Usura. Minacce anche dopo l’arresto: quattro indagati a Isola Capo Rizzuto
I Carabinieri della Compagnia di Sellia Marina hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare - emessa dal Gip di Catanzaro su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia - nei confronti di quattro persone di Isola di Capo Rizzuto, ritenute responsabili dei reati di usura ed estorsione aggravati dal metodo mafioso e commessi ai danni di un commerciante di Cropani (nel catanzarese), e di intralcio alla giustizia aggravato dal tentativo di agevolare una cosca ‘ndranghetista.
Il provvedimento arriva dopo le indagini condotte dal Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Sellia Marina e dai loro colleghi della Stazione di Cropani, indagini dirette personalmente dal Procuratore Nicola Gratteri oltre che da Sostituti Paolo Sirleo e Domenico Guarascio.
Le investigazioni sono partite dopo la denuncia, presentata nel novembre 2019, dalla vittima, titolare di un esercizio commerciale. I militari hanno così avviato delle indagini tecniche ma anche dei servizi di osservazione e di analisi documentali che già a maggio scorso hanno portato alla emissione di una prima ordinanza di custodia cautelare nei confronti di tre persone (QUI).
Gli elementi acquisiti hanno accertato le difficoltà economiche e lo stato di bisogno della vittima, dovuto alla necessità di sostenere varie spese, anche per cure mediche di suoi familiari.
Una condizione che, nel 2010, l’aveva portata tra le braccia dei presunti usurai che gli avrebbero concesso un prestito di 4 mila euro.
Un “aiuto” che si è però rivelato un “calvario” per lo stesso commerciante, che per quella somma ottenuta avrebbe dovuto restituirne cinque volte tanto, ovvero 20mila euro, in pratica con tassi di interesse di circa il 100% annuo e senza contare le costanti minacce, anche con una pistola, a cui sarebbe stato sottoposto.
Nel corso delle le perquisizioni eseguite il 6 maggio scorso, i Carabinieri avevano ritrovato nelle abitazioni degli indagati dei manoscritti considerati “rilevanti” dato che riportavano formule di giuramento e riti di affiliazione alla ‘ndrangheta, un santino di San Michele Arcangelo strappato nel lato superiore e un altro manoscritto relativo al “codice del picciotto”.
Tutti elementi questi che avrebbero validato ulteriormente la presunta caratura criminale e la matrice ‘ndranghetista degli interessati.
All’indomani di quell’operazione, poi, si sarebbe registrato quello che gli inquirenti definiscono come “un allarmante segnale” proveniente dalla stessa famiglia, che tramite un suo parente avrebbe veicolato una serie di messaggi e minacce sempre nei confronti del commerciante e dei suoi congiunti, si presume nel tentativo di costringerlo a ritrattare quanto denunciato.
Le evidenze investigative avrebbero così consentito di ricostruire l’aggravante dell’avvalimento del metodo mafioso e dell’aver agevolato la cosca dei Pullano di Isola di Capo Rizzuto da parte dei quattro oggi raggiunti dalla misura custodiale.
Con il provvedimento è stata disposta quindi la misura cautelare inframuraria per Vittorio e Tommaso Raso, di 36 e 22 anni, la conferma del carcere per Luigi Raso, 61enne già detenuto per altra causa, e i domiciliari per Antonio Fazio, di 54 anni.