‘Ndrangheta nel comasco: tutti condannati. Inflitto oltre un secolo di carcere

Reggio Calabria Cronaca

Oltre un secolo di carcere. È quanto ha sentenziato il Tribunale di Como nei confronti di nove imputati nel processo sulla ‘ndrangheta a Cantù, comune della provincia lombarda.

Accolte dunque le richieste del pm Sara Ombra ed inflitta la condanna più dura a Giuseppe Morabito, nipote del boss omonimo dettoU Tiradrittu’: 18 anni.

Poco meno per Domenico Staiti (16 anni e 6 mesi) e Rocco Depretis (16 anni e 4 mesi). Inferiori ai dieci anni le altre pene per Antonio Manno, Valerio Torzillo, Emanuele Zuccarello, Jacopo Duzioni, Andrea Scordo, Luca Di Bella.

Per Morabito, Staiti e Depretis, inoltre, è stata disposta la libertà vigilata per tre anni al termine della detenzione in carcere.

LE INDAGINI

L’attività investigativa venne avviata dai carabinieri di Cantù sempre nell’ottobre del 2015 a seguito di una serie di episodi violenti, tra cui sparatorie, pestaggi e una gambizzazione, che trasformarono la piazza centrale della cittadina di Cantù nel teatro di un piccolo romanzo criminale.

GLI AVVENIMENTI

In particolare, si partì da un episodio risalente al 4 ottobre di quell’anno, quando la discoteca ‘Spazio’ venne devastata da un gruppo di calabresi legati alla famiglia Morabito di Africo.

L’unico a opporsi alla furia fu il 23enne Ludovico Muscatello, nipote di Salvatore Muscatello, anziano boss ritenuto il capolocale di Mariano Comense. Il giovane riuscì a tenere testa al gruppo, poi allontanato e ferito da uno dei rivali.

Il 10 ottobre successivo arrivò la replica: Muscatello venne ferito con sei colpi di pistola mentre era davanti a una panetteria assieme ad alcuni dipendenti della discoteca.

Gli investigatori attribuirono la gambizzazione agli uomini dei Morabito, che in questo modo avrebbero guadagnato terreno sulla “locale” di Mariano Comense.

Una volta uscito dall’ospedale Muscatello si trasferì nel Milanese, lasciando campo libero a Morabito e soci che divennero i ‘signori’ della piazza.