Imprenditori bresciani in crisi “strozzati” dalla ‘ndrangheta: 14 arresti
Le difficoltà dovute anche all’emergenza covid e al conseguente e lungo periodo di lockdown imposto per fronteggiarla, avrebbero portato imprenditori del ricco e (ormai un tempo?) prosperoso distretto bresciano, ma oggi in difficoltà economiche, tra le braccia degli usurai.
Un “abbraccio” mortale, però, fatto di “condizioni” capestro che potessero assicurare il più possibile il rientro del denaro prestato ma che, comunque, e in molti casi, pare non sia servito a molto.
Alcuni degli usurati, difatti, avrebbero avuto difficoltà a restituire le somme ottenute ed allora, inevitabili, ecco scattare i sistemi tradizionali del metodo mafioso, metodi oltremodo convincenti, evidentemente intimidatori, come il vedersi recapitare via WhatsApp la foto della propria casa: un segnale per ricordare che gli strozzini sapessero bene dove abitasse il “debitore” … e la sua famiglia.
Insomma, una vera e propria vendita di denaro a condizioni usurarie portata avanti da una quindicina di persone, quattordici per l’esattezza, e che per gli inquirenti sarebbero contigue e appartenenti alla ‘ndrangheta, ed altre, sempre considerate “legate” alla criminalità calabrese, che sempre nella provincia bresciana avrebbero commesso anche frodi fiscali e reati di riciclaggio, oltre che di usura.
L’ATTO FINALE
A far luce su tutto ciò è stata stamani la Direzione Distrettuale antimafia del capoluogo lombardo che ha fatto partire un’operazione interforze eseguita in tre regioni: Lombardia, Calabria e Marche; esattamente a Brescia, Milano, Cremona, Reggio Calabria e Ascoli Piceno; e chiamata in codice “Atto Finale” (QUI).
Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza, dunque, hanno fatto scattare le manette ai polsi di dodici persone, per le quali si sono spalancate le porte del carcere, per altre due sottoposte invece ai domiciliari. A tutti si contestano, a vario titolo, i reati di usura ed estorsione commessi col metodo mafioso.
In particolare, l’attività investigativa, che peraltro è ancora in corso, ha ulteriormente consentito di confermare il radicamento e l’operatività della ‘ndrangheta nel tessuto economico del distretto bresciano.
Si ritiene dunque di aver inflitto un duro colpo ad un’importante cosca, che rappresenta un casato mafioso tra i più antichi e potenti della Piana di Gioia Tauro, nella provincia di Reggio Calabria, ed infiltrata nel tessuto economico bresciano: il Facchineri di Cittanova (QUI).
L’ipotesi è che la stessa, avvalendosi della creazione e dell’utilizzo di decine di società “cartiere”, italiane ed estere, messe a disposizione da soggetti gravitanti attorno allo stesso sodalizio, abbia assicurato un vorticoso giro di fatture false per decine di milioni di euro a vantaggio di imprese locali, riuscendo, così, ad attuare una sofisticata e pericolosa forma di “inquinamento” dell’economia legale attraverso l’erogazione di servizi fiscali illeciti.
Nello stesso contesto operativo, sono state eseguite venti perquisizioni ed è stata sottoposta a sequestro preventivo una somma di poco più di 77 mila euro ritenuta il profitto dell’usura.
LE INDAGINI sono state condotte dalla prima Divisione del Servizio Centrale Operativo della DAC, dalla Squadra Mobile della Questura di Brescia, dai militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza e dei Carabinieri dello stesso capoluogo; e sono state dirette dal sostituto della Dda Roberta Panico e dai colleghi Erica Battaglia e Carlotta Bernardini.