Aggressione sanitari Lamezia, Tribunale del malato: “il Po va adeguato”

Catanzaro Salute

"Anche oggi dopo l'aggressione di un utente, a quanto pare fortemente disturbato, al personale sanitario del Pronto Soccorso dell'ospedale Giovanni Paolo Secondo di Lamezia Terme (QUI), le reazioni della politica ricalcano fedelmente il canovaccio già sperimentato in occasione dell'aggressione di qualche tempo fa al Primario facente funzione dello stesso reparto, ormai noto per essere diventato teatro di episodi poco urbani".

E' quanto scrivono in una nota congiunta Fiore Isabella (responsabile Tdm Lamezia Terme) e Felice Lentidoro (Coordinatore territoriale Cittadinanzattiva Lamezia Terme).

"Rilevato - continua la nota - che la violenza come metodo per avere risposte ai propri bisogni (negli ospedali, nelle scuole, nei luoghi di lavoro, negli stadi e per le strade) è esclusivamente un mezzo per ferire la convivenza civile e non certo per esaltarla, Cittadinanzattiva di Lamezia Terme sente il bisogno di accompagnare la sua solidarietà agli operatori aggrediti non più in termini esclusivamente emotivi".

"Più volte - proseguono - abbiamo avuto modo di segnalare il rapporto difficile tra operatori sanitari del Pronto soccorso e utenza; un rapporto strutturalmente conflittuale in cui si scontrano due olitudini: quella dei pochi medici e infermieri costretti dall'esiguità degli organici ad affrontare situazioni, sul piano clinico e psico-relazionale, oggettivamente complesse; quella di un'utenza emotivamente esposta, e non potrebbe essere diversamente, ad attese snervanti di esiti diagnostici che faticano ad arrivare perché l'organizzazione dei servizi della medicina di emergenza risulta assolutamente carente."

"Sarà perché i pochi operatori che lavorano al Pronto soccorso dovrebbero avere oltre agli indiscutibili profili specialistici anche competenze psicologiche per l"a gestione dei conflitti. Gestione che non può essere delegata alle forze dell'ordine i cui compiti esulano da valutazioni di ordine clinico.

"Valutazioni, ovviamente, di comportamenti di persone disturbate da gestire con l'apporto di competenze nella cura delle relazioni e, ovviamente, con la rimozione delle cause strutturali del disagio. È evidente che ciò richiede una rivoluzione copernicana da attivare e promuovere con risorse finanziarie, logistiche e professionali."

"In che modo? Trasformando il pronto soccorso in un presidio logisticamente adeguato e meno angusto con spazi più idonei degli attuali tre box, alcuni dei quali intercomunicanti e assolutamente indisponibili a salvaguardare la dignità della sofferenza; rendendo le attrezzature per la diagnostica autonome e ad esclusivo appannaggio del Pronto Soccorso e dell'emergenza; garantendo la presenza delle figure specialistiche (cardiologo, radiologo e neurologo quantomeno) in grado di operare gomito a gomito con i medici del Pronto Soccorso; ampliamento dell'Obi per l'accoglienza dei pazienti che necessitano di essere osservati e seguiti nelle fasi di eventuale recrudescenza dei sintomi segnalati in fase di ricovero. Non sfugge, inoltre, a nessuno la delicatezza della presa in carico di un paziente ricoverato in emergenza, a fronte della necessità di curare e gestire anche l'informazione ai familiari sull'evolversi della situazione clinica."

"Lo stesso problema non appare ugualmente imperativo nei reparti di degenza dove la gestione si configura in termini meno pressanti e più ordinari. Infine, stimolare l'accesso degli operatori alla medicina di emergenza e di Pronto Soccorso, con sensibile aumento del trattamento economico e prospettive di pensionamento precoce, configurandosi come attività usurante. Ci vogliono soldi si potrebbe obiettare! Certo che ci vogliono, ma senza soldi e mantenendo i piani di rientro non si umanizza, azzerando i conflitti, il Pronto Soccorso: E non si celebra neppure Messa".