Estorsioni col metodo del ‘cavallo di ritorno’, scatta il blitz: quattro arresti
Il meccanismo è quello ormai noto con la definizione del “cavallo di ritorno”, ovvero il furto con la contestuale richiesta di una specie di “riscatto”, ovviamente in denaro, per potere rivedere restituiti i propri beni trafugati.
Su questo si basa l’indagine condotta dai carabinieri del nucleo investigativo di Catanzaro e di Lamezia Terme che stamani all’alba hanno fatto scattare un blitz che ha portato all’arresto di quattro persone accusate dei reati di estorsione e rapina in concorso.
Il tutto è partito dal furto di un veicolo commerciale avvenuto nel 2015 a Lamezia. La vittima dopo essersi rivolta ad un esponente della criminalità organizzata della città della Piana è riuscita a recuperare l'automezzo.
I provvedimenti di stamani, eseguiti su disposizione della procura del capoluogo, sono stati effettuati nell'ambito di una costola dell'indagine Crisalide che ha permesso di individuare i presunti responsabili, appunto, del cosiddetto cavallo di ritorno (LEGGI).
GLI ARRESTATI
Le ordinanze di arresto, firmate dal Gip Paola Ciriaco, hanno raggiunto Vincenzo Grande, 57enne già detenuto per altra causa; Francesco e Damiano Berlingieri, rispettivamente di 40 e 28 anni; e Antonio Miceli, 27enne anch’egli già detenuto per altri motivi.
Secondo gli inquirenti i quattro avrebbero estorto 300 euro a un uomo per riconsegnargli un furgone Fiat Ducato rubato il 9 febbraio del 2015, minacciandolo e facendogli intendere che in caso contrario vi sarebbero state delle ritorsioni.
In particolare, Grande si sarebbe adoperato insieme a Miceli per rintracciare dei rom che avrebbero dovuto essere implicati nel furto del mezzo, ovvero i due Berlingieri. Con questi avrebbe poi preso contatti per “risolvere la faccenda”. In pratica Grande avrebbe fatto da intermediario “facendo leva sul proprio carisma mafioso” - scrivono gli investigatori nell’ordinanza - trattando l’importo e raggiungendo l’accordo; dopodiché i Berlingieri avrebbero restituito il furgone alla vittima, ovviamente sotto pagamento.
Il tutto è aggravato dalla modalità mafiosa per il fatto che Miceli e Grande sono ritenuti appartenenti alla cosca Cerra-Torcasio-Gualtieri.