Fondazione Carical: resoconto del Premio per la Cultura Mediterranea
Si è conclusa con la danza sulle note dell’Inno Nazionale, nel gremito Teatro “Alfonso Rendano” di Cosenza, la V edizione del Premio per la Cultura Mediterranea, ideato e promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Calabria e Lucania. Due giornate all’insegna della Cultura, quella con la “C” maiuscola «che “è”, ovvero rappresenta il primo strumento per rendere il Mare nostrum necessario allo sviluppo della regione, del Sud, dell’Italia, dell’Europa - ha detto il presidente della Fondazione Carical, Mario Bozzo – La valorizzazione del Mezzogiorno e delle sue potenzialità lo rendono “porta naturale” del Mediterraneo e gli Stati unitari, prima di costituirsi, oltre a passare per esso, sono stati attraversati dalla letteratura che nasce prima dell’idea di nazione. Noi offriamo, attraverso la Cultura, una nave che naviga tra le sponde del Mediterraneo, un’opportunità di crescita, ed attraverso la letteratura, che è profezia ed anticipa i tempi dando per scontato ciò che ancora non lo è, un ponte tra le culture mediterranee che solo con il dialogo e la comprensione possono unificarsi e divenire “una” dai tanti aspetti»
Il primo appuntamento, svoltosi nella Sala “Quintieri” del Teatro Rendano nel corso del pomeriggio del 20 ottobre, è consistito nell’incontro sul tema "Unità e Sud d’Italia - Fatti e conseguenze" al quale ha preso parte una ricca platea di intellettuali cosentini, richiamati dai nomi importanti che sono intervenuti con le loro relazioni. «Abbiamo voluto l’incontro a conclusione di questo anno del 150° anniversario dell’Unità d’Italia – ha detto Mario Bozzo- al fine di analizzare i contorni di un periodo storico che ha attraversato il nostro Paese ma al tempo stesso offrirci l’interrogativo su cosa sia stato fatto e cosa ancora rimane da fare». A dare una risposta, è stato per primo lo scrittore e giornalista Romano Bracalini per il quale «questa Unità non c’è. Siamo ancora di fronte a due paesi, il Nord ed il Sud. A due contesti che sembrano infettarsi l’uno con l’altro. L’Italia è in frantumi e ci sono dei cicli storici, ed anche inevitabili come questo, dove a prevalere è il concetto antropologico che diventa repellente». Di contrasto Alberto De Bernardi, ordinario di Storia Contemporanea all’Università degli Studi di Bologna che ha ricordato come «esattamente un secolo e mezzo fa l'Italia è diventata una nazione. Dopo il Rinascimento, il nostro paese era stato relegato in un ruolo marginale: dopo l'Unità, ha iniziato un percorso che l'ha portato tra le maggiori potenze economiche del pianeta. Sul fronte della modernizzazione e della ricchezza i successi dell'Italia unita sono dunque numerosi e innegabili. Tuttavia la storia recente del nostro Paese resta segnata da due grandi tragedie come il Fascismo e la distanza tra Nord e Sud. La vicenda italiana – ha detto De Bernardi - tiene conto della lezione del passato, ma si apre anche alle sfide del presente. Occorre cioè evitare tanto la museificazione della memoria quanto le trappole del sensazionalismo. Siamo in una situazione nella quale non riusciamo a fare nessuna riproduzione storica e fa ridere chi, nel 2011, si riconosce nei briganti che non avevano nessuna idea di stato».
Adriano Giannola, ordinario di Economia presso l’Università degli Studi di Napoli e presidente dello Svimez ha sostenuto che «occorre fare controinformazione su quella che si considera la questione meridionale. Il Sud è stato trasformato grazie alla Cassa del Mezzogiorno, ma i 14mila miliardi che furono impiegati di fatto sono stati una goccia nel mare e rappresentano solo l’1% di quello che ha speso la Germania per riunificarsi. C’è un grande bisogno di leggere per ricostruire un futuro, ma soprattutto ci vuole grande coraggio e buona volontà». Per Giuseppe Lupo, docente di Letteratura contemporanea all’Università Cattolica di Milano «l’Unità divise gli scrittori- ha detto- prima e dopo. Prima, una letteratura risorgimentale, tutta tesa all’obiettivo dell’Unità: pensiamo ai grandi, Foscolo, Manzoni; pensiamo a Ippolito Nievo. Dopo, un’inversione di rotta: fatta l’Italia, ne emergevano i difetti, individuati dagli stessi politici. La nazione era unita politicamente, non antropologicamente, bisognava costruirla, e gli scrittori si dedicarono a questo. La letteratura fu un tutt’uno con il processo risorgimentale. Si tratta del cosiddetto "canone risorgimentale", ben ricostruito, per esempio, da Giuseppe Langella nel suo Amor di patria. I pre-unitari sono stati scrittori che hanno soprattutto creduto in un’idea, come Massimo D’Azeglio, e lo stesso Alessandro Manzoni non intervenne mai attivamente in questioni pratiche, però tutta la sua opera è fondamentalmente un’opera risorgimentale. Lo mostra il lavoro che ha compiuto sulla lingua, anni e anni spesi per dare al suo romanzo una parlata nazionale, perché aveva capito che, prima ancora che ai confini geografici, una nazione è legata alla lingua che parla, alla sua identità culturale. Far parlare un filatore di seta e una contadinotta lombarda nel toscano è stata un’impagabile operazione nazionale e popolare».
All’incontro hanno offerto il loro contributo anche l’imprenditore Aldo Bonifati, che nel ricordare l’opera di costruzione dell’Università della Calabria, ha sottolineato come la stessa abbia cambiato radicalmente le sorti culturali della regione nonchè lo scrittore croato Predrag Matvejević ed l’italianista Gian Luigi Beccaria.
Il secondo appuntamento che la Fondazione Carical ha offerto alla città di Cosenza è stata la cerimonia del Premio per la Cultura Mediterranea condotta, per il secondo anno, dal giornalista del TG1Rai Attilio Romita. Una quinta edizione incentrata «su una visione prospettica -ha detto Mario Bozzo- verso le culture che formano la ‘Cultura’ del Mediterraneo, a quella cultura che ancora non c’è e che può nascere solo dalla valorizzazione delle diversità riconosciute e rispettate. Questa è un’edizione che proietta il Premio ai livelli che merita, e ci auguriamo che possa essere presto iscritto nel libro della cultura italiana».
Ad aprire l’atteso evento, una performance teatrale dal titolo “L’ideale e la Ragione, la Giustizia e l’Ordine” ovvero un racconto in sei scene dell’epopea garibaldina al Sud d’Italia rappresentate attraverso le letture degli attori Paolo Mauro, Carla Serino e Silvio Stellato accompagnate dalle musiche originali dei Quartaumentata e dai movimenti tersicorei di Gianluca Cappadona, Francesco Lappano e Paola Stefano insieme a giovani danzatori.
Il gremito Teatro “Alfonso Rendano” è stato coinvolto ed avvolto da emozioni che, percorrendo la storia, hanno riportato alle immagini dei nostri tempi, con le stragi, i disastri, la politica separatista ponendo l’interrogativo che «l’Italia è fatta, ma gli Italiani non sono ancora “fatti” e dunque, a 150 anni di distanza, il nostro viaggio deve ancora incominciare».
Tante le presenze istituzionali che hanno voluto rendere omaggio alla V Edizione del Premio per la Cultura Mediterranea, dal Prefetto di Cosenza Raffaele Cannizzaro, al Sottosegretario di Stato all'Economia e alle finanze Antonio Gentile, il presidente della Provincia di Cosenza Mario Oliverio, il Comandante provinciale dei Carabinieri di Cosenza Francesco Ferace, il Comandante provinciale della Guardia di Finanza Giosuè Colella, il Vice Questore Vicario Mario Finocchiaro, il presidente del Tribunale di Cosenza Renato Greco, il capo della Procura di Cosenza Dario Granieri, il Presidente di Banca Carime Andrea Pisani Massamormile, il rettore dell’Università della Calabria Giovanni Latorre, il vice presidente nazionale dell’Anci Salvatore Perugini, il consigliere regionale Salvatore Magarò, l’assessore al comune di Cosenza Davide Bruno, numerosi esponenti del mondo economico e culturale e soprattutto molti studenti degli istituti superiori delle regioni di Calabria e Lucania.
Dopo la presentazione della giuria internazionale presieduta da Mario Bozzo e dall’ordinario di etnologia Luigi Maria Lombardi Satriani e composta dall’italianista, critico letterario e scrittore Arnaldo Colasanti, dall’ispanista e critico letterario Paolo Collo, dall’ordinario di Filosofia Teoretica dell’Università S. Raffaele di Milano Massimo Donà, dalla docente di Lingua e Letteratura Araba dell’Università di Genova Lucy Ladikoff, dall’Ordinario di Lingua e Letteratura Italiana all’Università Paris-Sorbonne François Livi, dal Preside Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università della Calabria Raffaele Perrelli, dall’Ordinario di Letteratura Medievale dell’Università Autonoma di Barcellona Francisco Rico dalla Giornalista e scrittrice Giuliana Sgrena e dal docente di Lingua e Letteratura Araba all’Università di Genova Younis Tawfik, si è entrati nel vivo della cerimonia.
Il primo a ricevere il prestigioso riconoscimento è stato Giordano Bruno Guerri, cui è stato conferito il Premio per la Cultura Mediterranea per la sezione Cultura dell’Informazione. Guerri, autore anche del libro “Il sangue del Sud. Antistoria del Risorgimento e del brigantaggio” (Mondadori) ha ribadito che «l’Unità è stata un valore importante ma non va considerata un santino da portare nel portafoglio bensì un punto di partenza a cui ancora bisogna tendere».
Al magistrato Francesco Cascini è stato conferito il Premio per la sezione Narrativa Giovani con il libro “Storia di un giudice” (Einaudi) verso il quale è stata la giuria studentesca ad esprimersi. «La legge è ancora l’unico spiraglio- ha detto Cascini- e l’Antistato delle mafie è fondato sulla paura che rappresenta lo strumento principale con il quale si accede al consenso».
Inserito in questa edizione, il Premio per la Cultura Mediterranea nella sezione Traduzione, è stato conferito a Silvio Ferrari, studioso delle lingue balcaniche a cui si deve la conoscenza degli scritti di Predrag Matvejević e di Mirco Kovač. «Tradurre non è solo rendere un testo parola per parola – ha detto Ferrari – ma rappresentare la realtà socioculturale dei luoghi che vengono descritti. Significa dunque arrovellarsi per cercare di trasmettere la ricchezza umana che traspare dall’affresco delle poliedriche realtà locali».
Il Premio nella Sezione Narrativa dedicata a “Saverio Strati” è stato conferito alla scrittrice turca Oya Baydar che, con il libro “Ritorno a Nessun Dove” (Aquilegia edizioni), ha descritto le angosce e le speranze di un popolo denunciando la limitazione delle libertà. «È un romanzo di amore, di ansie, di passioni che prendono spunto dal ricordo dei miei anni trascorsi lottando in Patria ed in esilio – ha detto la Baydar- Ciò che descrivo sono sentimenti universalmente sentiti laddove la libertà ed il desiderio di nazione vivono negli uomini».
La sezione del Premio dedicata alle Scienze dell’Uomo “Luigi De Franco” è stata assegnata a Gian Luigi Beccaria, noto italianista che, con il suo ultimo libro “Il mare in un imbuto” (Einaudi), si interroga sul ruolo che la lingua ha, ancora, nella costruzione di una identità. «La televisione, dal 1954 in poi, fu la scuola serale di italiano per gli italiani. Oggi questa “unificazione mediatica” non sta più procedendo verso l’alto ma verso il basso e spesso si accusa l’Accademia della Crusca di non essere attenta all’evoluzione dei tempi. Non bisogna dimenticare che l’Accademia di per sé – ha detto Beccaria- è già di manica larga e cerca di illustrare ciò che evolve nella nostra lingua, la quale è un bene culturale che va tutelato. La nostra nasce come la più grande lingua d’Europa ma molto spesso si va a rinsaccare in un imbuto molto stretto che ha portato ad una medietà nazionale che deve però risalire».
Alla presenza dell’Ambasciatore della Repubblica Croata in Italia, Tomislav Vidošević, è stato conferito il Premio per la Cultura Mediterranea nella sezione Società Civile “Giustino Fortunato” allo scrittore croato Predrag Matvejević, un intellettuale che, da sempre, affianca l’attività letteraria a quella civile. Autore di importanti testi rivolti al “Mediterraneo” il suo ultimo libro “Pane nostro” (Garzanti) è un invito all’ascolto della coscienza ed alla buona volontà per costruire un futuro di pace e di verità. «Sono nato in un Paese che ha visto stragi e distruzioni – ha detto Matvejević – e nel tempo mi sono reso conto che il mio temperamento rivoluzionario non avrebbe aiutato la causa. Dopo quattordici anni di esilio ed asilo, non corso dei quali ho scoperto nell’Italia la mia seconda Patria, il libro sul pane prende spunto dallo “slogan” che non ha mai tradito gli uomini. “Pane, pane” furono le ultime parole dette da mio padre e da mio zio morti nei campi di sterminio sovietici e rappresentano il senso vero della vita».
Il messaggio di speranza offerto dall’Ambasciatore Vidošević nel ricordare i «venti anni dalla nascita della Croazia, l’accoglimento nella Nato ed il pieno ingresso nella Unione Europea dal 1° luglio 2013» ha consentito al Premio per la Cultura Mediterranea della Fondazione Carical di proiettarsi verso la nuova edizione guardando con maggiore forza al processo di integrazione tra le diverse culture che si affacciano su quel Mare Nostrum ancora insanguinato dalle vite di chi cerca, tra le sponde un luogo di speranza e di salvezza.