Scomparsa di Maria Chindamo, prima svolta nelle indagini: un arresto
Una prima svolta arriverebbe stamani nelle indagini sulla scomparsa di Maria Chindamo, l’imprenditrice di Laureana di Borrello sparita nel nulla dal 6 maggio del 2016 (LEGGI).
Il Gip del Tribunale di Vibo, su richiesta della Procura locale, che ha coordinato le indagini condotte sul campo dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale, della Compagnia di Tropea e del Ros, ha emesso infatti un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di una persona, già nota alle forze dell’ordine, e ritenuta responsabile di concorso nell’omicidio della donna.
Si tratta in particolare di un 53enne di Limbadi, Salvatore Ascone, meglio noto come “U Pinnularu” o “U Capraru”, considerato ai vertici della cosca dei Giampà di Lamezia Terme e vicino ai Mancuso di Limbadi.
Insieme a lui risulta indagato a piede libero un operaio romeno. La tesi dell'Accuasa è che con l'aiuto dello straniero, suo dipendente, abbia manomesso il sistema di videosorveglianza la notte prima alla scomparsa della vittima, favorendo così gli esecutori materiali dell’omicidio.
Latitante dal 2013, e proprietario di una villetta che si trova proprio di fronte la tenuta agricola da dove è stata prelevata la Chindamo, l’uomo venne arrestato nel febbraio dell’anno successivo nell’ambito dell’operazione “Perseo” in cui gli inquirenti gli contestarono di aver rifornito di droga, e per anni, sia il clan Giampà che quello dei Cappello (LEGGI).
Assolto in primo grado, è stato condannato in Appello (nel 2016) a 5 anni e 4 mesi di reclusione per reati in materia di armi e stupefacenti (LEGGI), condannata poi annullata con rinvio dalla Cassazione.
DALLA SPARIZIONE ALLA LETTERA ANONIMA
Della Chindamo, come dicevamo, non si hanno più notizie da oltre due anni: dopo la scomparsa ne venne ritrovata l’auto, un fuoristrada, in località Montalto di Nicotera. All’interno gli investigatori repertarono delle evidenti tracce di sangue.
A squarciare il silenzio e a riaccendere i riflettori sulla scomparsa della donna, nel marzo scorso, una lettera anonima recapitata al legale della famiglia, l’avvocato Nicodemo Gentile, e alla Procura di Vibo, contenente delle indicazioni dettagliate sul caso, dal movente fino al punto esatto dove si sarebbe trovato il corpo della Chindamo, una zona tra le province di Vibo e di Reggio Calabria, non distante dal posto in cui sarebbe stata prelevata con la forza e portata via.
Del caso se ne era occupato anche una nota trasmissione televisiva di Rete 4, “Quarto Grado”, durante la quale proprio il fratello di Maria, Vincenzo Chindamo, e l’avvocato Gentile, avevano parlato della lettera, ritenuta dai familiari riconducibile a delle persone che avrebbero conosciuto le abitudini della scomparsa e che avrebbero saputo come la stessa, quella mattina, avrebbe dovuto recarsi in contrada “Montalto” (LEGGI).
Per il fratello della Chindamo, dunque, la sparizione potrebbe essere stata una “vendetta” e la lettera ne alimenterebbe questo sospetto. La stessa missiva è stata poi resa pubblica a giugno scorso da un’altra trasmissione, questa volta della Rai, “Chi l’ha visto” (LEGGI)