Maxiblitz antimafia, 36arresti: sgominati i clan del lametino

Catanzaro Cronaca

36 persone, tra cui esponenti di spicco delle cosche Iannazzo e Cannizzaro-Daponte di Lamezia Terme, sono i destinatari di altrettanti ordini di arresto che la polizia di Catanzaro sta eseguendo nel corso di una vasta operazione antimafia denominata Andromeda. In manette è finito anche un noto imprenditore del settore della grande distribuzione alimentare e ritenuto organico del clan mafioso.

Le investigazioni, coordinate dalla Procura Distrettuale Antimafia, avrebbero accertato la responsabilità degli indagati in relazione a numerosi episodi estorsivi avvenuti a carico di imprenditori. In particolare, gli inquirenti avrebbero scoperto un accordo, formalizzato attraverso dei veri e propri “summit mafiosi”, tra la cosca dei Iannazzo e quella dei Giampà per spartirsi i proventi del racket secondo quello che gli investigatori hanno definito “un collaudato sistema operativo”.

LA GUERRA DI MAFIA E GLI OMICIDI

Contestati anche degli omicidi avvenuti durante la guerra di mafia che ha insanguinato, anche recentemente, Lamezia Terme. Si sarebbero infatti individuati alcuni dei responsabili dell’assassinio di Antonio Torcasio (cl. ’71, all’epoca reggente dell’omonima cosca Torcasio-Cerra-Gualtieri) avvenuto il 23 maggio del 2003; quello di Vincenzo Torcasio (cl. ’84) e del ferimento di Vincenzo Curcio (35 anni), avvenuto a Falerna il 27 luglio del 2003.

In particolare, l’omicidio di Vincenzo Torcasio suscitò particolare clamore in quanto compiuto nelle vicinanze del Commissariato della città della piana e proprio mentre questo i stava presentando presso l’ufficio di polizia. Dal suo assassinio seguì il grave ferimento di Vincenzo Curcio, avvenuto nel mese di luglio del 2003 davanti ad una paninoteca di Falerna, località turistica della costa tirrenica, locale frequentato in quel momento da numerosi clienti.

LA STRATEGIA CRIMINALE PER CONTROLLARE IL TERRITORIO

Entrambi gli episodi delittuosi sarebbero da inquadrare in una “strategia criminale - spiegano gli inquirenti - volta a mantenere, da parte delle cosche Iannazzo e Cannizzaro-Daponte, l'esclusivo controllo del territorio di gran parte del comprensorio di Lamezia …, anche attraverso l'eliminazione fisica degli esponenti di spicco della cosca avversa”, i Cerra-Torcasio-Gualtieri anch'essa attiva soprattutto nel campo delle estorsioni.

L’IMPRENDITORE CHE FECE GAMBIZZARE IL FRATELLO

Le complesse indagini condotte dalla Squadra Mobile catanzarese si sono sviluppate attraverso una meticolosa attività di riscontro delle diverse dichiarazioni rese da più collaboratori di giustizia nonché grazie ad una imponente attivazione di servizi tecnici: il tutto ha consentito anche di ricostruire la vicenda che aveva portato alla sottrazione della bara dell’imprenditore Antonio Perri, ucciso nel 2003 da elementi della cosca Torcasio e le vicende connesse con riunioni di ‘ndrangheta che avevano coinvolto anche ‘ndrine della provincia di Reggio Calabria, intervenute per mediare la guerra di mafia che si stava scatenando tra i gruppi contrapposti dei Iannazzo con i Torcasio-Gualtieri.

Sarebbe poi emerso uno stretto collegamento dell’imprenditore Franco Perri, figlio del defunto Antonio, con la cosca Iannazzo, alla quale avrebbe chiesto addirittura la gambizzazione di suo fratello Marcello per motivi di carattere economico. Perri è proprietario del centro commerciale "Due Mari" e dirigente di primo piano della squadra di calcio della Vigor Lamezia.

400 UOMINI IMPEGNATI IN CALABRIA E NORD ITALIA

Nell’operazione di oggi sono stati impegnati circa 400 uomini che hanno operato sia in Calabria che nelle regioni del Nord Italia. Per la cattura degli indagati hanno operato oltre che i Reparti Prevenzione Crimine della Calabria e della Basilicata, anche numerose unità delle Squadre Mobili di Alessandria, Cosenza, Crotone, Messina, Perugia, Potenza, Reggio Calabria, Salerno, Siracusa e Vibo Valentia, oltre ad unità cinofile della Questura di Vibo e del Reparto Volo di Reggio, che sono stati di supporto operativo, disposto dalla Direzione Centrale Anticrimine e dal Servizio Centrale Operativo di Roma.

All'operazione anti 'ndrangheta condotta stamane dalla Polizia di Stato hanno collaborato anche la Sezione di Catanzaro della Direzione investigativa antimafia e la Guardia di finanza di Catanzaro. Dia e Fiamme Gialle hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare rispettivamente per 7 e per un indagato.

Alcuni degli indagati sono stati tratti in arresto in provincia di Alessandria dove da tempo si erano trasferiti.

LOMBARDO: COLPITA LA MAFIA IMPRENDITRICE

“Abbiamo colpito la mafia imprenditrice. È la terza cosca di Lamezia Terme che viene colpita, la cosca di élite, che si concentrava sulle aziende. Dopo i clan Giampà e Torcasio abbiamo colpito il clan Iannazzo, che di fatto obbligava imprenditori a pagare. Imprenditori che portavano direttamente i soldi a casa degli esponenti delle cosche e alcuni di loro erano anche pienamente collusi". Vincenzo Antonio Lombardo, procuratore distrettuale antimafia di Catanzaro ha commentato così, ad un network nazionale, il blitz di stamani.

GLI ARRESTATI

Sono complessivamente 45 le persone arrestate nel corso dell'operazione "Andromeda" portata a termine oggi contro le cosche Iannazzo e Cannizzaro-Daponte di Lamezia Terme (Cz). Trentasei sono le persone coinvolte nel filone principale della Squadra Mobile. Si tratta di Vincenzino Iannazzo, detto "U Moretto", 61 anni; Francesco Iannazzo, detto "U Cafarone", 60 anni; Antonio Davoli, 59; Antonio Provenzano, 56 anni; Pietro Iannazzo, 40; Giovannino Iannazzo, 58; Antonio Iannazzo, detto "Mastro 'Ntoni", 58; Emanuele Iannazzo, 34; Peppino Buffone, 60; Adriano Sesto, 41; Bruno Gagliardi, 41; Alfredo Gagliardi, 37; Francesco Costantino Mascaro, 41; Francesco Perri, detto "Franco", 47; Gennaro Pulice, 37; Domenico Cannizzaro, 40; Mario Chieffallo, 65; Antonio Chieffallo, 33; Vincenzo Torcasio, 37; Peppino Daponte, 55; Peppino Marrazzo, 55; Pasquale Lupia, 52; Antonio Liparota, 47; Vincenzino Lo Scavo, 58; Francesco Salvatore Pontieri, 48; Domenico Antonio Cannizzaro, 49; Angelo Anzalone, 37; Gino Giovanni Daponte, 53; Santo Iannazzo, 57 anni (domiciliari); Gregoripo Scalise, 23 anni (domiciliari); Rocco Tavella, 31 (domiciliari); Mariantonia Santoro, 50 (domiciliari); Vasyl Koval, 32 (domiciliari); Vincenzo Bonaddio, 56 (domiciliari), Antonio Muraca, 46 (domiciliari); Vincenzo Giampa', 45 (domiciliari).

Otto, invece, le persone arrestate dalla Dia di Catanzaro. Si tratta di Nathalie Angele Zingraff, 41 anni; Antonello Caruso, 45; Alessandro Provenzano, 28; Angelo Provenzano, 46; Giuseppe Cavaliere, 59; Claudio Scardamaglia, 43 (domiciliari); Raffaele Caparello, 66 (obbligo di dimora); Nadia Jannate, 42 (obbligo di dimora). Un imprenditore di origini lametine ma residente a Venezia è stato invece arrestato dal Gico della Guardia di Finanza: si tratta di un 69enne, S.D.M.

TRA ARRESTATI IMPRENDITORE EMIGRATO AL NORD

Il Gico della Guardia di Finanza di Catanzaro ha arrestato un imprenditore 69enne calabrese ma da tempo residente nel nord est. Il provvedimento rientra tra i 45 arresti effettuati nel corso dell'operazione "Andromeda" contro le cosche Iannazzo e Cannizzaro-Daponte di Lamezia Terme. Le indagini hanno permesso di ricostruire la figura dell'impredntore, ritenuto strettamente legato al capo cosca Vincenzino Iannazzo.

In particolare, secondo quanto reso noto durante la conferenza stampa, il 69enne si è trasferito negli anni Novanta con la propria famiglia, "inserendosi rapidamente nel contesto economico, sociale e politico del territorio veneto attraverso l'esecuzione di lavori nel settore edile e dell'intermediazione immobiliare e la gestione di attività commerciali di considerevole spessore economico-patrimoniale". Lo stesso imprenditore risulta attivo nel nord-est con una società di costruzioni di cui è amministratore unico.

I principali collaboratori di giustizia del lametino, tra i quali Giuseppe Giampà, capo dell'omonima cosca, e Angelo Torcasio, delineano la figura dell'imprenditore come soggetto in stretti legami personali ed economici con la cosca Iannazzo. Gli stessi collaboratori hanno raccontato, secondo gli inquirenti, di aver fornito protezione a membri della famiglia dell'imprenditore quando rientravano in Calabria, dove il figlio era stato accusato di un omicidio e lo stesso vittima di un tentato agguato.

FALSI CERTIFICATI, OBBLIGO DIMORA PER MEDICO

Certificati falsi per i dipendenti delle società riconducili alla cosca Iannazzo, ma anche una sorta di appoggio logistico rispetto ai movimenti dei componenti del clan nell'aeroporto di Lamezia Terme (Catanzaro). Sono queste le contestazioni mosse nei confronti di un medico di Lamezia Terme, Raffaele Caparello, destinatario di un provvedimento di obbligo di dimora nell'ambito dell'operazione "Andromeda" contro le cosche Iannazzo e Cannizzaro Daponte di Lamezia Terme.

Secondo quanto evidenziato nella parte di inchiesta seguita dalla Direzione investigativa antimafia di Catanzaro, il medico, dipendente dell'Asp e in servizio all'aeroporto di Lamezia Terme, avrebbe sottoscritto certificazioni mediche con patologie non veritiere che venivano trasmesse all'Inps. I certificati avrebbero riportato il nome di un'altra indagata, dipendente della "Tirrena Costruzione", società riconducibile al boss Vincenzino Iannazzo, consentendo così di incassare somme a titolo di indennità per malattia, ottenendo indebitamente i benefici previsti dalle leggi sul lavoro".

INDIVIDUATI IMPRENDITORI PRESTANOME CLAN IANNAZZO

Il presunto boss della cosca Iannazzo di Lamezia Terme avrebbe gestito, di fatto, le scelte di due aziende con sede a Lamezia Terme pur non risultando evidentemente in alcun modo tra i soci o gli amministratori, ma agendo grazie a prestanome. E' questo che ha scoperto la Direzione investigativa antimafia di Catanzaro che ha eseguito otto provvedimenti dei 45 notificati.

Le aziende sotto il controllo di Vincenzino Iannazzo, detto "U Moretto", sono la "Tirrena Costruzioni Srl" e "Cascina delle bonta' Srl". La prima si occupa di lavori in edilizia, la seconda di prodotti caseari. Iannazzo, secondo gli inquirenti, avrebbe utilizzato dei prestanome per eludere possibili controlli e provvedimenti di sequestro.

Questo ha permesso sino ad oggi di evitare simili provvedimenti, ma la Dia ha in corso degli approfondimenti per decidere le azioni da intraprendere insieme all'Autorità giudiziaria. E' stato lo stesso capo della Dia calabrese, colonnello Gaetano Scillia, ad evidenziare, nel corso della conferenza stampa che si è svolta a Catanzaro, che le indagini sono state rivolte "all'analisi delle proiezioni imprenditoriali degli Iannazzo. Dopo la forza militare - ha aggiunto - Iannazzo ha instaurato un rapporto efficace con l'imprenditoria locale, anche grazie a prestanomi insospettabili". Il capo della Dia di Catanzaro, Antonio Turi, ha ribadito il ruolo della cosca nel settore economico finanziaria definendola una "mafia imprenditoriale, così come ha concordato al il gip nell'ordinanza". (AGI)

CLAN IMPEDIRONO COSTRUZIONE SUPERMERCATO

Le cosche Iannazzo e Cannizzaro-Daponte di Lamezia Terme avrebbero avuto il controllo pressocché totale sulle attività imprenditoriali esistenti nella loro zona, o perché taglieggiavano gli imprenditori o perché questi ultimi erano direttamente collusi e inseriti nel sodalizio criminale.

Dalle indagini della Dia di Catanzaro è emerso che Pietro Iannazzo, elemento di spicco del clan, avrebbe ottenuto la mancata realizzazione di un centro commerciale di una nota catena, a Lamezia Terme, in località Savutano, area notoriamente sotto influenza criminale della stessa cosca. Iannazzo, secondo l'inchiesta, avrebbe impedito la realizzazione insieme all'imprenditore Claudio Scardamaglia, raggiunto da un'ordinanza agli arresti domiciliari. I due avrebbero impedito la costruzione del supermercato perchè doveva nascere su un'area a cui era interessato lo stesso Scardamaglia.

Secondo i riscontri, i due avrebbero prima costretto gli operai della ditta che si stava occupando dei lavori di sbancamento del terreno per la realizzazione del supermercato ad abbandonare i lavori e poi, con minaccia aggravata dal metodo mafioso, avrebbero indotto l'imprenditore aggiudicatario dei lavori ad abbandonare l'iniziativa imprenditoriale sul quel terreno che sarebbe stato successivamente ceduto proprio allo stesso Scardamaglia. (AGI)

IMPRENDITORE LEGATO A CLAN FECE GAMBIZZARE FRATELLO

Il padre ucciso nel 2003; il suo ordine a "gambizzare" il fratello per alcune questioni economiche; un rapporto diretto e indissolubile con la cosca Iannazzo. Franco Perri, 47 anni, rappresenta a Lamezia Terme uno dei piu' potenti imprenditori nel settore della grande distribuzione. Proprietario, tra l'altro, del grande centro commerciale "Due Mari" di Vena di Maida, alle porte di Catanzaro.

Il suo nome è finito tra quelli degli arrestati per l'operazione "Andromeda", contro le cosche Iannazzo e Cannizzaro-Daponte di Lamezia Terme. Così come ricostruito dal procuratore capo Vincenzo Antonio Lombardo, proprio la realizzazione dell'immensa struttura avrebbe aumentato le frizioni tra le cosche di Lamezia. "Con la realizzazione del centro commerciale - ha affermato Lombardo nel corso della conferenza stampa - le attività economiche si sono, di fatto, trasferite dalla zona centrale di Lamezia, sotto il controllo dei Torcasio, all'area di Maida, cambiando quindi gli equilibri delle estorsioni. Anche per questo i Torcasio avrebbero provato a minacciare i titolari degli esercizi nel centro commerciale di Maida, ma nessuno pago' perchè si sentivano protetti dalle cosche rivali".

Nel 2003 l'agguato in cui venne ucciso Antonio Perri, padre di Franco, quindi la sparizione della sua bara, con una dura reazione degli Iannazzo e gli omicidi ai danni di esponenti della cosca Torcasio. Proprio la bara, secondo quanto ricostruito da Lombardo, sarebbe stata al centro della possibile "pax mafiosa", negata fino alla restituzione della salma trafugata alla famiglia.

Dietro il nome di Franco Perri c'è anche l'organizzazione del ferimento del fratello dello stesso imprenditore, Marcello. Un "avvertimento" che sarebbe stato organizzato insieme a Vincenzino Iannazzo e Antonio Muraca, con l'incarico di sparare affidato ad un rappresentante del clan che si sarebbe però rifiutato di agire. A raccontare e confermare quest'ultimo aspetto sono stati tre pentiti lametini: Giuseppe Giampà, Angelo Torcasio e Battista Cosentino. Perri, dunque, sarebbe stato l'imprenditore principe nella gestione degli affari della cosca, a conferma di una "mafia imprenditoriale", cosi' come è stata definita dagli inquirenti. (AGI)

DA IMPRESE SOLDI "A DOMICILIO" PER I BOSS

Gli imprenditori di Lamezia Terme avrebbero riconosciuto alle cosche Iannazzo e Cannizzaro-Daponte un assoluto rispetto, al punto da consegnare spontaneamente "i fiori", così come chiamavano in gergo le mazzette, a casa dei capicosca in determinati periodi dell'anno. "I fiori" erano le tangenti che gli imprenditori andavano a portare agli Iannazzo come "atto dovuto", senza che gli esponenti della 'ndrangheta dovessero preoccuparsi di andare a riscuotere. A svelare questo retroscena è stato il procuratore capo di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo.

"Siamo davanti ad una cosca di mafia imprenditoriale - ha affermato Lombardo - che sfugge ai più, perchè è molto più difficile colpire settori che navigano tra compiacenza e ambiguità". Secondo il procuratore, "c'erano imprenditori succubi di questa cosca, che non solo pagavano, ma andavano fino a casa per consegnare “i fiori” consistenti in migliaia di euro per volta. Le imprese della cosca fioriscono perchè possono anche prendere materiali che poi non pagano, come nel caso che abbiamo scoperto di un giro di forniture per cento mila euro".

Lombardo ha anche fatto un distinguo fra gli imprenditori: "Abbiamo imprenditori collusi e imprenditori vittime, ma anche vittime ambigue che sperano sempre di pagare pur di assicurarsi protezione. È la prima volta che emerge lo spaccato della realtà economico-imprenditoriale di Lamezia Terme. Questa è una cosca potente - ha aggiunto il procuratore - capace di dialogare con i clan piu' forti della Calabria".

Tesi condivise a pieno dal procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri, che ha ricordato le due precedenti operazioni contro le cosche lametine, "Perseo" e "Medusa", dirette, come quest'ultima, dal sostituto della Dda Elio Romano. Anche il capo dello Servizio centrale operativo della Polizia, Renato Cortese, ha ribadito la forza della cosca sgominata con l'operazione "Andromeda": "Si tratta di una azione di grande impatto - ha detto - perchè va a toccare un tessuto, quale quello lametino, che è il polmone commerciale della provincia di Catanzaro, ma che registra una 'ndrangheta molto pervasiva". (AGI)

INQUIRENTI, "LAMEZIA TERME SI RIBELLI"

"Speriamo di avere da oggi una Lamezia più libera, più libertà per la politica, per gli imprenditori e per i cittadini. Spero che ora i lametini si stringano ancora di più allo Stato". Lo ha detto il procuratore capo di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo, commentando gli arresti. Un'analisi partita dal fatto che quella di oggi è la terza, corposa, operazione contro le cosche di Lamezia Terme, dopo quelle denominate "Perseo" e "Medusa". Anche il procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri si è soffermato sul tema della legalità: "A Lamezia - ha detto - c'è l'opportunità per la società civile di ribellarsi".

Analogo l'intervento del capo del Servizio centrale operativo della polizia, Renato Cortese: "Bisogna liberare gli spazi di democrazia occupati con arroganza dalla 'ndrangheta. Oggi - ha aggiunto - il popolo di Lamezia non ha più alibi, questa è una iniezione di fiducia, ora ci aspettiamo che domani qualche imprenditore si presenti per denunciare". (AGI)

(Ultimo aggiornamento 16:58)

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