Maxi sequestro da 330 milioni. Colpo al “re dei videopoker”
I Finanzieri del G.I.C.O. di Reggio Calabria in coordinamento con lo S.C.I.C.O. di Roma, al termine di articolate indagini di polizia giudiziaria hanno sequestrato un ingente patrimonio mobiliare ed immobiliare al noto imprenditore reggino Gioacchino Campolo, 71 anni, ritenuto dagli inquirenti legato a vari esponenti della 'ndrangheta cittadina. Le indagini hanno consentito di accertare che la costante ed inarrestabile ascesa nel panorama locale da parte dell'imprenditore conosciuto come il "re dei videopoker", era stata aiutata dai forti legami intrattenuti con le famiglie Audino e Zindato.
Da alcune intercettazioni è emerso che Campolo conoscesse uomini importanti del clan Libri, compreso il defunto patriarca don Mico. In un'altra intercettazione, Campolo racconta di un progetto omicida ai suoi danni - organizzato da Giovanni Tegano, boss arrestato poco tempo fa dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria dopo una lunga latitanza - per facilitare i propositi di un parente che voleva espandersi nel settore dei videogiochi.
Quanto ai presunti rapporti col clan De Stefano sono stati presi in esame diversi episodi. Gli ultimi riferimenti ai presunti rapporti di Campolo con la malavita organizzata riguardano Paolo Iannò, ex killer della cosca Condello e oggi pentito e l'imprenditore Nino Princi, fatto saltare in aria a Gioia Tauro nel 2008.
Le macchinette illegali di Campolo sono finite, anni addietro, nella paninoteca Marrakech di Gallico, riconducibile a Iannò, mentre Princi, genero di Domenico Rugolo legato all'omonima cosca di Castellace, nella Piana di Gioia Tauro, ha incontrato Campolo poco prima del terribile attentato che lo ha ucciso, per discutere della collocazione dei videopoker all'interno di un centro commerciale a Rizziconi, presumibilmente il Porto degli ulivi.
Ritornando ai fatti odierni, le investigazioni, di natura prettamente economico-patrimoniale, hanno permesso di individuare un incredibile patrimonio, intestato a Campolo ed ai suoi familiare e prestanome, rappresentato da ben 260 immobili, molti dei quali di pregio e valore artistico ed architettonico, siti a Reggio Calabria e Provincia, Roma, Milano, Taormina e Parigi, autovetture di lusso, e tre attività commerciali operanti nel settore immobiliare e dei giochi da intrattenimento.
E' stata, peraltro, accertata, una indiscutibile sproporzione tra l'ingente patrimonio individuato ed i redditi dichiarati dal destinatario del provvedimento e dei sui familiari, tale da non giustificarne la legittima provenienza. I dettagli dell'operazioni son stati illustrati questa mattina in una conferenza stampa presso la sede del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, alla presenza del Procuratore Capo della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone.