Cosenza. Smascherata rete di usurai senza scrupoli: lucravano nel lockdown

Cosenza Cronaca

La difficile situazione economica venutasi a creare per molti a seguito dell’emergenza sanitaria e del lockdown non ha impedito ad una presunta banda di usurai di concedere prestiti con tassi che arrivavano fino al 120%, approfittando dello stato di bisogno delle vittime - cittadini e imprese in forte crisi di liquidità - imponendogli condizioni sempre più onerose.

È quanto scoperto dal Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Cosenza, al termine una lunga indagine coordinata con la Procura che ha portato ad indagare sette persone.

Le indagini, durate oltre due anni, sono state svolte tramite intercettazioni telefoniche ed ambientali, osservazioni, pedinamenti e anche con testimonianze.

Gli indagati sono soggetti noti nell’ambiente, ossia in grado di concedere con facilità prestiti e liquidità a chiunque ne facesse richiesta, senza particolari garanzie ed in maniera parallela alle linee di finanziamento lecite.

Tuttavia, già all’indomani del prestito, iniziavano i comportamenti minatori e le intimidazioni a carico dei “beneficiari” delle somme.

Riferendosi in moto criptico al denaro - chiamandolo mascherina o scommessa, paghetta, spesa, acqua, pane, parole comuni che non avrebbero dovuto generare sospetto – quest’ultimo doveva essere restituito con cadenza mensile o settimanale, non solo in contante ma anche effettuando ricariche su carte prepagate o tramite assegni in bianco, pure di piccoli importi.

Inoltre, nel corso delle indagini, si è scoperto come gli indagati facessero parte di una fitta rete di spaccio di stupefacenti (in particolare marijuana, hashish e cocaina) in grado di raggiungere un elevato numero di consumatori.

Gli indagati – quattro dei quali finiti ai domiciliari e tre sottoposti all’obbligo di dimora – dovranno rispondere a vario titolo dei reati di spaccio di sostanze stupefacenti, usura ed esercizio abusivo del credito.

Eseguito anche un sequestro preventivo di beni pari per un valore di 38 mila euro, ritenuto profitto illecito generato proprio dall’usura.