Processo Andromeda. L’imprenditore Perri assolto per non aver commesso il fatto, due condanne
L’imprenditore lametino Francesco Perri, 52enne proprietario del noto centro commerciale “Due Mari” a Maida, è stato assolto dalle accuse di associazione mafiosa e di tentate lesioni volontarie.
La decisione è stata assunta, nel corso del processo di primo grado, dal Tribunale collegiale della città della Piana, presieduto da Angelina Silvestri, con la formula del “non avere commesso il fatto”, mentre l’accusa aveva invece richiesto che venisse condannato a sette anni di reclusione.
Il legale dell’imprenditore, l’avvocato Salvatore Staiano, che fa parte del collegio difensivo insieme ai colleghi Giuseppe Mussari e Gianfranco Giunta, ha definito il procedimento come “un processo difficilissimo” ma il cui risultato non sarebbe stato affatto inaspettato: “è stata restituita dignità ad uno degli imprenditori più importanti della Calabria”, ha chiosato il professionista.
Il nome di Perri era finito nell’inchiesta “Andromeda” (QUI) eseguita nel 2015 dalla Dda di Catanzaro e nel cui ambito lo stesso fu arrestato (QUI) poiché gli si contestava, in particolare, collegamenti con la cosca lametina dei Iannazzo-Giampà.
Quanto al reato di tentate lesioni volontarie, l’accusa aveva ipotizzato che l’imprenditore avesse chiesto alla cosca alla quale si riteneva facesse riferimento, di gambizzare il fratello, una punizione per dei contrasti che avrebbero diviso i due.
Nell’ambito dello stesso procedimento, poi, oltre a Perri sono stati assolti altri tre imputati, per altri due è stato invece deciso il proscioglimento, ed altrettanti sono stati condannati.
Quanto a quest’ultimi si tratta in particolare di Vincenzo Bonaddio, a cui sono stati inflitti 9 anni e 7mila euro di multa e l’interdizione da pubblici uffici per 5 anni; e Vasyl Koval, la cui pena è stata invece di 4 anni, 11mila euro di multa e l’interdizione da pubblici uffici per 5 anni, mentre è stato assolto per un’altra imputazione.
Assolti, infine, oltre a Perri, Rocco Tavella, Mariantonia Santoro e Nadia Iannate, per i quali la stessa accusa ne aveva chiesto l’assoluzione.