Falsi crediti per truffare sul Sisma Bonus: coinvolti società e soggetto calabresi
Ci sono anche un’azienda ed un soggetto del cosentino tra le otto imprese e le tre persone che stamani si sono visti sequestrare quote societarie, beni, disponibilità finanziarie e bloccare anche, sul portale dell’Agenzia delle Entrate, i crediti compensabili nei relativi cassetti fiscali, per una presunta truffa sui bonus edilizi che ammonterebbe a oltre tre milioni e mezzo di euro.
L’operazione - non a caso chiamata “Easy Credit” - è stata condotta dalla Guardia di Finanza di Ragusa che su ordine del Gip del Tribunale ibleo, ha anche arrestato e portato in carcere un imprenditore modicano.
Quest’ultimo, secondo gli inquirenti, insieme ad altre cinque persone residenti tra la Lombardia e la Puglia, avrebbe creato e commercializzato oltre 3,5 milioni di euro di falsi crediti d’imposta relativi alle spese sostenute per interventi edilizi assistiti dal cosiddetto Sisma Bonus, ma che in realtà non sarebbero mai avvenuti.
L’Autorità Giudiziaria ha disposto anche il blocco di questi crediti fiscali, con il sequestro di denaro, beni e assetti societari in misura equivalente a quello che si ritiene essere il profitto del reato.
Il provvedimento arriva al termine un’articolata indagine delegata dalla Procura di Ragusa ai Finanzieri di Modica che tramite i dati estratti dalla “Piattaforma Cessione Crediti” dell’Ade, ma anche con l’approfondita analisi della documentazione bancaria, sopralluoghi e raccogliendo testimonianze di persone informate sui fatti, hanno portato alla luce quello che definiscono come un “complesso meccanismo fraudolento” con cui è stata perpetrata la presunta truffa alla Stato.
L’ipotesi è che cinque persone compiacenti abbiano attestato falsamente di aver ricevuto una serie di lavori di ristrutturazione edilizia per il rischio sismico, su immobili che non sarebbero però mai stati nella loro disponibilità, da parte di una società riconducibile ad un imprenditore modicano, formalmente operante nel settore della costruzione di edifici residenziali.
L’azienda facente capo all’indagato – che viene considerata una mera cartiera - avrebbe acquistato i crediti d’imposta generati dai lavori fittizi con l’opzione dello “sconto in fattura”.
Dopo i riscontri però si è scoperto che gli immobili utilizzati per l’inserimento nelle comunicazioni inviate all’Agenzia delle Entrate fossero di proprietà di altre persone all’oscuro di queste operazioni.
I Bonus consistono nel riconoscimento di una detrazione, di importo variabile a seconda della tipologia, commisurata alle spese documentate per interventi di recupero e restauro degli edifici esistenti o, in particolare, per la riduzione del rischio sismico.
I cittadini o le imprese che hanno disponibilità di immobili, a seguito degli interventi edilizi, possono fruire direttamente della detrazione maturata, beneficiandone nei dieci anni successivi.
Tuttavia, il Decreto Rilancio ha previsto, dal 2020, anche la possibilità di usufruire dei bonus optando alternativamente per un contributo di ammontare pari alla detrazione spettante, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto al fornitore che ha effettuato gli interventi, il cosiddetto “sconto in fattura”, oppure per la cessione a terzi del credito.
Nel caso indagato, una volta creati attraverso l’attestazione di lavori mai eseguiti, i crediti fittizi sono stati oggetto di ripetute cessioni a terzi per consentire poi la monetizzazione presso intermediari finanziari del “bonus” e la successiva dispersione del profitto.
In questo modo gli indagati si sarebbero assicurati proventi illeciti che sono in gran parte autoriciclati per far perdere ogni traccia delle origini fraudolente di queste risorse economiche.