Il clan Arena da Isola a Bergamo: ecco il “sistema” con cui imponeva il “cartello” sui trasporti
Un “sodalizio ‘ndranghetistico” che vede diversi soggetti accusati a vario titolo di estorsione, usura, detenzione illegale di armi da fuoco, riciclaggio ed autoriciclaggio di denaro e bancarotta fraudolenta.
È questo lo schema messo in luce dal Gip del Tribunale di Brescia e che questa notte ha portato all’arresto di 13 persone ritenute vicine alle cosche del crotonese, in Calabria (QUI).
Un’operazione - chiamata in codice e non a caso “Isola Orobica” - che segue un precedente blitz dello scorso febbraio, parallelo all'inchiesta “Golgota” (QUI).
Due mesi fa, in questo contesto, emerse infatti e per la prima volta una solida connessione tra alcuni soggetti originari della provincia bergamasca e di quella crotonese, che avrebbero messo in piedi un “sistema di estorsioni” nel campo del trasporto merci (QUI) e, in maniera più articolata, nelle false acquisizioni societarie, nei fallimenti fraudolenti, nella fornitura di prestiti a tassi usurai e nel reimpiego sistematico di capitali illeciti.
LE MINACCE ALLE DITTE CONCORRENTI
E l’operazione di oggi nasce proprio da un atto intimidatorio subito da una ditta di trasporti di mezzi pesanti. L’azienda avrebbe ricevuto la visita di un concorrente diretto, anch’esso operante nello stesso settore, accompagnato però da alcuni uomini ritenuti vicini al clan degli Arena di Isola di Capo Rizzuto.
Questi avrebbero minacciato l’autotrasportatore nel tentativo di imporgli un numero limitato di clienti, in modo da realizzare un vero e proprio “cartello”.
Partendo da qui le indagini avrebbero appurato il controllo degli uomini appartenenti alla cosca crotonese dell’intero settore e in tutto il territorio orobico.
Controllo che sarebbe avvenuto con la complicità di una ditta locale con cui si sarebbe così realizzato un complicato sistema di acquisizioni fittizie, riuscendo ad operare in maniera diretta e riciclare ingenti quantità di denaro di provenienza illecita. Il tutto sempre per agevolare la cosca calabrese.
I PRESTITI USURAI E LE MINACCE
Insediatisi saldamente sul territorio, gli uomini del clan avrebbero anche messo in piedi un giro di prestiti a tassi usurai. Ricostruito almeno un caso a danno di un imprenditore del posto che, dopo aver ottenuto il denaro, si sarebbe visto costretto a cedere la parte di una vendita d’immobili ma ad un prezzo totalmente fuori mercato.
Riscontrata anche la presenza di diverse armi da fuoco detenute illegalmente, utilizzate verosimilmente anche in attività intimidatorie.
È emerso poi un collegamento diretto con un danneggiamento avvenuto nel febbraio del 2014, quando decine di camion di una ditta di trasporti del posto vennero bruciati nottetempo.
Un gesto che si collocherebbe proprio nel tentativo di controllare il settore ed “imporsi” sul territorio, anche con la violenza.
L’AIUTO DI ALTRE COSCHE
Uno degli arrestati, poi, avrebbe acquistato quattro villette sul lungomare di Cutro, nel crotonese. A seguito di accertamenti sarebbe però emerso che gli immobili fossero stati acquistati con la disponibilità economica di un esponente di spicco della cosca locale dei Grande Aracri ed attualmente in carcere.
Secondo gli inquirenti si tratta di ingenti proventi illeciti messi a disposizione di un soggetto che si sarebbe occupato, oltre che dell’acquisto diretto, anche del mantenimento economico e materiale della famiglia del detenuto, sfruttando sempre i guadagni illegali riconducibili alla cosca.
Per questo motivo i due in questione sono stati arrestati per riciclaggio, autoriciclaggio ed intestazione fittizia di beni, e posti ai domiciliari.
L’operazione è stata condotta dai Carabinieri del Comando Provinciale di Bergamo che hanno dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Brescia su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia.