Gli appetiti della ‘ndrangheta per gli appalti nella sanità: 17 indagati
Gli inquirenti l’hanno voluta chiamare non a caso “Inter Nos”, locuzione latina che si traduce “fra di noi”. Si tratta dell’operazione scattata all’alba di oggi e che si ritiene abbia fatto luce su presunte infiltrazioni della ‘ndrangheta negli appalti della sanità reggina.
Il blitz è partito alle prime luci del giorno a Reggio Calabria ma anche a Catanzaro, Roma, Livorno, Verona e Milano. Diciassette le persone indagate e raggiunte da altrettante misure cautelari, mentre sono state sequestrate, contemporaneamente, imprese per un valore che si stima superi i 12 milioni di euro.
L’operazione, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia locale, è stata eseguita dai Finanzieri del Comando Provinciale del capoluogo dello Stretto e dello Scico con il supporto dei loro colleghi dei Reparti del Corpo che operano nelle province interessate dall’inchiesta.
I provvedimenti giudiziari rappresentano l’epilogo delle investigazioni condotte dal Gico, il Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria reggino e dallo Scico, volte proprio al contrasto dell’infiltrazione della criminalità calabrese nell’economia legale.
I particolari saranno resi noti nel corso di una conferenza che si terrà alle 10.30 presso il Comando Provinciale della Guardia di Finanza.
GLI INDAGATI
Dei 17 raggiunti dalle misure cautelari, in nove sono finiti in carcere e sette ai domiciliari ed un altro è stato invece sospeso. Altri sette risultano indagati a piede libero. Tra gli arrestati (ai domiciliari) c’è anche Nicola Paris, consigliere regionale ex Udc eletto alle scorse elezioni a cui si contesta di essersi impegnato per la conferma di un funzionario ritenuto infedele e che avrebbe favorito le cosce del territorio.
Sempre tra gli arrestati, infatti, compaiono i nomi di soggetti ritenuti appartenere o comunque vicini ai clan Serraino di Reggio Calabria, Iamonte di Melito Porto Salvo e Floccari di Locri.
I nove per cui si sono spalancate le porte del penitenziario sono: Domenico Chilà, 58 anni; Antonino Chilà, 54; Giovanni Lauro, 44; Antonino D’Andrea, 36; Mario Carmelo D’Andrea, 66; Francesco Macheda, 73 anni; Nicola Calabrò, 71; Massimo Costarella, 57; Giuseppe Corea; 52.
Arresti domiciliari, invece, per Filomena Ambrogio, 64 anni; Angelo Zaccuri, 65; Lorenzo Delfino, 54; Sergio Piccolo, 44; Gianluca Valente, 46; Salvatore Idà, 57; Nicola Paris, 40.
Sospeso dall’esercizio del pubblico ufficio Giuseppe Giovanni Galletta, di 63 anni; mentre gli indagati a piede libero sono Bruno Martorano, di 46 anni; Antonio Costantino, 54; Fortunato Luvarà, 70; Rosalba Pennestrì, 64; Angela Minniti, 58; Grazia Rosa Anna Squillacioti, 71; e Francesco Sarica, 70.
LE IPOTESI DI REATO
L’ipotesi degli inquirenti è che sarebbe esistita una presunta associazione a delinquere che avrebbe avuto la finalità di commettere diversi reati di corruzione, turbata libertà degli incanti e, più in generale, contro la pubblica amministrazione. Reati questi che vengono contestati però a parte degli odierni indagati.
In pratica, sarebbero stati condizionati appalti relativi alle pulizie, così come ad alcune proroghe degli affidamenti; si sarebbero “privilegiati” i pagamenti di fatture; e sarebbero stati accertati anche degli illeciti con riguardo alle sanificazioni e alle mascherine durante la fase pandemica. Tra gli arrestati vi sono anche ed infatti dei funzionari dell’Asp.
L’indagine è stata coordinata dal procuratore capo di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, dall’Aggiunto Gerardo Dominijanni e dai sostituti Walter Ignazitto, Giulia Scavello e Marika Mastrapasqua.