Agevolazioni illecite a coop: la procura di Catanzaro chiude indagini
Un'illecita agevolazione nei confronti di una cooperativa che, non venendo sottoposta ai dovuti controlli, continuò la sua attività nonostante la struttura non fosse idonea al punto da essere in seguito sottoposta a sequestro. E' questa, in sintesi, la vicenda attorno alla quale ruota l'inchiesta della Procura della Repubblica di Catanzaro che, ormai giunta al termine, vede indagati per concorso in abuso d'ufficio e falso Bernardo Cirillo, direttore sanitario dell'Unità operativa Medicina del Lavoro (Spisal) dell'Azienda sanitaria di Catanzaro, e Giuseppe De Vito, direttore dell'Unità operativa igiene e sanità pubblica (Uoisp), entrambi destinatari di un avviso di conclusione delle indagini emesso dal sostituto procuratore, Carlo Villani.
Al centro delle indagini la "Cooperativa Meridionale Laterizi Antiche Terre" che, negli ultimi mesi del 2008, non avrebbe ricevuto le necessarie e doverose visite ispettive per le verifiche della sicurezza dei luoghi di lavoro. Cirillo, secondo le ipotesi d'accusa, "omise di incaricare personale dello Sisal, unico competente" ad effettuare i controlli, ma delegò verbalmente De Vito, "del diverso ufficio Uoisp - precisa il pm - a svolgere il controllo ispettivo presso i locali della predetta s.c.a.r.l., controllo che si concludeva con la redazione di un atto falso". Atto in cui si affermava che nei locali della "Cooperativa Meridionale Laterizi Antiche Terre … erano stati eseguiti i lavori di ristrutturazione igienico sanitaria all'epoca richiesti". La nota, sempre secondo le accuse, sarebbe stata "assolutamente falsa, poiché in data 6 aprile 2009 lo Sisal dell'Asp di Catanzaro rilevava luoghi e attrezzature non idonee alla sicurezza sui luoghi di lavoro tanto da denunciare il rappresentante legale della predetta società cooperativa per ben 5 ipotesi di reato e sottoporre a sequestro preventivo d'urgenza (poi convalidato dall'autorità giudiziaria) tutta la struttura prima ritenuta idonea da De Vito".
Agli indagati, ora, venti giorni di tempo per difendersi nella maniera ritenuta migliore prima che la Procura proceda con la richiesta di rinvio a giudizio o di archiviazione delle accuse. (AGI)