Torna in Italia Ciccio Pakistan, era stato arrestato a marzo in Portogallo
Un volo proveniente dal Portogallo ha riportato in Italia Francesco Pelle, conosciuto come Ciccio Pakistan. L’uomo è stato catturato lo scorso 29 marzo in una clinica di Lisbona dove era ricoverato perché positivo al Covid (LEGGI).
L’arresto è avvenuto sulla base di un mandato europeo, eseguito dalla Unità Nazionale Antiterrorismo della Policia Judiciaria portoghese.
All’operazione ha inoltre collaborato il Reparto Operativo del Comando Provinciale di Reggio Calabria e dal Gruppo Carabinieri di Locri, sotto l’egida della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, diretta dal Procuratore della Repubblica Giovanni Bombardieri.
Pelle, latitante dal giugno 2019, è stato scortato dal personale dello Scip, il Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia della Direzione Centrale della Polizia Criminale, guidata dal Prefetto Vittorio Rizzi, articolazione del Dipartimento della Pubblica Sicurezza.
Originario di San Luca, era sparito poco prima della sentenza della Corte di Cassazione (LEGGI) che ha decretato la condanna definitiva all’ergastolo perché riconosciuto colpevole di essere stato il mandante dell’omicidio aggravato dalle finalità mafiose di Maria Strangio, moglie di Giovanni Luca Nirta.
Il processo ha poi riconosciuto come mandante Pelle, per l’attentato che, 8 mesi più tardi, è sfociato nella strage di Duisburg (QUI), a seguito della quale sono morte 6 persone ritenute vicine alla cosca Pelle-Vottari.
La strage di Natale, infatti, era stata la risposta al tentato omicidio di Francesco Pelle, avvenuto il 31 luglio 2006 quando Ciccio Pakistan rimase ferito alla schiena perdendo definitivamente l’uso delle gambe.
La sedia a rotelle sulla quale è costretto a vivere non gli ha impedito di diventare un boss, organizzare la rappresaglia contro la cosca Nirta-Strangio e, soprattutto, di darsi alla latitanza per due volte.
La prima è stata interrotta nel 2008 da un blitz del Ros di Reggio Calabria all’epoca guidato dal Colonnello Valerio Giardina e dal maggiore Gerardo Lardieri.
“Ciccio Pakistan” era ricoverato sotto falso nome a Pavia, nel reparto di Neuro-riabilitazione della Clinica Fondazione Maugeri.
Pelle comunicava attraverso Skype con gli uomini della cosca rimasti liberi dopo l’operazione Fehida, coordinata dal magistrato Nicola Gratteri, allora in servizio a Reggio Calabria.
Nel settembre 2017 Pelle è tornato libero per scadenza dei termini di fase del processo alle cosche di San Luca.
La sua condanna è stata annullata con rinvio dalla Cassazione. Per due anni è stato sottoposto all’obbligo di dimora a Milano in attesa della sentenza definitiva. Ma quando la Suprema Corte ha confermato il “fine pena mai”, Ciccio Pakistan, è scappato.
La fuga è durata meno di due anni e si è conclusa in Portogallo, dove Pelle ha goduto di una rete di protezione che gli ha consentito non solo di uscire dal Paese indisturbato ma anche di farsi curare in una clinica dopo aver scoperto di essere positivo al Covid.
La cattura e il rientro in Italia del latitante rappresenta un importante risultato del progetto I-CAN (Interpol Cooperation Against 'Ndrangheta) contro la ‘ndrangheta, promosso dall’Italia insieme ad Interpol, che coinvolge Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza e le forze di polizia di altri 11 Paesi del mondo (Argentina, Australia, Brasile, Canada, Colombia, Francia, Germania, Spagna, Svizzera, Uruguay, USA).
Il progetto I-CAN, incardinato sotto l’egida Interpol, ha agevolato la cooperazione internazionale di polizia permettendo ad oggi la cattura all’estero di 20 latitanti di ‘ndrangheta, tra cui spiccano, a parte quello di Pelle, i nomi di Giuseppe Romeo, Pasquino Vincenzo, Morabito Rocco (secondo solo a Matteo Messina Denaro, tra i latitanti più pericolosi inseriti nella lista dei ricercati).