Operazione “Insula”: appalto per favorire la cosca Arena, la Girasole ancora ai domiciliari
La Guardia di Finanza di Crotone ha eseguito, nella mattinata, sei nuovi provvedimenti di custodia cautelare, disposti dal GIP di Catanzaro su richiesta Direzione Distrettuale Antimafia, nell’ambito dell’indagine, denominata “Insula”, che nel dicembre scorso portò all’arresto di esponenti di spicco della cosca Arena di Isola Capo Rizzuto ed ai domiciliari l’ex sindaco del comune, Carolina Girasole.
L’ordinanza di oggi nasce da altri approfondimenti investigativi effettuati, su disposizione della Dda di Catanzaro, dalle Fiamme Gialle successivamente agli arresti del 3 dicembre. Grazie agli elementi acquisiti ascoltando alcuni testimoni ed esaminando della nuova documentazione, si sarebbe compiuta una ricostruzione della vicenda riguardante l’aggiudicazione della gara pubblica per l’affidamento del servizio di raccolta dei finocchi coltivati su circa 39 ettari di terreno sequestrati e confiscati alla famiglia Arena di Isola.
Alla luce delle nuove indagini, la Procura Distrettuale ha approfondito ed integrato la precedente formulazione dei capi d’imputazione previsti nella prima ordinanza, richiedendo ed ottenendo un’ordinanza di applicazione della custodia cautelare agli arresti domiciliari nei confronti del presunto boss Nicola Arena e del figlio Massimo, misura assorbita da quella della custodia in carcere disposta con il precedente provvedimento; gli arresti domiciliari nei confronti dell’ex sindaco Carolina Girasole, di Francesco Pugliese (già ai domiciliari) e Domenico Battigaglia, Assessore all’agricoltura pro tempore nella giunta Girasole; e gli arresti domiciliari nei confronti di Antonio Demeco, titolare dell’azienda agricola che s’è aggiudicata la procedura di gara (anch’egli già ai domiciliari), anche in questo caso con l’aggravante di aver agito al fine di agevolare le illecite attività della cosca.
Le indagini confermerebbero i contatti, anche per interposta persona, tra le figure istituzionali che hanno svolto un ruolo nella vicenda e gli esponenti della cosca Arena che avrebbero ricevuto notizie riservate e indicazioni utili a permettere loro di porre in essere quegli “accorgimenti” che avrebbero potuto permettere di ottenerne l’aggiudicazione.
Le nuove risultanze investigative evidenzierebbero, sostanzialmente, la presunta compromissione degli organi amministrativi e tecnici del comune di Isola, che secondo le fiamme gialle sarebbero state pienamente consapevoli dell’interesse della famiglia di ‘ndrangheta all’aggiudicazione della gara, nonché delle violazioni di legge ed eccesso di potere che avrebbero caratterizzato l’azione amministrativa orientandola ad agevolare le attività criminose della cosca.
L’APPALTO “CONTROLLATO” DAL CLAN ARENA
Già dalla precedente attività investigativa, per gli inquirenti era emerso “in maniera evidente il repentino mutamento d’indirizzo da parte dell’Amministrazione Comunale” di Isola che, invece di optare per la soluzione della “frangizollatura” dei terreni (soluzione preferita espressamente dall’associazione Libera Terra a cui erano stati assegnati dei terreni), aveva preferito indire la gara per la raccolta e la commercializzazione dei finocchi.
Dalle indagini sarebbe apparso come la gara in questione sarebbe stata turbata attraverso la fissazione all’origine di un prezzo base d’asta irrisorio e, in ogni caso, sempre secondo gli investigatori, controllata dalla cosca Arena che avrebbe individuato i soggetti che avrebbero dovuto partecipare (tutte imprese agricole ritenute compiacenti), stabilendo anche l’entità delle offerte da presentare, in modo da poterla far aggiudicare ad un proprio prestanome ed alle migliori condizioni possibili.
Gli approfondimenti investigativi avrebbero posto in risalto come, prima ancora che la giunta comunale adottasse la delibera di indirizzo nei confronti del responsabile del settore patrimonio dell’Ente per la stesura del bando, il sindaco di allora e l’assessore all’agricoltura avrebbero predisposto la bozza di gara anche nei contenuti sostanziali, fissando i prezzi base d’asta “in modo del tutto arbitrario ed assolutamente inferiori rispetto ai prezzi correnti sul mercato”, sostengono sempre i finanzieri.
“La successiva attività del responsabile di settore”, spiegano ancora gli inquirenti “veniva espletata in tempi assolutamente ristretti e senza la benché minima attività istruttoria, recependo acriticamente le indicazioni relative al prezzo base d’asta già stabilite dal Sindaco e dall’Assessore”.