Operazione “Insula”: 13 arresti e 8 denunce cosca Arena di Isola, i nomi
Dalle prime luci dell’alba, i Finanzieri del Comando Provinciale di Crotone - con l’aiuto degli uomini del Nucleo di Polizia Tributaria di Cosenza e del Gruppo di Lamezia Terme, hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare nei confronti delle 13 persone, tra cui risulterebbero importanti esponenti della cosca “Arena” di Isola di Capo Rizzuto, nonché l’ex sindaco Carolina Girasole, oggi consigliere d’opposizione.
IL PROVVEDIMENTO, emesso dal GIP di Catanzaro Abigail Mellace, è stato disposto a conclusione di un’indagine avviata dalla Gdf di Crotone nel 2010, in un momento particolarmente delicato per gli assetti della criminalità organizzata isolitana. “Lo storico capo cosca, Nicola Arena - spiegano gli investigatori - dopo aver trascorso 14 anni in carcere con applicazione del regime detentivo speciale, viene rimesso in libertà e rientra ad Isola deciso a riprendere in mano le redini dell’organizzazione e a chiarire alcuni eventi accaduti durante il periodo trascorso in carcere, primo fra tutti la scomparsa per “lupara bianca” del proprio figlio Giuseppe”.
La cosca era stata attraversata da una forte tensione interna per colmare il vuoto di leadership conseguente all’arresto del “capo” ed in questo contesto “verosimilmente – affermano falla Gdf - poteva essere anche inquadrata la scomparsa di Giuseppe Arena”. La lotta per il primato nell’ambito dell’organizzazione era particolarmente aspra, anche perché gli interessi in gioco, soprattutto economici, erano molto rilevanti, come testimonierebbe, ad esempio, l’interesse della cosca nella realizzazione del parco eolico “Wind Farm Icr”.
L’operazione “Insula”, dunque, muovendo dalla verifica di un’ipotesi investigativa di riciclaggio, avrebbe fotografato proprio questo momento, portando alla luce elementi d’importante rilievo in relazione a vari illeciti. Tra questi, emergerebbe la contestazione della “corruzione elettorale” nei confronti dell’ex sindaco di Isola Capo Rizzuto, del marito e di Massimo e Pasquale Arena, due dei figli di Nicola.
GLI ELEMENTI INDIZIARI che sorreggono l’accusa derivano da più fonti - dichiarazioni, intercettazioni telefoniche e investigazioni - e “dimostrerebbero”, secondo gli inquirenti, “che in occasione delle consultazioni elettorali amministrative del 2008, la famiglia Arena avrebbe assicurato alla Girasole, su richiesta esplicita del marito di quest’ultima, l’appoggio elettorale rivelatosi determinante per l’elezione a sindaco”.
Da questo accordo, secondo quanto emerso nel corso dell’indagine, “la Girasole non avrebbe mai preso effettivamente le distanze”. Particolarmente significativo, al riguardo, sarebbe “l’atteggiamento mantenuto dal sindaco … con riferimento alla gestione dei terreni già oggetto di sequestro e confisca definitiva alla cosca”.
L’INDAGINE EVIDENZIEREBBE che questi terreni, dell’estensione di circa 78 ettari, malgrado i provvedimenti giudiziari già adottati sin dal 2005 (sequestro) e dal 2007 (confisca), sarebbero rimasti di fatto nella disponibilità degli Arena, che attraverso la Società Agricola San Giovanni snc, partecipata dai quattro figli di Nicola Arena, avrebbero continuato ad occuparli e coltivarli. Nell’ottobre del 2009, l’Agenzia del Demanio formulava la proposta, accolta dalla Prefettura di Crotone, di assegnazione dei terreni in questione al patrimonio indisponibile del Comune di Isola Capo Rizzuto, per essere destinati a finalità sociali. Veniva, quindi, avviato l’iter per la costituzione di una Associazione Temporanea di Scopo che avrebbe dovuto successivamente gestire i terreni e, il 9 novembre 2010, l’Agenzia Nazionale per i beni sequestrati provvedeva alla consegna dei terreni al Comune di Isola.
Il giorno successivo, l’Amministrazione Comunale avrebbe assegnati i terreni all’associazione “Libera Terra Crotone”, “senza però poter effettuarne la materiale consegna poiché – affermano dalla Dda - parte dei fondi risultava occupata da colture agrarie, nella fattispecie finocchi”. Proprio in questa fase, le risultanze investigative dimostrerebbero, secondo gli investigatori che “contrariamente a quanto in un primo tempo ipotizzato e, tra l’altro, espressamente richiesto dall’associazione “Libera Terra”, in luogo di procedere alla frangizollatura (distruzione delle colture in atto), il Comune di Isola si determinava, a seguito di atto d’indirizzo proposto dal Sindaco, ad adottare una delibera per l’espletamento di una gara finalizzata ad affidare a terzi privati il servizio di raccolta e commercializzazione dei prodotti coltivati sulle terre confiscate”.
“Questo repentino mutamento d’indirizzo - spiegano ancora gli inquirenti - in realtà, è risultato la soluzione più gradita agli Arena che, dapprima contrariati dal comportamento della Girasole (inizialmente ritenuto poco collaborativo), acquisivano la consapevolezza di una gestione della vicenda “addomesticata” ed interamente conforma alle loro aspettative”. La procedura di gara, per la quale era stato peraltro fissato un prezzo base d’asta irrisorio e molto distante dalle valutazioni di mercato, sarebbe risultata viziata dalla partecipazione di soli tre imprenditori, tutti vicini alla famiglia Arena, due dei quali avevano presentato offerte che la Dda definisce “manifestamente di facciata”. Sarebbero stati inoltre acquisiti altri riscontri che attesterebbero l’effettivo svolgimento da parte degli Arena del servizio di raccolta in luogo dell’impresa aggiudicataria ed il conseguente guadagno di cifre notevoli.
Da qui, appunto, la contestazione del delitto di corruzione elettorale aggravata (ai sensi dell’art. 7 della Legge nr. 203/1991) e della turbativa d’asta, contestato al boss Nicola Arena, al figlio Massimo ed ai titolari delle imprese partecipanti alla gara.
Accanto a questa importante vicenda, l’operazione “Insula” dimostrerebbe l’interesse della cosca nell’attività usuraria, concepita anche come forma di reimpiego dei capitali illeciti, fatto che sarebbe testimoniato dall’episodio di un imprenditore costretto a corrispondere interessi pari ad un tasso del 120% annuo, come corrispettivo di un prestito di 10 mila Euro. In questo caso, l’indagine avrebbe fatto emergere il grave stato di intimidazione e soggezione in cui versava la persona offesa, “risultata assolutamente prostrata psicologicamente – dicono gli investigatori - per effetto delle gravi minacce cui era sottoposta”.
L’organizzazione criminale, al cui vertice direzionale ed organizzativo Nicola Arena sarebbe rientrato dopo la lunga detenzione, “poteva avvalersi anche - afferma ancora la Dda - del compiacente appoggio di soggetti in grado di acquisire notizie segrete relative a delicate indagini in corso, tanto da fornire concretamente ai componenti del gruppo Arena un prezioso aiuto per eluderle”. Da qui l’accusa di favoreggiamento e rivelazione del segreto d’ufficio a carico di due persone, tra cui un assistente capo della Polizia di Stato.
Infine, l’attività d’indagine della Guardia di Finanza di Crotone avrebbe consentito di acquisire anche elementi investigativi per far luce sull’omicidio di Pasquale Nicoscia, assassinato nel dicembre del 2004 nel corso di una guerra di ‘ndrangheta, nonché sulla sorte di Giuseppe Arena (51 anni), vittima di lupara bianca, la cui scomparsa venne denunciata nel giugno 2008.
I PROVVEDIMENTI EMESSI | Sulla scorta degli elementi indiziari raccolti, sono stati eseguiti i seguenti provvedimenti: 8 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di Nicola Arena, Massimo Arena, Pasquale Arena, Francesco Ponissa, Salvatore Arena (Classe 1991), Luigi Tarasi, Carlo Capizzano e Vittorio Perri; 3 ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari nei confronti di Antonio Demeco, Carolina Girasole e Francesco Pugliese; 2 misure cautelari di obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria nei confronti di Antonio Guarino e Paolo Lentini. In concomitanza con l’esecuzione dei provvedimenti, sono state eseguite alcune perquisizioni nei confronti di altri soggetti indagati.