Scommesse illegali all’ombra della ‘ndrangheta, confiscati i beni a due imprenditori
Toscana, Lazio e, ovviamente Calabria: è in queste tre regioni che stamani è cattata la confisca a beni che si stima ammontino ad un valore di oltre tre milioni di euro e ritenuti riconducibili a due imprenditori reggini, Santo Furfaro (di 57 anni) e Rocco Alampi (42), ritenuti contigui allo storico casato di ‘ndrangheta dei Piromalli (QUI), e operanti prevalentemente nel settore dei giochi e delle scommesse. I sigilli sono scattati, nel dettaglio, per quattro compendi aziendali, undici fabbricati, tre terreni e disponibilità finanziarie.
La presunta figura criminale degli imprenditori interessati dal provvedimento era emersa nell’ambito dell’operazione “Galassia” (QUI), inchiesta che circa cinque anni fa fece luce su quello che gli stessi investigatori definirono come “un sofisticato ed altamente remunerativo sistema” di raccolta illecita di scommesse on-line, il cui “cervello” e base operativa sarebbe stata a Reggio Calabria ma che avrebbe avuto ramificazioni anche all’estero tramite società con sedi a Malta così come in Romania, Austria e Spagna.
Secondo gli inquirenti, le società convolte avrebbero agito tramite un sistema di guadagno a “cascata”, dal master, che era il vertice della piramide e promotore dell’organizzazione, all’end user, ovvero il giocatore finale.
La presunta associazione avrebbe avuto anche collegamenti con la ‘ndrangheta, alla quale avrebbe garantito una parte dei proventi in cambio di protezione e diffusione dei brand on line e negli esercizi commerciali locali.
Infine, i punti affiliati avrebbero trasferito le somme incassate alla direzione amministrativa dell’associazione allocata all’estero, evitando così di pagare le tasse in Italia.
Quanto alle società in Austria e Malta, l’ipotesi era che di fatto avrebbero operato in Italia attraverso una organizzazione stabile, costituita da diversi punti commerciali distribuiti sul territorio e che si occupavano della raccolta di puntate su giochi e scommesse, attraverso siti non autorizzati, tra i quali quelli gestiti dai destinatari della confisca di oggi.
Secondo gli inquirenti, nello specifico, quest’ultimi sarebbero stati i capi, promotori e gestori di un sito internet attraverso il quale avrebbero esercitato sul territorio nazionale la raccolta di puntate nell’ambito di questo presunto sistema illecito.
Alla luce di queste evidenze, la Direzione Distrettuale Antimafia reggina, ha delegato il Gico del Nucleo Polizia Economica Finanziaria delle fiamme Gialle lo Scico, il Servizio Centrale di Investigazione sulla Criminalità Organizzata, a svolgere un’indagine apposita ed a carattere economico-patrimoniale finalizzata appunto all’applicazione, nei confronti dei due imprenditori, di eventuali misure di prevenzione personali e patrimoniali.
L’attività, anche valorizzando le risultanze delle precedenti indagini, ha portato a rilevare, attraverso un complesso e articolato riscontro, anche documentale, il patrimonio che si ritiene sia direttamente e indirettamente nella loro disponibilità, il cui valore sarebbe risultato sproporzionato rispetto alla capacità reddituale manifestata.
Nel giugno del 2021 il Tribunale aveva già disposto, di conseguenza, il sequestro del patrimonio a loro riconducibile (QUI) e, successivamente, ha poi deciso per la confisca.