Recovery Fund, Confapi: “Bene procedure veloci, ma servono regole certe”

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“L’Italia ha bisogno di regole semplici. Ci sono multinazionali che accreditano nel proprio processo produttivo imprese che non rispettano i minimi retributivi indicati nei contratti collettivi nazionali e previsti dalle associazioni datoriali e sindacali maggiormente rappresentative”. Questo il commento di Francesco Napoli, presidente di Confapi Calabria nonché vice presidente a livello nazionale, che commenta l’attuale bozza del Decreto Semplificazioni sul Recovery Fund.

Da diversi mesi la confederazione della piccola e media impresa sta proponendo diversi strumenti da affiancare alle proposte avanzate dal governo, al fine di “rafforzare il mercato del lavoro rendendolo sano e snello”. “È necessario fare attenzione ai meccanismi di illegalità che si attiveranno sul mercato del lavoro, con l’arrivo del piano Next generation UE, che porterà risorse, accentuando meccanismi con offerte al ribasso che sazieranno gli appetiti della criminalità organizzata” viene ribadito nel comunicato, dove si ricorda che “già da anni le aziende sane sono costrette a piegarsi di fronte ad offerte al ribasso, in una sorta di alterazione delle regole di mercato, a danno di beni e servizi”.

Due gli strumenti proposti: la certificazione dei contratti di appalti di lavoro da affidare alla direzione provinciale del lavoro, mentre l’asseverazione contrattuale e contributiva va in mano ai consulenti del lavoro. “È l’occasione per mettere fine ai saccheggiatori del territorio e chiudere meccanismi che potrebbero innescarsi, determinando degli effetti devastanti: sui dipendenti e sulle imprese sane”.

“Liberalizzare l’utilizzo senza limiti dei subappalti per velocizzare l’utilizzo delle opere pubbliche è un rimedio peggiore del male. Serve velocizzare ma evitare la giungla” conclude Napoli. “La velocizzazione necessaria per rispettare i tempi del Recovery fund non può e non deve significare dumbing contrattuale, questo alimenterebbe meno sicurezza dei lavoratori e favorirebbe la volata della criminalità organizzata nei mercati italiani. Il dumbing contrattuale a quel punto diverrebbe anche sociale e diverrebbe un cancro difficile da estirpare”.