Un “pensierino” per non avere pensieri, affiliati in manette per tentata estorsione

Reggio Calabria Cronaca

Tentata estorsione pluriaggravata dal metodo mafioso. Sono le accuse mosse a tre persone indagate per aver tentato di farsi consegnare del denaro da una ditta reggina che opera nel settore della manutenzione delle condotte idriche e del gas, un tentativo che sarebbe avvenuto in due distinte occasioni e nella zona di Mosorrofa e Terreti.

Questa mattina i militari della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, su disposizione della Dda locale, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti dei tre, ritenuti affiliati o, comunque, “vicini alle cosche di ‘ndrangheta dei Libri e Morabito, chiamati I grilli di Terreti.

Il provvedimento - firmato dal gip Vincenza Bellini, su richiesta della Procura diretta dal Procuratore Capo Giovanni Bombardieri, nell’ambito di un’operazione coordinata dal Sostituto Sara Amerio - costituisce l’epilogo dell’inchiesta denominata Pensierino.

Nel corso delle indagini è emersa più volte una pretesa di denaro mai quantificata, ma manifestata tramite appunto la richiesta di un “pensierino”, da cui il nome dell’inchesta

LE RICHIESTE A MOSORROFA E TERRETI

Le indagini avrebbero pertanto accertato i due distinti episodi estorsivi. Uno verificatosi durante i lavori eseguiti su un cantiere a Mosorrofa e l’altro a Terreti.

Per gli investigatori le persone si si sarebbero presentate sul luogo dei lavori, impedendo la prosecuzione delle attività fino a quando non avessero interloquito con i titolari dell’azienda.

Una volta incontrati, avrebbero quindi avanzavano la richiesta, intimando di riferire che si sarebbero dovuti mettere a posto”,parlando con chi dovevano parlare”.

In manette sono così finiti Antonio Riccardo Artuso, 43enne; Vincenzo Serafino, 55enne; Bruno Scordo, 38enne. Per gli investigatori Artuso, già gravato da numerosi precedenti per associazione di stampo mafioso, corruzione e stupefacenti, sarebbe vicino alla cosca Libri di Reggio Calabria.

Stessa rilevanza per Serafino, arrestato nel 2020 perché ritenuto affiliato alla cosca Morabito di Terreti. L’uomo è inoltre considerato dagli inquirenti uno fiancheggiatori del boss Giovanni Tegano, tanto da averne favorito la latitanza.

Dalle indagini emergerebbe che le persone ascoltate fossero informate sulle attività dei tre indagati, ma per timore di eventuali ritorsioni, abbiano reso dichiarazioni false o reticenti, smentite poi dalle intercettazioni ambientali.

Da quanto appreso dagli investigatori, poi, i titolari della ditta, a causa delle insistenti richieste estorsive da parte di Artuso, avrebbero chiesto l’intervento di un loro operaio, Bruno Scordo, affinché si rivolgesse ad un soggetto intermediario”, Pietro Sinicropi, considerato molto vicino ai Libri. Dalle indagini emergerebbe quindi che Sinicropi sia riuscito a far cessare le richieste estorsive.

LE FATTURE PER OPERAZIONI INESISTENTI

Le investigazioni avrebbero, ancora, permesso di scoprire altri reati, come quelli di favoreggiamento, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, emissione di fatture per operazioni inesistenti nei confronti delle società emittenti e frode nelle pubbliche forniture.

In merito all’uso delle fatture per operazioni inesistenti, le Fiamme gialle hanno scoperto che la ditta operante a Reggio Calabria e provincia avrebbe usato quelle emesse da quattro ditte dislocate sul territorio nazionale - Napoli, Taranto e Reggio Calabria – e che avrebbero consentito un’evasione di Irpef e Iva per un totale di circa 75 mila euro, somma sottoposta a sequestro.

LA FRODE IN PUBBLICHE FORNITURE

Per quanto riguarda il reato di frode in pubbliche forniture, gli investigatori hanno accertato che a fronte della stipula del Contratto di appalto per i lavori di manutenzione e riparazione delle fognature e strade del comune di Palmi, relativamente agli 2016/2017, stipulato con lo stesso ente, la ditta appaltatrice avrebbe richiesto il pagamento di lavori non effettuati.

L’azienda, in particolare, non avrebbe mai pulito i pozzetti, le griglie di raccolta delle acque piovane e avrebbe poi attestato di aver effettuato tutti i lavori anche con la realizzazione di documentazione fotografica redatta ad arte per dimostrare la necessità di ripulire tombini in realtà non necessitanti di interventi.

Nell’ambito del procedimento penale, gli inquirenti stanno procedendo nei confronti di 13 soggetti.