‘Ndrangheta. Per la Dda è un imprenditore della cosca Serraino, cautelati i beni

Reggio Calabria Cronaca

Al termine di una indagine patrimoniale la Divisione Anticrimine della polizia di Reggio Calabria ha eseguito un sequestro di beni nei confronti di Antonino Fallanca.

Il provvedimento parte dall’inchiesta Pedigree 2 (QUI), nell’ambito del quale l’uomo è finito in carcere essendo ritenuto dirigente apicale ed organizzatore della cosca di ‘ndrangheta dei Serraino, clan attivo a Cardeto, Arangea, San Sperato e nelle aree aspromontane della provincia reggina.

Nell’ambito di quel procedimento penale è emerso, inoltre, che Fallanca abbia agevolato la latitanza di sodali, ma anche assicurato il loro mantenimento in carcere, così come elargito denaro; talvolta avrebbe anche custodito e fornito armi.

Ma soprattutto gli inquirenti lo ritengono l’espressione imprenditoriale della cosca: la testi è che abbia investito nelle proprie aziende i proventi delle attività illecite della sua stessa cosca ma ance di quella alleata dei Rosmini, “fruendo dell’influenza e della capacità persuasiva del sodalizio mafioso”.

Sebbene non sia il diretto intestatario delle imprese e delle società che sono state oggetto del sequestro, l’uomo di fatto avrebbe gestito le imprese - che sono intestate formalmente a persone di famiglia - e delle quali risultava anche esserne dipendente.

La tesi degli inquirenti, che troverebbe conferma negli esiti processuali registrati nel procedimento Pedigree 2, con l’ordinanza di custodia cautelare, confermata dal Tribunale della Libertà, è che le cosche lo abbiano supportato agli esordi della sua storia imprenditoriale con risorse di natura illecita, consentendogli di espandersi, potendo contare sull’influenza del clan per imporre l’affidamento di commesse o l’acquisto di merci nelle sue attività commerciali.

A conclusione di una serie di accertamenti, lo scorso 11 novembre il Tribunale di Reggio Calabria ha accolto la richiesta di misura di prevenzione Patrimoniale, decretando pertanto il sequestro e la confisca di quattro unità immobiliari riconducibili a Fallanca, così come di quattro autoveicoli, il patrimonio di tre imprese individuali ed una società.

Inoltre, il sequestro di conti correnti, libretti di deposito, contratti di acquisto di titoli di stato, azioni, obbligazioni, assicurazioni, intestati presso Istituti di credito pubblici o privati, Casse Rurali, Direzioni Provinciali P.T., Società Assicurative, finanziarie o fiduciarie, Società di intermediazione mobiliare: il tutto rientrante nel patrimonio delle imprese e società comunque a riconducibili all’uomo, al suo nucleo familiare, ai figli e ai rispettivi conviventi.

L’indagine patrimoniale è stata eseguita su proposta congiunta della Procura Distrettuale Antimafia, diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri, e del Questore Bruno Megale.

Il provvedimento, emesso dalle Sezione Misure di Prevenzione del tribunale, presieduto da Natina Pratticò, è stato adottato su richiesta del Procuratore Aggiunto Calogero Gaetano Paci e del Sostituto Sara Amerio.