Coca, marijuana e crack in mano ad un gruppo “rodato”. Undici arresti
Gli investigatori l’hanno chiamata in codice operazione “Smart delivery”: si tratta di una inchiesta della Procura della Repubblica di Palmi che ritiene abbia fatto luce, e quindi smantellato, una presunta organizzazione che avrebbe gestito lo spaccio di droga nella Piana di Gioia Tauro.
Secondo gli inquirenti, utilizzando un sistema definito “rodato e ben collaudato”, si sarebbero quindi occupati, in varie località, della vendita di stupefacenti, principalmente cocaina, marijuana e crack.
Nella notte scorsa, così, il blitz scattato tra le province di Reggio Calabria e Vibo Valentia, Calabria; di Benevento, in Campania; e Siracusa, in Sicilia.
I Carabinieri hanno eseguito undici misure cautelari che hanno previsto il carcere per nove persone ed i domiciliari per le altre due. Agli indagati si contestano tra l’altro e a vario titolo i reati di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope.
L’operazione è il frutto di una articolata attività investigativa, svolta tra il mese di agosto 2020 ed il giugno 2022, condotta dalla Compagnia Carabinieri di Gioia Tauro, con lo scopo di individuare appunto il gruppo di soggetti che sono originari di alcuni comuni della Piana.
LE DUE PIAZZA ED I POSTI SICURI
L’indagine prende spunto da alcune informazioni raccolte da una pattuglia dell’Arma, nel corso di un intervento per una lite in famiglia: allora i militari della Radiomobile di Gioia Tauro, si accorsero che il battibecco fosse scaturito da un debito legato al traffico di stupefacenti.
Da quel momento, i Carabinieri hanno approfondito alcune dinamiche e, le successive investigazioni, hanno poi portato ad individuare numerosi episodi relativi alla detenzione e cessione di droga, consentendo di censire la presenza di almeno due “piazze di spaccio” sia nella municipalità di Rosarno che nel comune di Gioia Tauro oltre che individuare alcuni “posti sicuri” a Rizziconi.
In tutti i casi è stato riscontrato un voluminoso giro di affari e di clienti, gestito da soggetti ritenuti comunque vicini agli ambienti della criminalità organizzata locale.
Secondo gli investigatori, i riscontri obiettivi acquisiti attraverso i servizi d’osservazione, pedinamento e controllo, e tramite perquisizioni, sequestri, arresti in flagranza ed attività tecnica, avrebbero fornito la chiave di lettura per decifrare, inoltre, alcuni dialoghi “criptati”, nei quali gli stupefacenti erano spesso chiamati con nomi di fantasia usando un linguaggio convenzionale, ad esempio: “sto arrivando con una birra ma senza vino” e “se vuoi passare una birra te la posso dare”.
GLI ESPEDIENTI E GLI STRATAGEMMI
Più di cento gli episodi documentati e ventitré le persone indagate, compresi gli undici arrestati. Tra queste, gli investigatori hanno ritenuto di particolare rilevanza il ruolo tenuto da tre soggetti che, ciascuno nel territorio di competenza, avrebbe utilizzato una serie d’espedienti e stratagemmi per evitare gli eventuali controlli delle forze di polizia, ad esempio intestando le schede cellulari a stranieri o addirittura a persone inesistenti, oppure utilizzando motocicli per potersi muovere agevolmente in città, cercando così di eludere eventuali pedinamenti.
LE CONSEGNE A DOMICILIO
Ma la particolarità dell’indagine è quella di aver registrato le “consegne a domicilio”, da qui la decisione di denominare l’operazione “smart delivery”.
Si è accertato infatti che, in alcune circostanze, soprattutto nel periodo di maggiore limitazione negli spostamenti dovuta alla pandemia da Covid-19, alcuni indagati sarebbero stati soliti prendere l’ordine per lo stupefacente: non sarebbe stato quindi il cliente a recarsi dallo spacciatore, ma a concordare con questi, anche telefonicamente o via canali “social”, la consegna della sostanza, portata poi direttamente a casa o in un altro luogo individuato preventivamente.
La procura di Palmi ha contestato ad uno degli indagati, poi, anche il reato di “morte come conseguenza di altro delitto” poiché, nel 2021, un italiano era deceduto dopo aver acquistato e successivamente assunto per endovena, alcune dosi di cocaina, peraltro con un grado di purezza notevole.
LA PROFESSIONALITÀ CONSOLIDATA
La particolare avvedutezza e circospezione con cui tutti gli indagati, ciascuno nell’ambito delle proprie funzioni, avrebbero operato lo spaccio al minuto, secondo l’Autorità Giudiziaria avrebbero denotato “una maturazione di tecniche volte ad eludere le attività investigative, nonché una ‘professionalità’ ormai consolidata, affinatasi a seguito dei numerosi controlli a cui, nel corso del tempo, gli indagati sono stati sottoposti”.
Nel corso dell’indagine, tra l’altro, è stato ritrovato un vero e proprio arsenale pronto all'uso all’interno di una casa apparentemente abbandonata.
Dentro un secchio di plastica, ben nascosti da diversi strati di cellophane, sono stati scovati una mitraglietta “Uzi” perfettamente oleata, in ottimo stato di utilizzo, senza matricola e munita di due caricatori; una scatola con 50 proiettili calibro 9 Luger e un involucro con altre 20 cartucce calibro 7,65; oltre che un ordigno artigianale improvvisato, perfettamente funzionante, del peso lordo di 850 grammi, collegato ad una miccia a rapida combustione; infine, due sacchetti di plastica contenenti più di 4 chilogrammi di polvere pirica, idonea al confezionamento di altri ordigni artigianali.
In un altro locale della stessa abitazione, all’interno di un radiatore vi erano nascoste due confezioni con 77 grammi totali di cocaina, materiale per il confezionamento e un bilancino di precisione.
Nel corso delle perquisizioni sono stati rinvenuti un chilo di cocaina, mezzo chilo di marjuana e quasi duemila mila euro suddivisi in banconote di vario taglio.
LE MISURE
LE MISURE cautelari sono state emesse dal Gip del Tribunale di Palmi su richiesta della Procura della Repubblica locale, diretta da Emanuele Crescenti, ed eseguite dai carabinieri del Gruppo di Gioia Tauro, supportati dai colleghi dello Squadrone Eliportato Cacciatori Calabria.
(aggiornata alle 9:05)