Master intelligence, de Guttry: “regole ordinamento internazionale fondamentali”
Andrea de Guttry, Professore di Diritto Internazionale alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, ha tenuto una lezione sulle “Regole dell’Intelligence nell’Ordinamento Internazionale” durante il Master in Intelligence dell’Università diretto da Mario Caligiuri.
“E’ importante - ha esordito De Guttry - avere chiara la definizione di intelligence e spionaggio nell'ambito delle regole internazionali, conoscendo la differenza traspionaggio in tempo di pace e in tempo di guerra. Infatti nel caso di attività di spionaggio svolta in tempo di pace le regole sono piuttosto vaghe; mentre nel caso di attività di spionaggio svolta in tempo di guerra le regole sono ben disciplinate. Bisogna essere in grado di conoscere i limiti posti delle regole internazionali nelle attività di spionaggio in modo da poter comprendere le conseguenze cui va incontro uno Stato se decide di svolgere un'attività di questa natura”.
Il professore ha quindi proseguito sostenendo che “nelle Convenzioni Internazionali la disciplina di spionaggio in tempo di guerra può essere considerata come un processo che ottiene informazioni non disponibili, normalmente tramite fonti umane o mezzi tecnici. In questo quadro ci sono informazioni confidenziali e strategiche di tipo economico e militare che sono di grande interesse per gli Stati”.
“Le spie che svolgono attività di spionaggio all’interno di uno Stato - ha affermato - possono essere agenti de facto o de iure e possono essere sia operatori statali sia privati reclutati per l'occasione. Gli agenti segreti che svolgono attività di spionaggio all’interno di uno Stato una volta scoperti sono sottoposti al diritto del Codice Penale interno. Ma a questa norma vi è un’eccezione nel caso l’attività di spionaggio venga svolta da agenti che sono diplomatici accreditati, poiché godono dell'immunità assoluta. L’unica cosa che uno Stato può fare è dichiarare l’agente diplomatico persona non grata e pretendere che entro le 48 ore successive abbandoni il Paese. Nel caso in cui dopo tali dichiarazioni l’agente diplomatico non abbandoni il Paese, perde l’immunità diplomatica e viene considerato come un comune cittadino che viene assoggettato alle norme che puniscono chi svolge attività illecita”.
De Guttry ha poi ribadito che ogni agente segreto che operi all’estero deve aver ben compreso il concetto che in tempo di guerra le regole che disciplinano l’attività di spionaggio sono chiare, mentre in tempo di pace ci sono norme di contorno che non disciplinano in maniera adeguata questo aspetto. Lo spionaggio in tempo di pace è sempre più ricorrente nella società contemporanea segnata dalla globalizzazione. In definitiva de Guttry, ha ricordato che gli Stati non hanno nessun interesse a definire regole e convenzioni precise per quanto riguarda le attività di spionaggio. Questo rende ancora più complesso e fuori controllo questo mondo.
De Guttry si è poi soffermato sulle Fonti di diritto Internazionale, che sono i Trattati Internazionali che obbligano gli Stati con impegni reciproci e le norme di Diritto Internazionale Consuetudinario, ossia norme non scritte ma comunemente accettate. Per individuare le norme consuetudinarie da applicarsi ad un caso concreto è possibile, “fare riferimento alla giurisprudenza delle Corti Internazionali di Giustizia”. Mentre per interpretare le norme contenute nei Trattati Internazionali bisogna riferirsi alla Convenzione di Vienna del 1969 che disciplina l’applicazione dei Trattati.
Il professore ha poi affrontato il tema della sovranità esclusiva degli Stati. “Lo Stato - ha sostenuto - esercita una sovranità esclusiva e completa nell'ambito del proprio territorio, compreso lo spazio aereo e le acque territoriali, che nel caso dell’Italia si estendono per dodici miglia dalla costa. Pertanto, le competenze interne esclusive di uno Stato sono tutte quelle non regolate a livello internazionale”.
“Quando ci sono delle controversie tra Stati - ha concluso de Guttry - come è accaduto per i casi Regenied Abu Omar, bisogna cercare di risolverle prima a livello politico- diplomatico e solo successivamente, in caso di fallimento della via diplomatica, sottoporle e definirle sul piano giuridico.