Il Comune di Motta San Giovanni e il territorio non vogliono la Centrale a Carbone

Reggio Calabria Attualità
Paolo Laganà

"Prima arrivò il Ministro Tremonti a dirci che i moscerini andavano più veloci dei treni, ovviamente da lì a breve vennero drasticamente tagliati 13 treni a lunga percorrenza, poi fu la volta dell’emozionato Ministro al Licenziamento, professoressa Fornero, ad illuminarci dei dati sulla disoccupazione dei nostri giovani, e poi il Ministro Barca a puntualizzare che ci sarebbero state nel decreto sviluppo (?) risorse per innovazione al Sud, puntualmente stoppate dalla Lega che, più di altri, ha arraffato a man basse. - E' quanto si legge in una nota del sindaco di Motta San Giovanni, Paolo Laganà - Ora la firma del Presidente Monti al decreto Via che dichiara la compatibilità ambientale dell’opera e addirittura autorizza anche il futuro esercizio alla costruzione della centrale, voluta dalla società svizzera SEI – Repower e condivisa da tutti i governi che da anni si succedono e ciò nonostante il diniego del Ministero per i Beni culturali, a dispetto di un Piano energetico regionale che vieta l’utilizzo del carbone per la produzione di energia elettrica e, soprattutto, la contrarietà di gran parte dei comuni interessati, quella iniziale della Provincia, dell’allora Sindaco della Città di Reggio Calabria, oggi Governatore della Calabria, e di chi più ne ha più ne metta.

Eppure il governo centrale va avanti per la sua strada considerandoci ancora una volta sudditi, coloni, gente che deve solo pagare le tasse e a cui è vietato, anche a stomaco vuoto, godere anche delle bellezze che il creato gli ha donato.

Secondo l’Autorità Centrale dello Stato, però, un po’ di rispetto per il territorio è dovuto e in quel decreto troviamo 63 prescrizioni e osservazioni al progetto che anche ai più sprovveduti è dato pensare verranno messe in atto prima dell’atto concessorio e non dopo. No! A questi numerosi punti oscuri e mancanze, la SEI ha promesso di rimediare in futuro: ecco il punto! Siamo alle promesse. Ma è difficile credere a queste promesse, visto che ad essere insufficienti sono proprio le valutazioni dei danni alla salute e le conseguenze economiche e sanitarie a carico delle popolazioni che si “ relazioneranno “ con la centrale, così come le previsioni sugli effetti dell’esercizio dell’impianto per l’ambiente circostante. Insomma, se mettiamo tutto in fila, capiremo che i cittadini e la Calabria non contano assolutamente nulla!

Da subito sgombriamo il campo su alcuni “ fondamentali “ della vicenda. Che la centrale sia stata progettata a Saline Joniche, che in quel decreto Monti è indicato come Comune autonomo e non frazione di Montebello Jonico, non deve trarci in inganno: a subire gli inevitabili effetti in esercizio, saranno soprattutto Riace Capo, Lazzaro, Pellaro e Bocale, Motta e zone limitrofe, da un lato e Melito Porto Salvo, San Lorenzo, Bagaladi, Condofuri, dall’altro e questo semplicemente perché le polveri sottili, ed il loro carico inquinante, usciranno da due torri alte 180 metri e con il vento che tira dalle nostre parti tutto diventa più facile: ci pensino bene i nostri amici politici regionali nella seduta del 23 prossimo, così come dovrebbero riflettere sui motivi dell’annunciata chiusura di due impianti simili, sebbene di prima generazione, ovvero la centrale di Brindisi (a carbone da 640 MW - in perdita principalmente per le normative ambientali che impongono di usare un tipo di carbone più costoso) e quella messinese di San Filippo del Mela (a olio combustibile, da 1280 MW tenuta in vita dai prezzi alti del mercato elettrico zonale della Sicilia, e che non avrebbe più senso con il potenziamento dell’elettrodotto tra Scilla e Cariddi). E se in maggiore difficoltà sono le centrali a carbone e ad olio combustibile, le più inquinanti insieme a quelle a carbone, che vengono ormai utilizzate al minimo e quasi solo in caso di emergenza, qualcosa vorrà dire, così come la circostanza che dal 2020, nel mondo, le centrali a carbone saranno vietate. - Continua Laganà - E poi, perché dobbiamo ancora una volta, come i nostri padri minatori, respirare quelle maledette polveri o subire gli effetti della produzione di energia “ pesante “? Ricordo che i Comuni di Motta, Montebello Jonico e Bagaladi, hanno già dato il loro apporto energetico al programma nazionale. Lo hanno fatto consentendo l’installazione sui propri territori di una centrale eolica capace di servire una popolazione di 60.000 abitanti!

Ne è accettabile il solito ricatto del lavoro: a fronte di soltanto 143 posti ( questi i numeri degli addetti in esercizio ) i comparti turismo e commercio perderanno almeno il doppio, così come autorevolmente sostenuto da quella voce libera che è il presidente della camera di commercio Lucio Dattola. Se le leggano le carte, i fautori dello sviluppo del territorio legato alla Centrale, le leggano bene e capiranno che in termini di costi/ricavi il comprensorio ci perde ed anche tanto.

Sul piano progettuale ci chiediamo: quanti sanno che le due torri alte 180 mt e la recinzione del bastione ad ellisse, ovvero la zona dove si realizzerà il cuore della centrale, alta sessanta metri ed incastrata in fondamenta di cemento alti 20 metri, verranno costruite su un’area geologicamente instabile a causa della notissima “faglia di Saline”? E quanti sanno che il carbone verrà chiuso, per essere stoccato, dentro un capannone lungo 440 metri e alto 49 metri che precluderà qualsiasi vista a coloro, e saranno in tanti, che oggi vivono tra Saline Joniche e le zone retrostanti?

Ma le carte del progetto vanno lette anche nel rispetto dell’unico bene che ci è rimasto, che non possiamo giocarcelo a testa e croce, e che difenderemo ad ogni costo: l’ambiente, l’aria pulita, il mare, la purezza delle nostre spiagge che, a dispetto di qualche sterile polemica, stiamo recuperando e anche alla grande. E lo dice anche la Sei nella relazione descrittiva del progetto: “ la centrale si trova in un ambiente in cui predominano elementi naturali assoluti (!) quali cielo, terra e mare”. Ecco, appunto! Vogliamo tutelare questi elementi naturali! Ed ancora così scrive la SEI “ l’area di progetto si allunga in una zona pianeggiante chiusa tra mare e colline e costituisce una sorta di soglia, una terra di mezzo, in cui queste risorse naturali entrano in una relazione strettissima “.

Si è vero! La relazione tra risorse naturali e centrale sarebbe strettissima e i progettisti hanno anche pensato a questo, mettendo i colori del mare e del cielo nell’azzurro del telo ( si un telo! ) che avvolgerà il bastione alto sessanta metri, e i colori dell’oro delle nostre sabbie, dei nostri limoni e del nostro bergamotto, nelle lamiere dei nastri che trasporteranno il carbone dentro quella scatola lunga 440 metri ed alta 49. - Conclude la nota del Sindaco di Motta - Ma come questi impianti impatteranno nel tempo col nero delle polveri di carbone o come cambierà la nostra flora e la fauna marina in conseguenza dell’aumento della temperatura delle acque marine, o come sarà il nostro capo D’armi, zona protetta a livello comunitario, o come inciderà tutto questo sulla nostra salute, non è da sapere! Certamente, firmando quell’atto, tutto ciò non è nei pensieri del presidente Monti, né dell’ex Ministro Tremonti, né tantomeno dei deputati e senatori calabresi. Al problema Saline Joniche si è voluto mettere una pezza peggio del buco.

Forse siamo rimasti soli, Forse il Governatore Scopelliti ci ha ripensato, così come la Provincia di Reggio, forse saremo insieme soltanto i comuni di Motta San Giovanni, Palizzi, Melito Porto Salvo e San Lorenzo, o forse aggregheremo altri amici lungo questo nostro percorso, ma siamo oggi più che mai convinti che questa battaglia di dignità va fatta fino in fondo, anche da soli, per noi e la nostra gente."