Accusato di aver favorito la latitanza di Giovanni Sposato, scarcerato infermiere
Il Tribunale della Libertà di Reggio Calabria (Antonino Genovese, presidente, e Claudia Venturini e Angela Mannella, a latere), in accoglimento del riesame proposto dagli avvocati Antonino Napoli e Tiziana Desantis, ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di Giuseppe Rao e ne ha disposto la sua immediata scarcerazione.
Con l’ordinanza genetica il Giudice per le Indagini Preliminari aveva disposto l’applicazione della misura cautelare nei confronti di Rao, per la ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di favoreggiamento dell’allora latitante Giovanni Sposato, reato aggravato dall’agevolazione mafiosa, ascrittogli in concorso con Antonino Fucile, Giovanni Sposato di 30 anni e Giovanni Sposato di 29.
In particolare, la Dda reggina ha contestato a tutti di avere favorito la latitanza del 52enne Giovanni Sposato, consentendogli di eludere le investigazioni e di sottrarsi alle ricerche dell’Autorità volte a dare esecuzione alla misura custodiale disposta, nei suoi confronti, nel procedimento Terramara Closed (QUI).
Agli indagati la Procura Distrettuale ha, anche, addebitato l’aggravante dell’agevolazione mafiosa ritenendoli non partecipi del sodalizio associativo “ma consapevoli della caratura criminale del ricercato”, dei suoi pregressi giudiziari per mafia, del ruolo da lui ricoperto nell’ambito della cosca Zagari-Sposato-Fazzalari, e della circostanza che egli si stesse sottraendo ad un provvedimento emesso dal Gip del capoluogo.
In merito alle condotte attribuite a Giuseppe Rao, infermiere presso il reparto di cardiologia dell’Ospedale di Polistena, gli inquirenti hanno ritenuto che lo stesso, rimanendo in constante contatto con Antonino Fucile (colui che secondo la tesi accusatoria aveva gestito, in prima persona, la latitanza dello Sposato, mettendogli persino a disposizione un immobile di sua proprietà sito in Contrada San Nicola Latinis di Taurianova), avrebbe garantito al ricercato, in ogni momento – anche quando non era in servizio presso il nosocomio – consulti sanitari, cure non doverose né urgenti.
Ma anche di aver organizzato dall’esterno visite mediche per il ricercato e, durante il suo ricovero, di essersi attivato affinché lo stesso, attinto dalla misura cautelare e sottoposto a controllo e piantonamento, ricevesse tutte le cure necessarie, impegnandosi, anche a veicolare le informazioni destinate ai sodali; “ciò al fine di garantire allo Sposato il mantenimento della sua capacità gestionale pur nella precaria situazione di malattia e latitanza in cui si trovava”.
In particolare il Pubblico Ministero ed il Gip avevano ritenuto che anche nel periodo precedente al 7 giugno 2018, Rao avesse collaborato con Fucile per garantire l’irreperibilità di Sposato e che nel progetto originario, poi fallito, il 7 giugno 2018, Sposato, grazie all’ausilio prestato dall’infermiere nella Cardiologia dell’Ospedale di Polistena, (che nel periodo precedente si ritiene si fosse posto a sua disposizione in relazione a qualsivoglia esigenza sanitaria), avrebbe solo deciso di farsi controllare da un sanitario, ricevere le necessarie cure e poi tornare nel covo dove si nascondeva, per sottrarsi all’esecuzione del provvedimento restrittivo da cui era stato raggiunto.
La difesa dopo aver argomentato in ordine ai rapporti tra Fucile e Rao, evidenziando che tra gli stessi vi erano mere relazioni lavorative, ed al fatto che Gianni Sposato il 7 giugno 2018 aveva assunto la decisione di costituirsi proprio in occasione del suo accesso al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Polistena ha, anche, dove disattese le prime argomentazioni, dimostrato che il primo contatto, quel 7 giugno, tra Rao e un collega dello stesso presidio ospedaliero sia avvenuto alle 18:37, ovvero quando ormai Sposato era stato tratto in arresto dal personale del Commissariato di Polizia di Cittanova (QUI)
Inoltre non si ravviserebbe alcun reato di favoreggiamento neppure riguardo l’eventuale l’interessamento dimostrato da Rao – su sollecitazione di Antonino Fucile – nei giorni 8 e 9 giugno dello stesso anno, in ordine allo stato di salute dell’ormai ex latitante né tantomeno vi è la prova che l’infermiere fosse stato latore di alcun messaggio tra Sposato e gli altri sodali poiché non lo avrebbe mai incontrato in ospedale.
Il Tribunale del Riesame, accogliendo le argomentazioni dei difensori e dissentendo da quelle del Pm Giulia Pantano, ha dunque annullato l’ordinanza impugnata rimettendo in libertà l’infermiere.