Morte sospetta dell’ex patron del Catanzaro, nove indagati dalla procura di Reggio
Ci sono nove indagati, tra medici e sanitari, finiti nell’inchiesta della Procura di Reggio Calabria per la morte dell’ex patron del Catanzaro Calcio Giuseppe Cosentino, avvenuta il 13 luglio scorso per cause ancora tutte da chiarire.
Gli indagati sono Antonio Trimarchi, 62 anni di Sinopoli; Maurizio Tescione, 69 anni, Reggio Calabria; Ugo Lacamera, 42 anni, di Reggio Calabria; Danilo Tornabene, 33 anni, di Reggio; Fabio Napoli, 29 anni di Polistena; Francesco Adamo, 69 anni, di Reggio; Tiziana Corsaro, 39 anni, di Reggio; Luca Messina 43 anni, di Reggio e Martina Foti, 30 anni, di Reggio.
Il sostituto procuratore della Repubblica Nunzio De Salvo, titolare del fascicolo, ha conferito l’incarico per l’esame autoptico al professore Giulio Di Mizio e al dottore Sebastiano Vaccarisi, che avranno il compito di accertare le cause della morte di Cosentino e capire se sussistono eventuali colpe di tipo medico-sanitario per i camici bianchi che lo hanno avuto in cura o se il decesso si sarebbe verificato a prescindere da una responsabilità professionale.
L’autopsia è stata eseguita al Policlinico universitario di Germaneto e il relativo esito dovrà essere depositato in Procura entro novanta giorni.
L’imprenditore di Cinquefrondi e proprietario della Gicos, attività di import ed export che è stata anche sponsor tecnico della Reggina quando la squadra militava in Serie A, è morto per delle complicazioni emerse a seguito di un intervento chirurgico di routine effettuato in una clinica privata di Villa San Giovanni.
Dopo l’operazione, Cosentino ha accusato un forte dolore di stomaco e nell’arco di poco tempo le sue condizioni si sono aggravate, a tal punto che si è reso necessario il trasferimento immediato nell’ospedale di Polistena, dove è stato ricoverato d’urgenza nel reparto di Rianimazione.
Da qui un elicottero lo ha poi trasportato al nosocomio di Germaneto, a Catanzaro, ma per Cosentino non c’è stato nulla da fare, le sue condizioni sono apparse da subito disperate.
Sono stati i familiari con la loro denuncia a fare scattare l’inchiesta della Procura che ha portato all’iscrizione di nove indagati. Un atto dovuto per consentire agli stessi l’esercizio del diritto di difesa.