‘Ndrangheta, confermata in Appello condanna a 20 anni per Giovanni De Stefano
Dopo 13 ore di camera di consiglio, i giudici della Corte d’Appello di Reggio Calabria hanno confermato la sentenza di primo grado nel processo “Il Principe”.
Il boss Giovanni De Stefano è stato così condannato a 20 anni e 4 mesi di carcere per associazione mafiosa, intestazione fittizia ed estorsione. Per quest’ultimo reato, il boss di Archi era stato assolto in primo grado ma i giudici d’appello hanno accolto il ricorso della Dda e lo hanno giudicato colpevole anche per la mazzetta di 200 mila euro pagata dalla ditta che ha ristrutturato il Museo nazionale di Reggio Calabria dove sono custoditi i Bronzi di Riace.
I giudici di secondo grado hanno condannato anche Vincenzino Zappia e Demetrio Sonsogno, detto “Mico Tatoo”, rispettivamente a 10 anni e 8 mesi e 12 anni di reclusione. Confermata, inoltre, la condanna di Fabio Arecchi a 2 anni e 8 mesi di carcere. Come è avvenuto in primo grado, infine, sono stati assolti gli altri due imputati, Vincenzo Morabito e Arturo Assumma.
Il processo, scaturito dall’inchiesta denominata “Il principe” (dal soprannome di De Stefano) della Dda guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri, su richiesta del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo e dei pm della Dda Stefano Musolino e Rosario Ferracane, ruota intorno alle dichiarazioni del pentito Enrico De Rosa e alle intercettazioni telefoniche e ambientali che hanno consentito ai carabinieri e alla squadra mobile a chiudere il cerchio sull’estorsione che la cosca di Archi ha imposto alla Cobar, la società che aveva vinto l’appalto per i lavori al Museo Nazionale.