Rossano: presentato nuovo stemma della diocesi di Oppido -Palmi
Caritas, Veritas, Unitas. Questo, dunque, le tre parole inserite nello stemma del nuovo Vescovo di Oppido Mamertina-Palmi, S.E. Mons. Francesco Milito, il quale farà il suo ingresso nella diocesi reggina il prossimo 30 giugno. Interzato incappato alzato: d’azzurro, a due lampade paleocristiane, al naturale, controappuntate in fascia, accese di un’unica fiamma di rosso, sormontanti un mare del primo, ondato d’argento, movente dalla punta; la cappa destra d’oro, alla stella di sette raggi d’azzurro; la cappa sinistra di rosso, al chrismon d’oro, accostato dalla lettere greche A e ω dello stesso. Le parole del motto Caritas, Veritas, Unitas, comprendono i valori ai quali il Vescovo intende ispirare il suo ministero e aiutano a comprendere il significato delle figure riportate nello Stemma. La Caritas è l’essenza della rivelazione cristiana in quanto definisce l’essenza e la natura di Dio, rivelata e resa manifesta nel figlio, Gesù Cristo.
Niente si è, nulla si dà se la Caritas non informa il pensare e l’agire dei credenti. Essa pervade la vita umana, da quando nel battesimo è infusa come dono di forza teologale, fino all’ultimo respiro che chiude l’esistenza terrena per aprirla, sottraendola al tempo, a quella eterna della contemplazione divina. Particolarmente il Vescovo è inserito in tale circuito di fede operativa e la carità pastorale, affettiva ed effettiva, è richiesta dal suo servizio di servo-pastore, successore degli apostoli, sposato a una chiesa, locale ma ordinato per la chiesa universale. La Veritas è l’anelito profondo di ogni uomo, pellegrino nel tempo sui sentieri dell’essere. È irto aspro faticoso il cammino verso la verità vera, quella che serve da sintesi unificante nella dispersione globale dell’esistenza, e quella ordinaria quotidiana, che serve per gli aspetti parziali. Se ne deduce, secondo una mentalità condivisa, che non esiste la Verità, ma verità, parziali di uso e consumo funzionali ai bisogni, quale che sia la loro motrice. La storia del pensiero nelle forme, attraverso le quali l’uomo si è espresso nell’arte, nella letteratura, nel teatro, nel cinema, nella ricerca scientifica altro non è nelle profondità più remote, pur se inconfessate, che ricerca della verità. Occorre fare e portare luce nelle nebbie della mente e del cuore verso il suo pieno splendore. Per i cristiani essa non è un sistema, ha un nome, è una persona: Gesù Cristo, via al Padre, Verità/luce per chi lo accoglie senza pregiudizi, Vita che sostiene le vite.
Il Vescovo è chiamato ad essere guida sicura verso questa Verità, in quanto discepolo del suo Maestro. L’Unitas è il collante invisibile nell’armonia del creato che risponde ad un ordine stupefacente e perfetto, sempre da scoprire e da armonizzare, ma anche lo scoglio in cui i rapporti umani ed ecclesiali si incagliano, spesso con urti violenti e danni ritenuti irreparabili. È la sfida più ardua da affrontare quando l’individuo non si percepisce come persona, né guarda la comunità come famiglia di persone, esseri simili a sé, immagini moltiplicate dell’unica immagine prototipa di Dio. Per questo la tentazione più grave nella Chiesa e nei rapporti umani è la rottura dell’unità e l’azione virtuosa più attenta è la ricomposizione attraverso il dialogo, la pazienza, la conquista finale e duratura. Il Vescovo trova in ciò uno dei compiti più difficili del suo servizio, quando ci si attesta su posizioni di difesa, arroccamenti di pretese intoccabili, mancanza o perdita del senso del limite e dell’apertura all’inedito nuovo di Dio. Egli non ha l’insieme dei carismi, ma il carisma dell’insieme. Non è l’unico, ma il primo e l’ultimo a interpretare con autorevolezza il disegno di Dio, in obbedienza di discernimento comunitario, come la Chiesa nascente e la prassi collegiale che ne è derivata. Le figure nello Stemma vogliono visibilmente tradurre questi principi. L’olio della Caritas e quello della Veritas, profluenti dalle due lampade, si incontrano in un beccuccio unico alimentando la fiamma unica, quella d’Unitas.
Ne viene riscaldato e illuminato il mondo che in Cristo, Signore della storia, come principio e fine, ieri, oggi e sempre, tale è divenuto per il sacrificio della vita e della morte offerte al Padre, e in Maria, madre sua e della chiesa, la stella che risplende nel firmamento dei Santi come riflesso dell’increata luce divina. Tutto ciò si snoda e scorre nel tempo: le onde del mare ne indicano il fluire delle fasi. Ma questo tempo è anche geografico, per cui il mare richiama l’azzurro profondo dell’Ionio, da cui proviene il Vescovo, solcato dai popoli dell’Oriente nell’approdo in terra di Calabria, e quello, tavolozza di colori, il Tirreno, bacino della civiltà occidentale, che lambisce la Diocesi alla quale il Santo Padre l’ha destinato. Anche l’olio, invisibile nelle lampade, contiene un simbolismo chiaro: la distesa degli uliveti delle campagne di Rossano e della Piana. Frutto della terra e di duro lavoro dell’uomo nei secoli, quel prodotto così prezioso è cantato nella Bibbia e nella Messa Crismale elevato a materia sacramentale. Al nuovo pastore della diocesi di Oppido-Palmi, infine, giungano i migliori auguri di un mandato ecclesiale nella gioia divina con l’aiuto del Signore e al servizio della chiesa calabrese.