Processo Crisalide, per i clan lametini chieste 44 condanne in appello
Avrebbero gestito in ogni modo il controllo del territorio, operando attraverso estorsioni, rapine, traffico di stupefacenti, di armi e di materiale esplosivo.
Tutto nelle disponibilità della cosca, che poteva così compiere attentati e danneggiamenti per costringere i più restii a pagare, ma anche per assicurare un’adeguata gestione della “cassa comune”, che conteneva gli ingenti profitti derivati da diverse attività illecite.
Sono 44 gli imputati nel processo Crisalide (QUI), accusati a vario titolo di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, traffico di sostanze stupefacenti, possesso illegale di armi e di esplosivi, estorsione, danneggiamento aggravato, rapina, fino ad arrivare alla compromissione degli organi amministrativi e della loro elezione.
Soggetti ritenuti appartenenti alla consorteria Cerra-Torcasio-Gualteri, per i quali la Corte d’Appello ha chiesto altrettante condanne.
Un’operazione nata nel 2017, che svelò la “strategia del terrore” operata sul territorio lametino da parte degli appartenenti alla cosca, che prese il potere a seguito di altre due operazioni antimafia, Chimera e Chimera 2.
Di particolare rilevanza l’ingente ed impressionante quantità di materiale esplosivo, impiegato prevalentemente contro attività commerciali che non volevano pagare.