Per la Dda è imprenditore di riferimento dei clan, sequestrati beni per 6,5mln
Le fiamme gialle di Reggio Calabria e dello Scico, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo dello Stretto, stanno sequestrando in queste ore, tra la Calabria e la Lombardia, beni per un valore stimato in circa sei milioni e mezzo di euro ad un soggetto reggino, Domenico Chilà, di 61 anni, indiziato di aver assunto il ruolo di imprenditore di riferimento di storiche famiglie della ‘ndrangheta locale (i Serraino di Reggio, gli Iamonte di Melito Porto Salvo ed i Floccari di Locri) avendo assicurato ai clan la possibilità di ricevere i guadagni conseguenti all’aggiudicazione di appalti pubblici.
La presunta figura criminale del 61enne sarebbe emersa nell’ambito dell’operazione “Inter Nos” (QUI), contro l’infiltrazione della ‘ndrangheta proprio negli appalti pubblici, e che nell’agosto del 2021 portò 18 persone ad esser sottoposte ad altrettante misure cautelari e a sequestri per oltre dodici milioni di euro (QUI i NOMI).
In questo contesto l’uomo è stato rinviato a giudizio con le accuse, tra le altre, di associazione di stampo mafioso ed associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di delitti di corruzione, turbata libertà degli incanti e, più in generale, di delitti contro la pubblica amministrazione.
Sulla base di quanto ricostruito nell’inchiesta Inter Nos, gli inquirenti ipotizzano “un rodato e ben strutturato sistema corruttivo” che avrebbe permesso all’azienda riconducibile all’imprenditore “di svolgere indisturbata il servizio di pulizie, con il supporto della ‘ndrangheta”.
IL SISTEMA BEN ORGANIZZATO
In particolare, gli investigatori ritengono che insieme ad altri imprenditori abbia realizzato un “pluriennale sistema ben organizzato” (QUI), corrompendo funzionari della pubblica amministrazione, coinvolti anch’essi nella stessa operazione, e commettendo delle turbative d’asta, riuscendo così ad accaparrarsi, per oltre un ventennio, l’appalto dei servizi di pulizie e sanificazione nelle strutture sanitarie di competenza dell’Asp di Reggio Calabria.
A tal scopo, sarebbe stata costituita anche una cassa comune nella quale ciascun imprenditore avrebbe versato, in ragione della sua forza economica, il proprio contributo destinato a corrompere i funzionari pubblici e a pagare le famiglie di ‘ndrangheta.
Alla luce di queste evidenze, la Direzione Distrettuale Antimafia ha delegato il Gico a svolgere un’apposita indagine economico-patrimoniale finalizzata all’applicazione, nei confronti di Chilà, di una misura di prevenzione personale e patrimoniale.
IL PATRIMONIO CAUTELATO
Indagine che, anche valorizzando quando appurato in precedenti investigazioni, attraverso una complessa e articolata attività di riscontro, avrebbe ricostruito il patrimonio direttamente e indirettamente nella disponibilità dell’imprenditore, ed il cui valore è stato ritenuto sproporzionato rispetto alla capacità reddituale manifestata.
Su queste basi, la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale del capoluogo dello Stretto ha disposto il sequestro dello stesso patrimonio costituito dall’intero compendio aziendale di due imprese attive prevalentemente nei settori della pulizia generale di edifici e della compravendita, amministrazione, valorizzazione e locazione di beni immobili; da quote di partecipazione in una società di capitali; da quattro immobili; un autoveicolo, oltre che da rapporti bancari, finanziari, assicurativi e relative disponibilità.