I lavori sulla Ss 106 erano un “affare di famiglia”, scatta l’operazione Bellu Lavuru 2: 21 arresti nel reggino
I Carabinieri di Reggio Calabria stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 21 indagati, appartenenti o contigui alle cosche di ‘ndrangheta dei “Morabito-Bruzzanti-Palamara”, “Maisano”, “Rodà”, “Vadalà” e “Talia”, operanti nel “mandamento jonico” ed in particolare nei comuni di Bova Marina, Palizzi, Bruzzano Zeffirio ed Africo.
I soggetti sarebbero responsabili a vario titolo dei reati di associazione di tipo mafioso, concorso in associazione di tipo mafioso, intestazione fittizia di beni, truffa aggravata, danneggiamento aggravato, procurata inosservanza di pena, frode in pubbliche forniture, furto aggravato di matreiali inerti, crollo di costruzioni o altri disastri dolosi, violazione delle prescrizioni alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, tutti aggravati dall’aver favorito un sodalizio mafioso.
I PRECEDENTI | L’ordinanza cautelare di oggi è stata emessa dal Gip presso il Tribunale reggino su richiesta Direzione Distrettuale Antimafia mentre l’operazione è stata denominata “Bellu Lavuru 2”, seguito di un precedente blitz: nel del giugno 2008 i carabinieri di Reggio e di Rho (nel milanese), infatti, avevano già eseguito il fermo di 33 persone, nonché notifica d’informazione di garanzia nei confronti di altre 9 persone, a vario titolo gravemente indiziati di associazione di tipo mafioso ed armata finalizzata all’acquisizione della gestione ed al controllo di attività economiche, concessioni, autorizzazioni, appalti e servizi pubblici, all’infiltrazione in pubbliche amministrazioni, al procacciamento di voti ed altro - per le cosche “Morabito-Bruzzaniti-Palamara”, “Maisano”, “Vadalà”, “Talia”.
I FATTI | “È proprio un bellu lavuru”, con queste parole i parenti di Giuseppe Morabito, meglio conosciuto come “il Tiradritto”, annunciavano all’anziano capomafia, recluso nel carcere di Parma in regime di 41 bis, l’appalto per i lavori di ammodernamento della Strada Statale 106 jonica ed in particolare la costruzione della variante al centro abitato del comune di Palizzi. Da quel momento i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria sono riusciti a monitorare l’intervento parassitario della ‘ndrangheta in ogni segmento dell’appalto.
In particolare, le cosche che operano in quella parte del territorio del mandamento jonico, confermando l’unitarietà della ‘ndrangheta, hanno superato tutte le rivalità che in quell’area in passato avevano dato luogo anche a sanguinose faide e si sono suddivise gli ambiti di intervento (arrivando addirittura a federarsi tra loro mediante apposito organismo direttivo denominato “base”), presentandosi ai responsabili della società appaltatrice come un unico interlocutore e coinvolgendoli nella gestione illecita dell’appalto.
Ne è scaturito un quadro investigativo che ha documentato come le cosche si sono infiltrate in ogni settore produttivo, hanno imposto: le assunzioni, le forniture di ogni tipo di materiale - finanche la cancelleria per ufficio - i contratti di subappalto e nolo.
Le indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, infatti, hanno accertato che il campo d’azione della ‘ndrangheta era rappresentato: per un verso, dall’infiltrazione diretta, mediante l’impresa di famiglia I.M.C. di STILO Costantino & C. S.n.c., ed indiretta, tramite la D’AGUÌ BETON S.r.l., nella fornitura del calcestruzzo dell’appalto pubblico per l’ammodernamento della S.S. 106; per altro verso, dalla gestione di fatto dei lavori di movimento terra, appannaggio della A.T.I. capeggiata dalla ditta CLARÀ e sotto un ultimo profilo, dalla sostanziale gestione di gran parte delle maestranze impiegate nei cantieri della grande opera.
Per quanto riguarda il calcestruzzo, è emerso che la ‘ndrangheta, attraverso dei prestanome vicini per vincoli di parentela alle cosche, ha monopolizzato l’intero ciclo, organizzando delle squadre per rubare gli inerti dalla fiumara Amendolea, produrre del calcestruzzo di bassissima qualità, imporne l’uso anche se non rispondente al vincolo progettuale, fatturarne falsi quantitativi e falsificarne, attraverso dei propri contigui, i risultati dei controlli.
VIDEO h 10:35