Alla ‘ndrangheta piace il gioco d’azzardo: confiscati beni a imprenditore reggino
Un imprenditore reggino, con radicati interessi nel centro Italia e che opera nel settore dei giochi e delle scommesse, è stato raggiunto stamani da un provvedimento con cui gli sono stati confiscati beni per un valore stimato, nel complesso, in circa settecento mila euro.
Si tratta di Santo Furfaro (di 58 anni), ritenuto contiguo allo storico casato di ‘ndrangheta dei Piromalli (QUI), cosca egemone nella Piana di Gioia Tauro.
La figura dell’uomo era emersa nell’ambito dell’operazione “Galassia” (QUI), inchiesta che ha fatto ritenere di aver sgominato quello che gli inquirenti hanno definito come un “sofisticato ed altamente remunerativo sistema criminale”, che aveva lo scopo di raccogliere illecitamente le scommesse on-line, attraverso importanti bookmakers esteri, con sede in Austria e a Malta, che avrebbero operato in un rapporto di interdipendenza con la ‘ndrangheta.
In particolare, secondo quanto emerso da quelle indagini la presunta organizzazione criminale avrebbe offerto una sorta di “protezione ambientale” all’impresa di gaming, consentendole l’espansione sul territorio di punti di distribuzione e garantendo, con l’intimidazione, il recupero dei crediti di gioco.
Di contro, la stessa organizzazione avrebbe ottenuto una contropartita monetaria, infiltrandosi nelle imprese, godendo di un canale privilegiato per la ripulitura del denaro sporco, lucrando sugli utili e inserendo propri esponenti nella rete commerciale territoriale.
In questo contesto emergerebbe il ruolo dell’imprenditore, ritenuto il capo, promotore ed organizzatore di un’associazione inserita in questo “sistema” e che è imputato nell’ambito del procedimento penale relativo all’operazione “Galassia”.
Su questi presupposti la Dda di Reggio Calabria ha incaricato il Gico e lo Scico delle fiamme gialle a svolgere una indagine economico-patrimoniale finalizzata all’applicazione nei confronti dello stesso imprenditore di misure di prevenzione sia personali che patrimoniali.
L’attività, anche sulla base delle risultanze delle precedenti indagini, ha portato a ricostruire il patrimonio direttamente e indirettamente nella disponibilità dell’uomo, il cui valore è stato considerato come sproporzionato rispetto alla capacità reddituale manifestata.
LA RIGENERAZIONE
Successivamente gli investigatori avrebbero accertato che l’uomo, nonostante destinatario di provvedimenti giudiziari disposti in ambito sia penale che di prevenzione, avesse continuato ad operare nello stesso settore dei giochi, rigenerandosi dal punto di vista imprenditoriale attraverso la costituzione di nuove entità giuridiche la cui titolarità formale era dei suoi familiari.
“Così facendo, attraverso un complesso sistema di ramificazioni societarie, aveva altresì continuato ad intrattenere rapporti commerciali (traendone profitti) con le società - allo stesso riconducibili - ricadute nel vincolo del precedente sequestro” sostengono gli inquirenti.
IL SEQUESTRO
Gli accertamenti, inoltre, avrebbero portato a rilevare come l’imprenditore, senza disporre di idonee risorse finanziarie lecite, avesse effettuato delle rilevanti acquisizioni immobiliari.
Sulla base di queste risultanze, pertanto, la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale dello Stretto, nel gennaio del 2023, aveva disposto il sequestro di tutto il patrimonio riconducibile all’uomo (QUI) e successivamente applicato la confisca che ha interessato l’intero compendio aziendale di una ditta individuale e due società, tutte operanti nel settore della gestione e manutenzione degli apparecchi da gioco; nonché di quindici terreni in provincia di Arezzo.
IL PROVVEDIMENTO
Il provvedimento è stato eseguito dai Finanzieri del Comando Provinciale dello Stretto e dello Scico di Roma, con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica locale, diretta da Giovanni Bombardieri.