidente della Fondazione Italia Decide e della Fondazione Leonardo.

Salutato dal Magnifico Rettore Gino Mirocle Crisci (“gli studi sull’Intelligence fanno uscire l’università dal limbo autoreferenziale”) e dal Direttore del Master Mario Caligiuri (“il nostro percorso rappresenta da anni un significativo punto di incontro di studiosi e rappresentanti delle istituzioni”), Violante ha avviato la sua lezione sostenendo che “stiamo vivendo non in un’epoca di cambiamenti ma nel cambiamento di un’epoca dove un complesso di fattori si intreccia, dalle grandi migrazioni all’intelligenza artificiale”.

Ha poi proseguito dicendo che “le tecnologie manipolano l’opinione pubblica e quindi anche le politiche per la sicurezza, per cui diventa fondamentale comprendere la natura attuale dei conflitti, caratterizzati dalla guerra asimmetrica e dall’attacco ai sistemi informatici”. Ha poi ribadito il concetto di guerra asimmetrica facendo riferimento, in particolare, alla cultura cinese, con il pensiero dell’antichità espresso da Sun-Tzu, per il quale il massimo successo è vincere senza combattere, e quello della contemporaneità, elaborato dai generali Qiao Liang e Wang Xiangsui nel libro “Guerra senza limiti”, dove si prevede che i nuovi conflitti investiranno tutti i campi.

In tale quadro, la manipolazione delle notizie è diventato un settore privilegiato degli scontri tra le nazioni. Nella seconda parte della lezione, Violante ha ricostruito la nascita delle leggi sui Servizi, prima delle quali il responsabile politico era un esponente militare individuato dalla Nato. Ha ricordato come la legge del 1977 sia stata la conseguenza di una pronuncia della Corte Costituzionale sul segreto di Stato.

Ha poi illustrato i contenuti della riforma della normativa sull’Intelligence del 2007, mettendo particolarmente in evidenza il ruolo centrale del Presidente del Consiglio; la funzione di indirizzo politico del Comitato Interministeriale sulla Sicurezza della Repubblica, che individua il fabbisogno informativo; e la funzione del Comitato Parlamentare di Controllo, che è composto pariteticamente tra maggioranza e opposizione, con la presidenza affidata a quest’ultima.

Sul segreto di Stato ha evidenziato come molte notizie sull’Italia, possiamo rintracciarle negli atti desecretati dalle intelligence di altre Nazioni, come dimostrano le inchieste di Giovanni Fasanella e di altri giornalisti. Si è poi soffermato sui rapporti dell’intelligence con la magistratura rilevando che questi possono incidere nelle collaborazioni con i Servizi degli altri Paesi. Ha poi ricordato il ruolo decisivo per la sicurezza nazionale del Nucleo di Sicurezza Cibernetica, che valorizza l’enorme capacità di intervento maturata dalle nostre Forze di Polizia, che rappresentano un punto di forza del Paese.

Violante ha poi sviluppato il concetto di soft intelligence, necessaria per fronteggiare le metamorfosi sociali e il cambiamento dell’ordine mondiale, contrapponendolo alla hard intelligence, espressione delle necessità informative tradizionali del Novecento.

“Cambiando epoca - ha detto - occorre radicalmente mutare gli strumenti della sicurezza, per cui la soft intelligence è una tecnica che implica il rapporto non con le persone ma con le tecnologie”. Ha poi risposto alle numerose domande degli studenti: sulla politica della Russia (“probabilmente cerca di influenzare le elezioni degli altri Paesi, come potrebbe verificarsi anche il contrario”), sul superamento del Parlamento (“non è solo il luogo della decisione ma anche della rappresentanza e della mediazione del conflitto dove si riconoscono le ragioni degli altri. Il Parlamento trae un ordine dal disordine, come nella teoria del caos”), sulla giustizia (“siamo di fronte ad algoritmi che prevedono la reiterabilità dei reati, in un contesto in cui l’accesso alla giustizia negli altri Paesi è molto più costoso che in Italia”), sui principi dell’intelligenza artificiale (“sono intesi molto diversamente tra Oriente e Occidente: nel caso di un incidente, una macchina a guida automatica nel primo caso tende a salvare un anziano e nel secondo un bambino”).

Il discorso si è poi orientato sulle scelte etiche dei robot (“in alcuni paesi si discute se, nei conflitti del futuro, perdere costosissimi robot che incidono sul bilancio dello Stato oppure sacrificare vite umane”), sulle politiche dell’Unione Europea (“sarebbe utile la costituzione di un’Authority sull’Intelligenza artificiale”), sulla fiducia nella democrazia (“oggi solo il 40 per cento della popolazione mondiale è governato con sistemi democratici, che negli ultimi dieci anni sono diminuiti e la tendenza è destinata ulteriormente ad accentuarsi”), sui motivi della debolezza della democrazia (“è la crisi della ragione, accentuata dopo la caduta del muro di Berlino: durante la guerra fredda i due sistemi che si contrapponevano cercavano di dare il meglio di sé per dimostrare che uno era meglio dell’altro”), sulle conseguenze della globalizzazione (“non era finita la storia ma ne cominciava un’altra”), sulle elezioni americane (“Trump parlava all’America vera e profonda; la Clinton invece a neri, immigrati e gay: il primo si rivolgeva alla maggioranza, la seconda alle minoranze”), sul sovranismo (“non è altro che il ritorno del nazionalismo, dove i diritti dei singoli paesi prevalgono su quelli della comunità internazionale”).

Violante ha quindi concluso la lezione facendo riferimento al suo ultimo libro “Democrazie senza memoria”, ribadendo che la ragione ha peccato di presunzione e anche se le democrazie hanno perso fascino si tratta di un modello che va necessariamente reinventato.