Pacenza: è arrivato il giorno in cui la Calabria celebrerà le sue tre donne coraggio

Calabria Politica

“È arrivato il giorno in cui la Calabria celebrerà le sue tre donne coraggio, Lea, Maria Concetta e Giuseppina, che col loro esempio di ribellione positiva hanno segnato l’incedere di una nuova stagione sociale e culturale per questa terra, soggiogata da un padre padrone che paradossalmente si declina al femminile: la ‘ndrangheta”. Il segretario della Commissione regionale contro il fenomeno della ‘ndrangheta, Salvatore Pacenza (Pdl), aderisce all’iniziativa denominata “Tre foto e una mimosa” che è stata lanciata alcune settimane fa dal direttore del Quotidiano della Calabria, Matteo Cosenza, per celebrare l’otto marzo attraverso le tre donne simbolo della lotta alla ‘ndrangheta in Calabria.

“In una società a trazione matriarcale come è in molti casi ancora quella calabrese – commenta l’onorevole Salvatore Pacenza –, dove le donne hanno avuto e hanno un ruolo fondamentale nella cura e nella crescita del proprio nucleo famigliare, affidare a loro questo slancio verso l’affrancamento dalla ‘ndrangheta è cosa assai razionale e pertinente. Queste tre donne sapevano di andare contro un sistema, in alcuni casi contro l’intera comunità, quando hanno deciso di collaborare con la giustizia e dare, in questo modo, un futuro sicuramente più certo ai propri figli. Purtroppo, al loro immenso coraggio, non è corrisposto un riparo sicuro quale sarebbe dovuto essere il programma di protezione per i collaboratori di giustizia e dei loro famigliari. Un aspetto questo fra l’altro evidenziato qualche giorno fa anche dalla moglie dell'ex boss crotonese Luigi Bonaventura che adesso teme per la propria famiglia. Credo che bisogni partire proprio da qui, dal potenziamento del programma di protezione, per far sì che questa primavera calabrese possa sorgere e sostanziarsi attraverso nuove donne e uomini pronti a collaborare con la giustizia. In Calabria, la ‘ndrangheta è un fatto culturale perché profondamente radicato negli intrecci famigliari. Quale modo migliore per scardinarla, allora, se non colpendola dal di dentro, attraverso chi regge e tesse le trame della famiglia? Solo le donne, con la loro estrema sensibilità e il loro profondo senso del dovere, possono rendere davvero liberi i propri mariti e i propri figli, spingendo questi verso la legalità e il progresso sociale della famiglia calabrese”.