Caso vaccini a Cetraro, il dirigente: “Dimostrerò di non meritare questa macchina del fango”
Un post lungo, lunghissimo quello di Vincenzo Cesareo, il direttore sanitario dello Spoke Ospedaliero di Cetraro-Paola, indagato dalla Procura della Repubblica di Paola con l’accusa di avere somministrato indebitamente il vaccino anti Covid a suoi amici oltre che di altri presunti episodi di abuso d’ufficio (QUI).
Il dirigente ha infatti deciso di affidare le proprie “rimostranze” su Faacebook scrivendo un messaggio in cui spiega di non voler “dare giustificazioni, ma solo salvaguardare” la propria “dignità professionale che, al momento, mi interessa ancor di più di quella personale”.
Anche se scrive di aver ricevuto sostegno: “molti amici - sostiene nel post - mi stanno manifestando la propria solidarietà in questo momento e li ringrazio di cuore. Nella vita si cade, ma importante è rialzarsi… ed io mi rialzerò, dimostrando che non merito tutto questo fango”.
Cesareo si si riferisce ad una asserita “campagna mediatica di fango” sulla sua persona, proseguendo poi affermando che questa vada avanti “a ritmo serrato ed è in iniziata, guarda un po’, ancor prima che bussassero alla mia porta i NAS ieri mattina intorno alle 7:10 per le perquisizioni ed i sequestri ordinati dal giudice (telefono cellulare, una scatola semi vuota di cardioaspirina ed una scatola di anti diarroico con poche compresse dentro) va a tirare in ballo direttamente le ipotesi di reato che gli vengono contestate”.
Il dirigente tenta ancora di spiegare che tra le accuse rivoltegli “ci sarebbe il fatto che avrei fatto fare il tampone molecolare a parenti ed amici come risulta da una intercettazione nella quale avrei detto ‘tampono anche i gatti”.
Il medico non ci sta e chiarisce la frase: “significava, semplicemente, che il tampone andava fatto a tutti per poter garantire la tracciabilità e contenere il virus. Comunque nella vaga ipotesi di accusa non si evince quali sarebbero questi parenti ed amici, e che avrei fatto tamponare una intera squadra di calcio di Fuscaldo dove si erano verificate delle positività, per cui era necessario procedere ai tamponi anche di parenti ed amici dei calciatori e dei dirigenti da parte del dipartimento di prevenzione dell’ASP di Cosenza”.
Per Cesareo, poi, il fatto di “non aver eseguito i tamponi di massa ci ha portato allo stato di oggi” proseguendo il suo post cercando di spiegare che tra le contestazioni c’è anche quella di aver fatto “vaccinare parenti, tra i quali la madre, ed amici.
“Intanto - sbotta il direttore sanitario - mia madre non è stata vaccinata, per cui è chiaramente un falso, vero è che ne ho vaccinati due extra, che si trovavano nell’ospedale dove erano rimaste delle siringhe pronte per vaccino che se non le avessi utilizzate sarebbero andate buttate”.
E afferma ancora: “sarei colpevole di non aver buttato i vaccini. A tale proposito è fresca la notizia di indagini nel Nord del Paese per lo spreco dei vaccini non utilizzati”.
Poi l’attacco alla giustizia, affermando che in Italia “c'è mai stata univocità di interventi della magistratura? E dove era il cosiddetto piano delle vaccinazioni del Commissario della salute della Calabria che è stato pubblicato solo ieri?”, si chiede il medico.
Poi un riferimento alla situazione sanitaria e all’organizzazione del piano: “dalle cosiddette intercettazioni ambientali - scrive ancora Cesareo - risulterebbe che non avrei partecipato a riunioni per l'attivazione del reparto Covid-19. Ricordo a tali signori che il primo paziente covid positivo è stato trattato proprio a Cetraro e che il 1 reparto covid è stato attivato proprio a Cetraro e guarda caso da me contro tutti e tutto e grazie alla determinazione di Zuccatelli commissario dell'ASP di Cosenza e che con grande determinazione mi sono battuto perché lo stesso reparto non venisse chiuso nel giugno scorso, ma ho perso la battaglia”.
Prosegue sostenendo che “la ripresa della pandemia ha richiesto la riapertura della Pneumologia covid dedicata, aumentando addirittura i posti letto che da 6 sono diventati 21, non è stato semplice, anzi molto travagliato, ma alla fine il 14 novembre ha accolto i primi pazienti covid che dovevano essere quelli a bassa carica virale ma che di fatto erano pazienti gravi”.
E rivendica la paternità del reparto, affermando di essere stato lui a farlo attivare il reparto. “Mi si contesta, tra l'altro, che non avrei partecipato ad una riunione per tale attivazione (riunioni ne ho fatte tantissime e quasi tutti i giorni come della prima fase pandemica, tanto che a casa ritornavo sempre tardi)” ribadisce Cesareo.
Si riserva quindi di “riprendere altre considerazioni. E non dubitate che le esporrò perché dovrà pure emergere, prima o poi, perché i fatti da me denunciati in modo circostanziato a riguardo delle gestioni della salute ancora giacciono chissà dove e che per questo motivo ho rappresentato i fatti alla Procura di Salerno”, conclude il medico.