Droga, turismo e ristorazione: la ‘ndrangheta e il modello di business sull’asse Piemonte-Germania

Calabria Cronaca

In Piemonte non c’è nessuna zona immune alla ‘ndrangheta. Una ‘ndrangheta dal basso profilo, che evita gesti e fatti eclatanti, che non fa rumore, insomma, e il cui scopo è quello di assoggettare le attività commerciali ed economiche di un territorio, che sono poi funzionali ad alimentare il circuito mafioso.

Un metodo applicato a livello nazionale ma non solo, e di questo se ne dice certa la Procura di Torino che stamani ha fatto scattare l’operazione “Platinum-Dia” (QUI), inchiesta che ha inferto un altro duro colpo alla cosiddetta Locale di Volpiano, diramazione della criminalità calabrese nella provincia torinese, i cui interessi si estendevano, da quanto rilevato, non solo in Piemonte e Calabria, ma anche in Sardegna e, come appurato, nella regione del Baden Wùrttemberg, in Germania, così come in Romania e Spagna.

Stamani un imponente blitz coordinato tra le diverse forze di polizia dei singoli paesi interessati, ha spalancato le porte del carcere per 33 persone, su ordine delle Procure di Torino (in Italia) e Costanza (in Germania) mentre sono state ben 98 le perquisizioni effettuate in tutte e quattro le nazioni coinvolte.

Agli indagati, a vario titolo, vengono contestati l’associazione mafiosa, quella finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, il riciclaggio, l’intestazione fittizia di beni, l’estorsione e altro ancora. Il tutto aggravato dalle modalità mafiose.

Oltre che per gli arrestati, perquisizioni sono state disposte anche a carico di altri 65 indagati, mentre sono stati sequestrati beni per milioni di euro, tra compendi aziendali, immobili, autoveicoli, conti correnti bancari e postali.

LE DICHIARAZIONI DEL COLLABORATORE

L’operazione di oggi prende origine dalle dichiarazioni rilasciate alla Procura distrettuale di Torino, a partire dall’autunno del 2016, da un collaboratore di giustizia discendente di due delle famiglie più influenti della ‘ndrangheta aspromontana, gli Agresta/Marando, egemoni anche in Piemonte e Lombardia.

Gli inquirenti sono così arrivati identificare l’attività nel traffico di stupefacenti di uno dei gruppi individuati. Durante le indagini sono state registrate delle convergenze investigative con le Dda di Genova, Cagliari e Reggio Calabria.

Convergenze che sono state affrontate con l’efficace coordinamento della Dna mentre per i profili del coordinamento internazionale è intervenuto il supporto di Eurojust.

LE INDAGINI: IL FILONE DELLE AZIENDE

Le investigazioni, nel particolare, si sono mosse seguendo due filoni. Il primo, da cui pare l’inchiesta, e chiamato “Platinum Dia-416 Bis”, parte nell’ottobre 2016.

Gli inquirenti vogliono quindi accertare l’affiliazione di alcuni soggetti alla ‘ndrangheta, in particolare in seno alla locale di Volpiano, con un particolare riferimento alla gestione dell’ingente patrimonio illecito accumulato dalla famiglia Agresta, facente capo ad Antonio Agresta, 61enne ritenuto uno dei massimi esponenti della ‘ndrangheta piemontese.

Le indagini, corroborate anche dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia, fano ritenere che alla locale di Volpiano appartenessero gli imprenditori Gianfranco Violi, i fratelli Mario e Giuseppe Vazzana e Domenico Aspromonte, certificandone il ruolo ricoperto nella gestione del patrimonio - considerato “di origine illecita” - della famiglia Agresta, attraverso un importante ed articolato dedalo di società ed attività imprenditoriali.

Dalle investigazioni, inoltre, emergerebbe il ruolo di presunto prestanome che sarebbe stato svolto da Andrea Aurora, al servizio di Gianfranco Violi, nei cui confronti sono state sequestrate, sebbene intestate ad altri e ritenuti “persone di comodo”, cinque società edili, come la “G.P. Immobiliare”; ma anche attività della ristorazione, nello specifico la torrefazione “Caffè Millechicchi” e il barVip’s” di Torino; una rivendita di tabacchi a Volpiano; e la “General Costruzione”, che opera nel settore edile.

LE INDAGINI: IL FILONE DELLA DROGA

Il secondo filone d’indagine, denominato “Platinum Dia-Stupefacenti”, è stato avviato nel novembre 2017 ed ha permesso di individuare un ulteriore gruppo sempre di matrice ‘ndranghetista, questa volta riconducibile alla famiglia dei Giorgi di San Luca, noti come i “Boviciani”.

Un gruppo questo che si sarebbe occupato “in maniera stabile”, invece, del narcotraffico internazionale ed i cui sodali si trovavano non solo in Calabria ed in Piemonte, ma anche in Lombardia, Sardegna e Sicilia, e all’estero, in particolare nel Land del Baden-Württemberg, notoria località turistica della Germania.

IL JOINT INVESTIGATION TEAM

Questa risultanza investigativa, anche alla luce dell’interesse da parte delle autorità tedesche, è sfociata, sotto l’egida di Eurojust, nella creazione di una Squadra Investigativa Comune (il cosiddetto Joint Investigation Team).

Un gruppo questo composto dalla Magistratura e dalle Forze di Polizia italiane e tedesche ed a cui hanno aderito per l’Italia, la Procura Distrettuale Antimafia di Torino con il supporto della Procura Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo ed il Centro Operativo Dia di Torino e, per la Germania, la Procura di Costanza e la Kriminalpolizeidirektion di Friedrichshafen.

Nel corso delle indagini, la JIT si è poi ampliata con l’ingresso della Polizia economico Finanziaria di Ulm (, alla quale la Procura di Costanza ha delegato le indagini fiscali ed economiche nei confronti delle società che in Germania fanno capo ai Giorgi.

Una perfetta collaborazione tra gli investigatori italiani e tedeschi, assicurata dal coordinamento del Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia, e che si è avvalsa della Rete @ON (Antimafia Operational Network), un’iniziativa finanziata dalla Commissione Europea mediante il progetto Onnet nr. 817618, ideato e sviluppato dalla Dia quale Project Leader, per il contrasto delle principali organizzazioni criminali a carattere transnazionale.

GLI SVILUPPI DELL’INCHIESTA

In questo contesto, fondamentali sono state le attività di intercettazione che hanno permesso di decapitare il vertice di del potente sodalizio sanluchese facente capo appunto alla famiglia Giorgi ed in particolare ai fratelli Domenico (cl. ‘63), Francesco (cl. ‘66), Giovanni (cl. ‘72) e Sebastiano (cl. ‘73) Giorgi e al nipote Valter Cesare Marvelli (cl. ‘83).

Gruppo che sarebbe stato composto anche da Antonio Giorgi (cl. ‘86); Domenico Giorgi (cl. ‘82), attualmente detenuto ad Alghero per omicidio volontario; Antonio Giorgi (cl. ‘90); Sebastiano Signati (cl. ‘76); Stefano Sanna e Pietro Parisi (cl. ‘80) con il suo luogotenente in Sardegna, Luciano Vacca.

Gli investigatori, poi, ritengono di aver ricostruito le dinamiche criminose e di aver acquisito importantissimi riscontri su un ingente traffico di droga tra l’Olanda, la Germania, la Spagna e l’Italia e che sarebbe stato gestito dai Giorgi e i cui profitti sarebbero poi stati investiti in attività commerciali, soprattutto in Germania.

Durante le indagini, e in diverse circostanze, ingenti quantitativi di stupefacente e di danaro sono stati sequestrati sia in Italia che in Germania.

DALLA LOGISTICA AI TELEFONI CRIPTATI

Si sarebbe, ancora, fatta luce sulla gestione, da parte dei membri della famiglia Giorgi, della cassa comune in cui affluivano depositi di denaro contante in Piemonte e Calabria; sulla logistica per il trasporto del narcotico e del denaro provento del traffico; ma anche sulla rete di comunicazione criptata all’interno della quale gli indagati comunicavano facendo spesso ricorso a nickname anonimi, utilizzando telefoni cosiddetti BQ con protocollo Encrochat ed altri apparati con sistema di criptazione Sky Ecc.

IL TRAFFICO DI STUPEFACENTI

Nel corso delle investigazione, inoltre, si sono monitorate e ricostruite diverse trattative condotte dai Giorgi per l’importazione di ingenti quantitativi di cocaina.

Trattative avvenute con Giuseppe Romeo, detto “Maluferru” o “il nano”, già latitante dopo essere stato raggiunto da una misura cautelare nell’operazione “Pollino(QUI) ed arrestato l’11 marzo scorso a Barcellona, in Spagina (QUI), con membri della famiglia Assisi - Nicola Assisi ed il figlio Patrick erano all’epoca latitanti, poi tratti in arresto in Brasile l’8 luglio 2019 (QUI) - per l’approvvigionamento di cocaina dal Brasile, nonché con narcotrafficanti albanesi, rumeni e colombiani stanziali in Olanda e Belgio.

Si è poi ricostruita la rete di distribuzione della cocaina dei Giorgi in Piemonte, Sicilia, Lombardia e Sardegna; in quest’ultima regione, in particolare, è stato individuato un altro sodalizio che occupava di narcotraffico e dello spaccio, attivo nel cagliaritano.

Il gruppo, che si ritiene facesse capo a Stefano Sanna, sarebbe stato composto anche dalla madre Marinella Matta, dalla compagna Valentina Murgia, da Roberto Schirru e Giorgia Fadda.

Tra i destinatari della misura cautelare c’è anche Iolanda Giorgi, moglie di Domenico Giorgi (cl. ‘82): secondo gli inquirenti, “con la costante assistenza e consulenza dell’affarista sardo” Vincenzo Smimmo, anch’egli arrestato, sarebbe stato intestato fittiziamente un Bar-Caffetteria ad Alghero, di fatto riconducibile al cognato Giovanni Giorgi (cl. ‘72).

Le indagini in Sardegna sono state eseguite di concerto con i Carabinieri del Comando Provinciale di Sassari, co-delegati dalla Procura torinese.

IL POLIZIOTTO “DI FIDUCIA” DEI GIORGI

Eseguita anche una misura cautelare nei confronti di un appartenente alla Polizia Penitenziaria in servizio presso la Casa di CircondarialeLorusso e Cutugno” di Torino.

L’agente è ritenuto dagli investigatori una “figura di fiducia” dei Giorgi, oltre che acquirente di stupefacente dagli stessi. Il provvedimento a suo carico è stato eseguito con la collaborazione del Nic, il Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria.

Le perquisizioni, ancora in atto, hanno permesso di ritrovare e sequestrare quattro pistole, due etti di cocaina, oltre 50 mila euro in contante e diversi beni preziosi.

Le risultanze emerse saranno oggetto di altri approfondimenti in coordinazione anche con la progettualità I-Can del Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia la cui attività è specificatamente orientata al contrasto delle proiezioni all’estero della ‘Ndrangheta.